Beni immateriali, le radici della nostra cultura - QdS

Beni immateriali, le radici della nostra cultura

Gabriele Ruggieri

Beni immateriali, le radici della nostra cultura

martedì 27 Marzo 2012

La straordinaria importanza strategica assunta dai beni culturali intangibili, dal 2003 oggetto di studio anche dell’Unesco. La Regione siciliana è stata la prima a redigere un proprio registro di tale patrimonio

PALERMO – È un nutrito gruppo di esperti e di rappresentanti delle istituzioni provenienti da tutto il Mediterraneo quello che si è incontrato venerdì nella suggestiva sala conferenze dell’Orto Botanico di Palermo per dibattere e confrontarsi nell’intento di mettere l’accento sulla straordinaria importanza strategica che assumono, al giorno d’oggi, i beni culturali intangibili, che sin dal 2003 sono oggetto di studio anche dell’Unesco.
L’organizzazione delle Nazioni Unite, infatti, ha deciso di considerare alcuni di questi beni immateriali, uno su tutti la dieta mediterranea, patrimonio dell’umanità, alla stregua dei grandi monumenti. La conferenza, fortemente voluta dall’assessorato regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana e coordinata dal Soprintendente della Provincia di Palermo, Gaetano Gullo, si è avvalsa della forte collaborazione di Herimed, associazione rappresentata per l’occasione dal segretario generale Roberto Albergoni che ha agito nelle vesti di padrone di casa, che annovera tra i soci Ministeri, Regioni, Università e centri di ricerca di ben 12 Paesi dell’area mediterranea ed è ente accreditato dall’Unesco per servizi e consulenza per lo sviluppo della Convenzione sul Patrimonio Culturale Immateriale del 2003.
“La Regione Siciliana – ha detto Gullo – è stata la prima a redigere un registro del proprio patrimonio immateriale. Dobbiamo, adesso, puntare ad individuare ed a salvaguardare le produzioni più tipiche e caratterizzanti della nostra cultura e della nostra identità, incluse le feste popolari e le tipicità culinarie”.
A questo proposito, alla conferenza ha preso parte anche Idimed, l’istituto per la valorizzazione della dieta mediterranea “Idimed – ha spiegato Bartolo Fazio, consigliere delegato dell’associazione – si sta impegnando per la creazione di un marchio collettivo che certifichi tutti gli attori, pubblici e privati che, in conformità con un regolamento disciplinare, garantiscano al consumatore origine, natura e qualità delle componenti che costituiscono la dieta mediterranea. Tornare alle origini, mantenendo la genuinità dei prodotti, inoltre, costituisce un grande aiuto anche nella prevenzione di molte malattie”.
Veri protagonisti dell’incontro, tuttavia, sono stati i molti esperti di caratura internazionale che si sono susseguiti al tavolo dei relatori, come l’egiziana Malak Wahba, che ha illustrato le soluzioni per mettere in rete e rendere fruibile il patrimonio immateriale censito dal Cultnat, Centro per la Documentazione del Patrimonio Culturale e Naturalistico Egiziano e lo studioso statunitense Jesse Marsh, che ha esposto le possibilità tecnologiche applicabili affinché la fruizione dei beni immateriali possa coinvolgere le scuole e stimolare la creazione di nuove imprese.
 
“Il patrimonio immateriale – ha detto Georges Zouain, presidente di Gaia Heritage di Beirut – costituisce le radici dell’albero, tutto il resto, il tronco ed i rami, che sono il patrimonio materiale, non esisterebbe senza queste, per questo è necessario dare il giusto peso agli spunti scaturiti oggi, per la salvaguardia di questo bene”.
 

 
L’approfondimento. L’importanza di conoscere il modus operandi
 
PALERMO – Durante la conferenza internazionale sulla valorizzazione del patrimonio immateriale, dei molti spunti, uno sembra aver stimolato particolarmente i convenuti, il cosiddetto problema della ricetta, ossia, il conoscere ingredienti, tecniche, modus operandi, cultura e tradizioni che hanno portato alla realizzazione di qualsiasi bene materiale e che sono parte integrante del patrimonio immateriale dell’umanità. «Tutti conosciamo il capitello corinzio – ha asserito Carlo Bianchini, docente di architettura presso l’università della Sapienza – ma in pochi conoscono i 13 step alla base della sua creazione, così come per un piatto popolare la ricetta è quella non scritta, ma tramandata dalla tradizione e modificata di famiglia in famiglia, ciò dimostra che ogni oggetto materiale è molto più di quanto ci sia nell’oggetto stesso». Purtroppo molte di queste tradizioni si stanno perdendo col tempo, la stessa Unesco riconosce il patrimonio immateriale come vivente e quindi aperto a continue reinterpretazioni, contaminazioni e modifiche e la sfida lanciata da Filipe Themudo Barata, dell’università di Evora, in questo senso, è creare una rete che unisca insieme tutto il materiale disponibile, compreso quanto raccolto in Sicilia e spesso chiuso in cassetti che si spera possano essere presto aperti, come auspicato da Roberto Albergoni.

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