San Cataldo, detenuto in cella con droga e telefonino, arrestato anche agente - QdS

San Cataldo, detenuto in cella con droga e telefonino, arrestato anche agente

Antonino Lo Re

San Cataldo, detenuto in cella con droga e telefonino, arrestato anche agente

venerdì 01 Ottobre 2021

Nel carcere di San Cataldo in provincia di Caltanissetta, un agente introduceva sostanze stupefacenti e un detenuto si occupava della commercializzazione all'interno della struttura

Un detenuto, S.Z., è stato arrestato e altri cinque, compreso un agente penitenziario, sono finiti ai domiciliari con l’accusa, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio e commercio di sostanze stupefacenti, corruzione e utilizzo illecito di telefoni cellulari all’interno del carcere di San Cataldo, nel Nisseno.

I DETTAGLI DELL’OPERAZIONE

L’operazione è scattata all’alba, condotta dalla Polizia penitenziaria del nucleo investigativo regionale della Sicilia, insieme al Nucleo traduzione e piantonamenti, del Prap di Palermo, del Reparto della casa di reclusione di San Cataldo, con il coordinamento del Nucleo investigativo centrale di Roma. Su richiesta della Procura di Caltanissetta, il Gip ha emesso le ordinanze.

Le indagini hanno avuto inizio dalla segnalazione del comandante del reparto di Polizia penitenziaria della casa di reclusione di San Cataldo, e hanno permesso di accertare che l‘assistente capo S.C.M., in forza nella struttura, dietro compenso in denaro provvedeva a introdurre sostanze stupefacenti nel penitenziario e che il detenuto S.Z., a cui la droga veniva recapitata, si occupava della commercializzazione tra i detenuti e delle richieste dei successivi rifornimenti.

La sostanza stupefacente veniva consegnata dalla moglie e dai due figli del recluso, tutti residenti nel Palermitano, al poliziotto infedele che, approfittando delle sue funzioni, la consegnava al detenuto.

Individuate anche altre 4 persone: 3 detenuti (G.G.; V.R.; A.M.) e un palermitano (R.S.) tutti indagati nell’ambito del procedimento penale. Le indagini hanno dimostrato come la disponibilità di un telefono cellulare, durante il periodo di detenzione, oltre a permettere il perseguimento di obiettivi criminali consentiva di mantenere continui rapporti con l’esterno, consolidando posizioni di leadership nel carcere.

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