Covid, 15% di casi gravi ha una causa genetica - QdS

Covid, 15% di casi gravi ha una causa genetica

Battiato Rosario

Covid, 15% di casi gravi ha una causa genetica

martedì 29 Settembre 2020

Perché la risposta individuale all’infezione da virus Sars-CoV2 varia così tanto da persona a persona? Risolvere questo mistero renderebbe possibile identificare i pazienti a rischio, anticipare e migliorare la loro cura e offrire nuove vie terapeutiche basate su una maggiore comprensione della malattia. Due studi condotti da un team internazionale a cui hanno partecipato Francesca Fusco e Matilde Valeria Ursini dell’istituto di genetica e biofisica “A. Buzzati-Traverso” del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Cnr-Igb) e pubblicati sulla rivista Science danno risposta a questa domanda chiave. Il team – guidato da Jean-Laurent Casanova (The Rockefeller University, NY, Usa e Istitute Imagine/Necker-Enfants malades, Parigi, Francia) e Helen Su (National Institute of Allergy and Infectious Diseases, Nih, Usa- ha identificato le cause genetiche e immunologiche che spiegano il 15% delle forme gravi di Covid-19. I pazienti hanno in comune un difetto nell’attività delle forme di Interferone di tipo I (Inf-1), molecole del sistema immunitario che normalmente svolgono una potente attività antivirale.

Nella ricerca sui meccanismi di immunità degli IFN di tipo I, che sono potenti molecole antivirali, il team ha identificato in alcuni pazienti anomalie genetiche che riducono la produzione di IFN di tipo I e, in altri, anticorpi autoimmuni che ne bloccano l’azione (rispettivamente, 3-4% e 10-11% delle forme gravi). “Il primo articolo pubblicato su Science descrive le anomalie genetiche in pazienti con forme gravi di Covid-19 a livello di 13 geni già noti per governare la risposta immunitaria controllata da IFN I contro il virus dell’influenza”, ha spiegato Fusco. “Queste varianti genetiche sono presenti anche negli adulti che non sono stati malati prima. Indipendentemente dalla loro età, le persone con queste mutazioni sono maggiormente a rischio di sviluppare una forma molto grave di Covid-19. L’assunzione precoce di IFN di tipo 1 in questi pazienti potrebbe essere una via terapeutica: questi farmaci sono disponibili da oltre 30 anni e senza effetti collaterali evidenti se assunti per un breve periodo”. Nel secondo studio i ricercatori mostrano, in più del 10% dei pazienti che sviluppano polmonite grave da infezione da Sars-CoV2, la presenza ad alti livelli di anticorpi diretti contro IFN di tipo I nel sangue di individui che neutralizzano l’effetto antivirale dell’Ifn. “Questi autoanticorpi sono assenti nelle persone che sviluppano una forma lieve della malattia e rari nella popolazione: l’analisi di un campione di controllo di 1.227 persone sane ha permesso di valutare la prevalenza di autoanticorpi contro Ifn di tipo 1 allo 0,33%, ovvero 15 volte inferiore a quello nei pazienti con forme gravi”, ha concluso Ursini.

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