Il Piano di Delrio è sbagliato per il Nord come per il Sud - QdS

Il Piano di Delrio è sbagliato per il Nord come per il Sud

Giovanni Mollica

Il Piano di Delrio è sbagliato per il Nord come per il Sud

sabato 25 Giugno 2016

Crescita limitata a Nord e degrado per Sicilia e Calabria

A pochi mesi dal suo varo, il Piano Strategico della Portualità e della Logistica targato Delrio si mostra inadeguato, ma nessuna voce si leva dalla sua principale vittima, l’estremo sud d’Italia, per contestarne i contenuti. Relegare alla sola funzione di transhipment gli scali geograficamente meglio posizionati – Taranto, Gioia Tauro e Augusta – riservando a quelli settentrionali il ruolo di continental gateway, si dimostra una scelta tragicamente sbagliata. Ha iniziato Federagenti, segnalando la scarsa convenienza delle navi portacontainer di ultimissima generazione a scalare Genova a causa della limitatezza del suo bacino di riferimento. Un’area troppo limitata per giustificare una “toccata” di colossi da oltre 16 mila teu; col forte rischio di non riuscire ad ammortizzare gli investimenti necessari a ospitare i nuovi giganti del mare.
 
Ma ancora più significativo è il recente articolo pubblicato da un’importante rivista economica nazionale, nel quale si spiega come l’apertura del traforo del Gottardo renda ancora più conveniente alle aziende padane rivolgersi ai porti del Mare del Nord anziché a quelli liguri e giuliano-veneti. “Già oggi dalla Svizzera non arriva un grammo di merce da e per i porti liguri” scrive Milano Finanza del 10 Giugno; la stessa cosa si dirà per Trieste e Venezia dopo l’inaugurazione del nuovo Brennero.
Gli interporti del centronord sottoscrivono accordi con Rotterdam nella speranza di raccogliere le briciole che sfuggono ai grandi European Distribution Center di Duisburg e dintorni. Torna alla mente il contenuto del Verbale di una riunione tenuta al MIT il 12 dicembre 2014, nel quale si suggeriva di ipotizzare forme di accordi/alleanze e porsi in posizione ancillare rispetto ai porti nordeuropei. Insomma, erano chiare fin d’allora le conseguenze di una politica che è troppo generoso definire miope.
E’ evidente che Genova non potrà mai avere nulla più di Marsiglia, né Trieste di Koper e che l’unico modo per competere efficacemente con i grandi porti del Mare del Nord passa dalla valorizzazione dei porti al centro del Mediterraneo, da collegare subito in AC alla rete ferroviaria europea. Nel rispetto delle direttive dell’Ue che impongono il trasferimento da gomma a ferro di una parte rilevante del trasporto merci entro il 2020.
Ben vengano i 3,3 mld di euro stanziati da Rfi per potenziare le linee ferroviarie nella vicinanza dei valichi alpini, ma deve essere chiaro a chi ci governa che la pseudo strategia del Piano accentua l’isolamento del Meridione italiano – come si possono, poi chiederne i voti? – e mortifica gli scali del Norditalia. Con pesanti riflessi per l’industria manifatturiera nazionale, preso atto che si è consolidato un flusso costante di treni che dagli interporti piemontesi e lombardi raggiungono il Mare del Nord con merci italiane.
Le puntuali analisi di Federagenti e Milano Finanza e la crisi di Taranto e Gioia Tauro confermano che la strategia indicata nel Piano Nazionale della Portualità è suicida e meraviglia che nessun politico meridionale se ne sia accorto. Parafrasando Talleyrand, il cinico e abile Ministro degli Esteri di Napoleone e dei Luigi pre e post rivoluzione, il Piano Delrio si sta dimostrando peggio che un crimine, un errore.

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