Corsari e pirati ebrei - QdS

Corsari e pirati ebrei

Antonino Lo Re

Corsari e pirati ebrei

Giuseppe Sciacca  |
mercoledì 02 Agosto 2023

Storie avvincenti di intrepidi avventurieri, giunte a noi dopo che per anni, sono state, narrate nelle taverne dei porti

Il libro di recente pubblicazione “Il Corsaro Ebreo” di Domitilla Calamai e Marco Calamai de Mesa, tra realtà e fantasia racconta l’avventurosa vita di Alvaro, intraprendente uomo di affari e finanza genovese, alla corte di Carlo V. Una esistenza ricca di colpi di scena, che ebbe come sfondo il mar Mediterraneo, in quel periodo campo di frequenti scontri  tra i velieri del sovrano  cattolico spagnolo, a cui era legato il nostro protagonista e le navi corsare dell’ imperatore ottomano Solimano il Magnifico, queste ultime sempre a caccia di ricchi bottini ed uomini da vendere come schiavi. Alvaro sarà catturato da Uluch, corsaro ebreo, tra i due si istaurerà imprevedibilmente un intenso rapporto intellettuale. Il libro che affascina per la forza d’azione del racconto, mette in luce il mondo misterioso dei corsari, uomini che a bordo delle proprie navi, esplicitamente autorizzati dai sovrani, a cui erano legati, depredavano la flotta di nazioni ostili a questi ultimi, distinguendosi dai pirati che invece saccheggiavano ed aggredivano ogni nave incontrassero sulla loro rotta, contro ogni legge e senza alcuna autorizzazione. Prima gli olandesi e poi i britannici si servirono di ebrei cacciati dalla penisola iberica per attaccare sui mari le navi spagnole e depredarle.

Di pirati e corsari ebrei si è occupato accuratamente e per tanti anni della sua vita, lo storico e giornalista, di origini americane, Edward Kritzler, che nel 2008 ha pubblicato il libro dall’eloquente titolo “Jewis Pirates of the Caribbean”.

Lo scrittore vissuto per lungo tempo in Giamaica, cominciò le sue ricerche, col farsi la domanda: perché, nelle isole dei Caraibi vecchie tombe di noti pirati, sulle loro lapidi, avevano incise scritte ebraiche e stelle di David. La risposta è stata semplice: molte delle navi che avevano solcato i mari delle Antille erano di corsari ebrei. Del resto i nomi delle possenti imbarcazioni non lasciavano dubbi: “La Regina Ester” oppure “Lo Scudo di Abramo”.

La ricostruzione di Kritzler è semplice ed anche convincente. A seguito dell’editto dell’Alhambra del 31 marzo 1492, dei sovrani di Spagna Ferdinando II e Isabella di Castiglia, con il quale venne imposto a tutti gli ebrei, che non si fossero immediatamente convertiti al cattolicesimo, di lasciare le terre in cui vivevano ed andar via dai possedimenti della corona. In conseguenza alcuni si spostarono entro i domini dell’impero Ottomano o nel Marocco, dove i regnanti erano più tolleranti, altri, ancora, si avventurarono nel nuovo mondo, dove si sentivano meno braccati dall’inquisizione che in Europa, ed in queste terre lontane divennero ricchi mercanti, coltivatori di canna da zucchero ed anche politici. Non a caso, nel 1800, il parlamento della Giamaica non si riuniva nel giorno di sabato per l’osservanza, tutta ebraica, dello shabbat. Altri, in fine, divennero corsari e pirati, forse per desiderio di vendetta o forse per spirito d’avventura e bramosia di ricchezza.

E’ noto che il luogotenente del tremendo corsaro Barbarossa, che razziava con la annuenza degli ottomani, era tale Samuel Pallache, noto pirata marocchino e figlio di un rabbino, il quale finì i suoi giorni in Olanda, non prima di aver fondato una popolosa comunità ebraica.  Uno degli episodi più rocamboleschi che la storia della pirateria ricordi vede come suo autore l’ebreo Moshe Coehn Hanarkis, noto pure come capitan Enriquez, che nel 1628, insieme alla Compagnia Olandese delle Indie Occidentali riuscì a razziare, in un sol colpo, l’intera flotta delle navi spagnole nelle acque antistanti l’isola di Cuba. 

Storie avvincenti di intrepidi avventurieri, giunte a noi dopo che per anni, sono state, narrate nelle taverne dei porti, davanti ad un bicchiere di rum, da vecchi marinai che ad ogni sorso accrescevano l’audacia dei protagonisti. In effetti la storia della pirateria ebraica del XVI e XVII secolo, generata dalla cacciata dei loro protagonisti dalle terre di Spagna e Portogallo, dove vivevano pacificamente da generazioni, è un fenomeno che meriterebbe di essere studiato  approfonditamente, per conoscere e comprendere come questa operazione di pulizia etnica sia stata un grave immediato  danno finanziario, oltreché causa della successiva arretratezza socio-economica, per tutti i territori su cui sia ricaduta, compresa la Sicilia, ed anche per comprendere sino a che punto abbia avuto, su taluni degli espulsi una spinta criminogena, alimentata da un vivo e forte desiderio di rivalsa e vendetta.

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