Regione di precari e pensionati d’oro - QdS

Regione di precari e pensionati d’oro

Carlo Alberto Tregua

Regione di precari e pensionati d’oro

martedì 23 Marzo 2010

Basta sprechi e ammortizzatori

Sono passati quarant’anni e il Pil della Sicilia è inchiodato al 5,5 di quello nazionale, nonostante i proclami, i propositi, i programmi e le buone intenzioni di tanti presidenti e governi regionali. Si sa, la strada dell’inferno è cosparsa di buone intenzioni, come dire che le parole non approdano a nessun risultato. Nella vita politica, ma anche in quella sociale, contano i fatti, gli atti concreti ed i risultati.
Il ceto politico siciliano in questi ultimi quarant’anni ha dato fiato alla bocca e sfidiamo anche uno solo degli appartenenti ad esso a dimostrarci con i dati che la situazione sociale ed economica si è evoluta.
Se scriviamo che si tratta di un fallimento colossale, non esageriamo. Il fallimento del fallimento è quello del settore pubblico, ove si sono innestati privilegi a catena del ceto burocratico, costituendo una casta di siciliani che ha visssuto parassitariamente sulle spalle della stragrande maggioranza degli isolani che affrontano le asprezze della situazione senza copertura.

Non ripetiamo, per non annoiare, i privilegi dei regionali. L’inchiesta pubblicata a pagina dieci ve ne riporta alcuni clamorosi, peraltro già richiamati da altre pubblicate negli anni precedenti.
In una Regione dove milioni di cittadini vivono sulla soglia della povertà è uno sfregio all’umanità che vi siano dirigenti che vanno a riposo con una pensione di 1369 euro al giorno, 500 mila euro l’anno, lordi bene inteso. Tutta la nostra solidarietà al poveretto destinatario di quest’elemosina.
In  Sicilia, vi sono circa 15 mila pensionati che costano quasi 600 milioni di euro, frutto dell’incapacità della Regione siciliana, unica in tutta Italia a non aver accantonato, di anno in anno, i contributi necessari per costituire la riserva matematica dalla quale trarre gli assegni pensionistici.
Peraltro l’attività viene svolta normalmente dall’Istituto nazionale di previdenza dei dipendenti pubblici, l’Inpdap, che svolge l’attività anche per tutti i dipendenti regionali salvo quelli della Regione siciliana, l’unica a fare eccezione.

 
Per mettere una pezza, l’attuale Governo ha istitutito il Fondo Pensioni Sicilia, per gestire il quale occorreranno personale e mezzi per un costo annuo stimato di circa 10 milioni. Si tratta di uno spreco, perchè se i pensionati fossero gestiti dall’Inpdap costerebbero zero euro. Ripetiamo,  zero euro.
La Regione fa come il cane che si morde la coda perchè mette in pancia altro personale con la denominazione di precari, che poi un giorno andrà in pensione. Un circuito vizioso che non ha fine e che costa enormemente distraendo le risorse da un impiego produttivo ad una sorta di ammortizzatore sociale.
Con gli ammortizzatori sociali non andremo da nessuna parte, nel senso che non potremo intraprendere la strada dello sviluppo per mancanza di risorse e continueremo a mettere pezze sugli strappi giornalieri senza un progeto di ampio respiro e di lungo sguardo.
Non si vede, allo stato dei fatti, una svolta, che sarebbe urgente ed essenziale. Essa dovrebbe partire dalla virata delle utilizzazioni delle magre risorse finanziarie della Regione, una virata, ripetiamo, che le sposti dalla spesa corrente cattiva e clientelare a quella in conto capitale per investimenti in infrastrutture, che metterebbero in moto decine di migliaia di posti di lavoro.

In questi giorni è in corso di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della Regione siciliana il Piano Casa, una buona legge che può attivare i cantieri.
Ci auguriamo che venga anche approvata la ristrutturazione delle Ato, una vergogna siciliana, ma soprattutto che nel Bilancio da approvare tassativamente entro il 31 marzo (un plauso a Francesco Cascio per aver messo i deputati in una sorta di tour de force) siano inseriti i requisiti essenziali per trasformarlo da uno strumento passivo, con funzione notarile, ad altro attivo che abbia in sé il propellente per mettere in moto investimenti atti ad attrarre imprenditori non siciliani e mettere in moto tutte le attività necessarie a rendere produttivi ed economici borghi, siti, parchi e altri beni di cui la Sicilia è  molto ricca.

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