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Caccia, per gli ambientalisti in Sicilia è stato un altro anno nero

Pietro Vultaggio

Caccia, per gli ambientalisti in Sicilia è stato un altro anno nero

venerdì 21 Febbraio 2020

Replicano i cacciatori, “Ma sono loro a gestire le aree protette”. Rizzi: “Musumeci aveva promesso di mettere un duro freno alla caccia”. Portale: “Il problema è che la Regione non fa i censimenti”

PALERMO – Si è conclusa la stagione della caccia in Sicilia. A tracciare un bilancio sono Legambiente, Lipu e Wwf Sicilia che parlano di “un altro anno nero per gli animali selvatici”. “In questa stagione – commentano in una nota stampa le associazioni ambientaliste – si è di nuovo scatenano un mix micidiale sulla fauna: specie protette prese di mira, modifiche e deroghe del calendario venatorio non supportate dal punto di vista tecnico-scientifico e controllo del territorio sostanzialmente inesistente che ha lasciato terreno libero ai cacciatori di frodo. Ne sono tragica dimostrazione l’impennata di ricoveri di animali protetti nei centri di recupero della fauna selvatica che coincide con la stagione venatoria e i continui gravi casi di bracconaggio”.

Sostanzialmente le associazioni vorrebbero il rispetto delle leggi e dei calendari venatori, che prevedono, sulla carta, limitazioni, divieti e prescrizioni. Per questo Legambiente, Lipu e Wwf Sicilia chiedono che la Regione siciliana “si attivi per dare immediata applicazione alle misure previste dal Piano d’azione nazionale per il contrasto agli illeciti contro gli uccelli”.

Secondo i dati Istat 2018, i cacciatori sono 29.169, “ma – commentano le associazioni – pur rappresentando lo 0,59% della popolazione siciliana, continuano, inspiegabilmente, ad esercitare una certa influenza sull’apparato politico-amministrativo dell’Isola, come dimostra il Calendario venatorio sempre sbilanciato a favore delle doppiette e contro la fauna”.

A riguardo è intervenuto anche il segretario nazionale del Partito animalista europeo, Enrico Rizzi: “Il bilancio è allarmante come ogni anno. Il presidente Musumeci mi aveva promesso, durante un incontro, di mettere un duro freno alla caccia. È stato fatto completamente l’opposto dal suo assessore e nel suo totale silenzio. Per non parlare dei controlli del Corpo Forestale, veramente minimi in una regione dove il bracconaggio la fa da padrone. Cambia la classe politica e la Sicilia si conferma sempre totalmente disinteressata alla tutela della nostra fauna selvatica”.

Di tutt’altro avviso è Domenico Portale, presidente dell’Associazione Caccia, Sport e Natura: “Chi è contro la caccia ha tutto il mio rispetto. Bisogna, però, considerare che in Sicilia oltre il 60% per cento del territorio è zona protetta (parchi, riserve ed oasi), dove vige il divieto di caccia. Il bracconaggio esiste, ma è all’interno di queste aree. Le stesse aree protette sono gestite in buona misura da quelle stesse associazioni che denunciano la caccia. Quindi, dovrebbe essere compito di queste associazioni gestire la protezione, anche perché ricevono somme di denaro dall’assessorato regionale preposto”.

Per quanto riguarda, invece, l’apertura e chiusura della caccia, Portale spiega: “La chiusura è avvenuta il 20 gennaio, con due settimane di anticipo rispetto quanto consente la legge regionale e nazionale. Solo la caccia alla beccaccia è rimasta fino al 30, merito di un censimento che ne ha garantito un numero considerevole”.

“Il problema principale – continua – è che l’assessorato regionale non fa i dovuti censimenti al fine di avere un calendario a norma. Quest’anno, per esempio, si è censita la specie del coniglio, da cui è emersa una grande presenza in aree cacciabili, per cui è stato possibile aprire la stagione”.

Quando i calendari non sono a norma è perché non esiste un vero censimento globale delle specie animali in aree non protette, avere una visione completa aiuterebbe ad aprire le giuste stagioni di caccia e così facendo molte specie non rischierebbero di scomparire.

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