Produzione legislativa scadente: poche sedute a settimana e adesso anche il dramma delle casse regionali vuote
Sono ben 19 le leggi regionali siciliane impugnate dal Consiglio dei ministri dal 2015 ad oggi, di cui tre nel 2015, cinque nel 2016, due nel 2017, tre nel 2018 e sei nel 2019, e quest’anno non si è ancora concluso.
Cosa ci contesta Roma?
Principalmente lo “sconfinamento” delle potestà legislative e poi, ancora, la mancata copertura finanziaria delle norme approvate.
Il contenzioso Stato-Regione si inasprisce sempre di più e l’amara constatazione è che la produzione legislativa del nostro Parlamento risulta alquanto scadente, complice anche le poche sedute a settimana a Sala d’Ercole e le casse regionali vuote che impongono seri dubbi sulla possibilità di dare alle leggi regionali adeguate coperture finanziarie.
Il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Francesco Boccia, ha portato all’attenzione pubblica il fenomeno, divenuto troppo frequente, delle leggi regionali che vengono costantemente impugnate dal Consiglio dei Ministri. “Mi ha colpito il numero delle leggi regionali impugnate – ha detto Boccia – Sto parlando di una media di 100/120 leggi ogni anno sulle circa 800/900 varate dai consigli regionali. Mi sembra una patologia seria. Ogni legge che viene impugnata per un presunto difetto di costituzionalità è un fallimento. Per i cittadini è una sconfitta. Spesso accade per mancanza di rigore amministrativo o perché non si riesce a trovare un accordo politico e si fanno pasticci, per questo vorremmo intervenire, trattare i principi di legittimità in modo preventivo. Ci sono regioni che funzionano benissimo, consigli regionali che rispettano la Costituzione, altri meno. Faremo un’indagine per quantificare l’esito di queste impugnazioni e poi vedremo. Ne parleremo in primo luogo con le regioni”.
Dalle criticità appena evidenziate, la Sicilia non è esclusa: sono ben 19 le leggi impugnate dal 2015 ad oggi, di cui tre nel 2015, cinque nel 2016, due nel 2017, tre nel 2018 e sei nel 2019, e quest’anno non si è ancora concluso.
Le leggi impugnate, in tutto o in parte, sono legate da un fil rouge, sono cioè tutte di una certa rilevanza e contengono per lo più la programmazione finanziaria dell’anno in cui vengono approvate. Le violazioni riscontrate non sono di poco conto e riguardano soprattutto gli articoli 117 e 118 della Costituzione in materia di competenze regionali e statali. Tra le motivazioni alla base delle impugnative c’è anche quella per cui il Consiglio dei Ministri rileva che manca la copertura finanziaria oppure, ancora, perché vengono violati gli articoli dello Stauto siciliano.
Tanto per fare un esempio, nel 2015 le tre leggi impugnate toccavano materie di grande importanza: appalti, liberi consorzi e risorse idriche. Si tratta di tre leggi che, se redatte regolarmente ed approvate senza riserve, avrebbero certamente dato un fattivo contributo alla Sicilia in termini di sviluppo economico, di riduzione del gap con il Nord e di efficientamento dei servizi per i cittadini.
Fino alla fine del 2014 in Sicilia c’era la figura del Commissario dello Stato, che vigilava preventivamente sulle leggi che venivano approvate dall’Assemblea regionale siciliana.
La abolizione di questa figura, che veniva percepita più come un revisore e un garante, piuttosto che un censore, avvenuta per volere della Corte Costituzionale, ha lasciato di fatto “scoperto” il Parlamento regionale che si è trovato ad affrontare e a subire la scure del CdM. Ogni volta che viene impugnata una legge, l’Ars e la Regione siciliana devono decidere, nel caso che di quella legge siano stati impugnati solo alcuni articoli, di stralciare gli stessi e ripubblicare la legge corretta, oppure rivedere il documento, applicandone i correttivi. Tutto questo porta ad un inevitabile stallo legislativo.
Tra l’altro da alcuni anni a questa parte, la produzione legislativa all’Ars ha subito un forte rallentamento per svariati motivi, che vanno da contrasti politici interni alla maggioranza, alla cronica carenza di fondi nelle casse della Regione, all’abitudine, ormai consolidata di svolgere pochissime sedute nel corso della settimana.
Insomma, quando lo Stato impugna una legge approvata dal Parlamento siciliano è come se si sparasse sulla croce Rossa. Eppure i parlamentari di questa 17ma legislatura hanno presentato una vera mole di disegni di legge: sono ben 616 i documenti che si trovano, alcuni da molti mesi, all’esame delle competenti commissioni legislative dell’Ars.
In alcuni casi i ddl inspiegabilmente restano parcheggiati nelle commissioni, superati da altri, probabilmente più urgenti, e lì restano senza trovare una via per approdare in Aula per l’approvazione definitiva. Sempre che non vengano poi impugnati.
I due collegati alla legge di Stabilità appena approvati e già impugnati
Stop da Roma al recepimento “a manica larga” di quota 100
Anche nel mese di ottobre 2019 la Sicilia si è vista impugnare le leggi che aveva appena approvato: si tratta dei due collegati alla legge di stabilità regionale per il 2019. Uno di questi tratta la materia di autonomie locali, l’altro contiene norme di pubblica amministrazione e personale e comprendeva anche interventi a favore dell’aeroporto di Trapani Birgi.
A due settimane di distanza l’una dall’altra, il Consiglio dei Ministri ha bloccato entrambe le leggi: stop, quindi alle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni, così come all’istituzione della figura del Garante della disabilità. Cassate anche le norme per “quota 100”. In pratica sono state bloccate le stabilizzazione dei precari, soprattutto Lsu.
Roma infatti ha dichiarato che è necessario bandire dei concorsi “La legge della Regione Sicilia – si legge nell’impugnativa – estende il requisito che prevede ai fini della stabilizzazione del personale precario la condizione che sia stato reclutato con procedure concorsuali, al reclutamento previsto con le procedure disposte da leggi emanate dalla Regione Sicilia nell’arco temporale 1995/2009 e che attengono, in larga misura, alle procedure di inserimento lavorativo dei soggetti partecipanti ai progetti di utilità sociale, all’utilizzazione di lavoratori di aziende in crisi in progetti di pubblica utilità”.
Inoltre, come è capitato spesso anche in precedenti impugnative, il CdM ha contestato alla Regione lo sconfinamento delle potestà legislative regionali rispetto alle norme statali. La presidenza del Consiglio dei ministri ha impugnato anche l’altro collegato, che tratta di “pubblica amministrazione e personale”, bloccando la cosiddetta quota 100.
“Giova precisare – è scritto nell’impugnativa – che i dipendenti della Regione Sicilia, la cui gestione previdenziale è affidata al Fondo pensioni Sicilia, sarebbero esclusi dal campo di applicazione delle disposizioni del suddetto decreto in assenza della norma regionale in esame. Il comma 2 – prosegue – introduce un’ampia deroga generale al regime ordinario dei requisiti di accesso al pensionamento’ con maggiori oneri previdenziali per la finanza pubblica in termini di maggiore spesa pensionistica e per trattamenti di fine servizio, totalmente asistematica e suscettibile di determinare richieste emulative comportanti ulteriori e rilevanti oneri per la finanza pubblica”.
Infine è stata bocciata anche la norma che posticipa al 2020, per gli enti regionali, l’applicazione anche nell’Isola delle più recenti norme di contabilità pubblica.
Boccia, ministro per gli Affari regionali e le Autonomie
“Intollerabile numero leggi regionali impugnate”
ROMA – “Le Regioni legiferano 800-900 provvedimenti l’anno: averne 120 impugnate non è tollerabile. Viaggiamo a 10-15 leggi regionali impugnate ogni mese. Serve un norma condivisa con le regioni per diminuire il contenzioso, rafforzando la fase preventiva”.
A spiegarlo è stato il ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Francesco Boccia, audito qualche giorno fa in Commissione parlamentare per le questioni regionali, sulle linee programmatiche del suo dicastero.“Non è possibile che le Regioni quando si avvicina la fase elettorale legiferano provvedimenti che sanno già che saranno impugnate. Nel rispetto delle prerogative regionali, dico che le leggi bandiera delle Regioni in fase elettorale vanno fermate”, ha aggiunto Boccia.
“Nel ddl collegato alla manovra – ha poi spiegato il ministro – vorrei che studiassimo insieme una norma per diminuire le controversie tra Stato e Regioni, una norma conciliazione.