Crescita Pil Sicilia, gli economisti, “Prima le azioni, dopo le cifre” - QdS

Crescita Pil Sicilia, gli economisti, “Prima le azioni, dopo le cifre”

redazione

Crescita Pil Sicilia, gli economisti, “Prima le azioni, dopo le cifre”

mercoledì 06 Ottobre 2021

Boom "cinese" per il prodotto interno lordo dell’Isola, +21 miliardi in 4 anni (2021-2024): cosa dicono gli esperti

Le previsioni di crescita del prodotto interno lordo della Sicilia contenute nella Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza regionale (NaDefr) e che fanno riferimento agli anni 2021-2024, parlano di una crescita significativa che in soldoni dovrebbe tradursi in un “balzo” della ricchezza prodotta da 79 a 100 miliardi di euro.

Il NaDefr dovrà adesso essere nuovamente rivisto alla luce dell’ultimo aggiornamento del Def che risale alla scorsa settimana e che traccia per il Belpaese uno scenario addirittura più favorevole di quello delineato lo scorso aprile.

Quanto è plausibile che il prodotto interno lordo siciliano possa addirittura doppiare quello dell’Italia registrando una crescita (dal 2021 al 2024) del 26,5% a fronte del 14,7% nazionale?

Abbiamo intervistato alcuni illustri economisti per cercare di capire dove finisce l’ottimismo e dove comincia invece la concreta strategia di sviluppo che la nostra classe politica intende mettere in campo, ma soprattutto per comprendere quale effetto trainante potrà avere il Pnrr sulla crescita di tutto il Mezzogiorno.

Pietro Busetta: “La previsione del NaDefr mi pare estremamente impegnativa”

Pietro Busetta è Professore Ordinario di Statistica economica presso la facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Palermo. È stato, tra le altre cose, Direttore dell’Istituto di Statistica Economica per la ricerca applicata e del Cirmet, Presidente della Fondazione Curella dalla sua costituzione nel 1985 fino al 2018.

Professore Busetta, è verosimiche secondo Lei che il prodotto interno lordo siciliano possa crescere a ritmi tali da raggiungere il valore di 100 miliardi nel 2024?
“In realtà quelle contenute nel NaDefr sono previsioni molto impegnative perché se è vero che per il 2021 ci può essere un dato di recupero, per cui diventa credibile il 7%, per il 2022, 2023 e 2024 la previsione mi pare estremamente impegnativa, estremamente positiva”

Quali sarebbero gli asset che dovrebbero portare ad incrementi tali della ricchezza prodotta?
“L’agricoltura rappresenta il 7% del Pil complessivo, quindi contribuisce per molto poco, l’incremento decisivo dovrebbe venire dai servizi, perché invece il manifatturiero rappresenta soltanto un altro 7% del Pil complessivo. Ed anche se dovesse fare un balzo in avanti potrebbe contribuire con decimali a quel 7% che si raggiungerebbe”.

E quindi?
“Potrebbero essere le costruzioni a dare un loro contributo importante anche per le nuove normative che il Paese si è dato. In realtà non vediamo quegli interventi sull’economia siciliana, come per esempio la messa a regime delle Zes, che possano giustificare dei dati così positivi. Che comunque è ovvio che ci auguriamo che si verifichino. Ma che temiamo possano essere una illusione. A breve usciremo con il report Sicilia del Diste consulting E potremmo dare la nostra visione per i prossimi anni!”

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Marco Vitale: “Scenario incerto, cifre aleatorie”

“Non vi è nessuna credibile possibilità che il Pil della Sicilia aumenti a percentuali doppie del Pil nazionale nel periodo 2021-2024”, spiega al QdS Marco Vitale, economista di impresa e autore del libro “Il Sud esiste”.
“In ogni caso – prosegue – queste cifre sia nazionali che siciliane sono comunque estremamente aleatorie considerando le grandi incertezze che dominano lo scenario internazionale. Dei buoni politici non dovrebbero perdere troppo tempo a giocare a dadi con le previsioni del Pil ma identificare le azioni e gli interventi specifici che possono creare occupazione vera e sana. Tutto il resto seguirà”.

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Rosario Faraci: “Pil? I conti si fanno sempre a consuntivo”

“Non ho strumenti tali da poter confermare o disconfermare le previsioni del prodotto interno lordo siciliano contenute nel NaDefr. Tra l’altro dietro le stime ci sono gli studi dell’Ufficio Statistiche della Regione Siciliana, quindi può darsi, anzi senz’altro, l’indicatore fornito sarà ancorato ad alcuni elementi specifici – spiega al Quotidiano di Sicilia Rosario Faraci, Professore Ordinario del Dipartimento di Economia e Impresa dell’Università di Catania Rosario Faraci -. Ugualmente volevo fare un ragionamento: è ovvio che a seguito di una iniezione importante di risorse, e mi riferisco a quelle del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che attiveranno la domanda interna e quindi i consumi e gli investimenti, per effetto delle politiche keynesiane ci sarà un’azione propulsiva sull’economia e quindi a valle l’indicatore del Pil crescerà. Questo è il cosiddetto ‘effetto rimbalzo’ dovuto sia al post pandemia (alla ripartenza dell’economia la percentuale di crescita è superiore agli anni precedenti), sia alle iniezioni del Pnrr. Teniamo conto, inoltre, che dal punto di vista del Pil la Sicilia, prima del pandemia, stava leggermente ritornando ai livelli precedenti la crisi economica 2007-2008. Quindi sotto questo aspetto qualunque tasso di crescita veloce non riporterà l’economia siciliana più avanti, ma possibilmente al quadro economico pre crisi 2007-2008”.

“Sarei interessato a vedere – conclude il docente catanese – come sia a livello nazionale che regionale le risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza possano migliorare, nel periodo 2021-2026, i quattro indicatori del divario, ovvero: Nord-Sud, Uomini-Donne, Adulti-Giovani e Italiani-Stranieri. Uno degli assi strategici del Pnrr è l’inclusione sociale quindi vorrei porre l’attenzione sugli esiti in questo ambito. I conti del Pil si fanno sempre a consuntivo, a preventivo possono essere più o meno ottimistici”.

NaDef, Bankitalia: “Quadro favorevole che però resta soggetto a rischi al ribasso”

“Le misure del Pnrr e quelle finanziate con il bilancio nazionale definite fino all’estate possono contribuire a un aumento del Pil di 4 punti percentuali cumulati nel triennio 2021-23”.

Lo ha detto Eugenio Gaiotti, capo del Dipartimento Economia e Statistica della Banca d’Italia, nel corso dell’audizione nelle commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato, in merito all’attività conoscitiva preliminare all’esame della Nadef 2021.
“L’andamento del debito in rapporto al prodotto è significativamente più favorevole di quello delineato in aprile. L’obiettivo – ha aggiunto – resta quello di sostenere i redditi e la domanda, ma anche quello di aumentare la crescita potenziale dell’economia”.

Per questo per la Banca d’Italia c’è la necessità “di assicurare gli adeguati incentivi all’offerta di lavoro e favorire il necessario processo di riallocazione delle risorse, di semplificare e razionalizzare il complesso degli strumenti di sostegno al reddito e il sistema tributario, evitando sovrapposizioni, riducendo gli effetti distorsivi dell’attuale struttura dell’Irpef e intervenendo sul sistema delle cosiddette spese fiscali. Nell’attuale fase in cui l’economia deve ancora recuperare le conseguenze della pandemia, una politica di bilancio orientata al sostegno temporaneo dell’attività è nel complesso condivisibile”.

“Il quadro macroeconomico tendenziale presentato nella Nota di aggiornamento del Def, che prefigura una crescita del 6,0% nell’anno in corso, del 4,2% nel 2022 e del 2,6% nel 2023, è coerente con lo scenario di ripresa attuale – prosegue Bankitalia – e si tratta di un “quadro favorevole, che resta però soggetto a rischi prevalentemente al ribasso, legati al possibile persistere di vincoli d’offerta globale, all’evoluzione dei contagi nei mesi autunnali e all’efficacia delle misure di sostegno”.
“Il quadro – ha ribadito – è nel complesso condivisibile ma circondato da rischi che valutiamo orientati prevalentemente al ribasso”.

“Tra questi, nel breve termine, un’evoluzione meno favorevole del quadro epidemiologico potrebbe comportare un recupero ritardato delle attività interessate da maggiori contatti interpersonali e riflettersi negativamente sui consumi e sull’occupazione; non si può inoltre escludere – ha aggiunto Gaiotti – che gli effetti delle strozzature dal lato dell’offerta si trasmettano in misura più intensa all’economia italiana lungo le catene di valore globali. Nel medio termine i principali fattori di rischio sono associati ai tempi di realizzazione e all’efficacia delle misure delineate nel Pnrr e a un possibile rallentamento degli scambi internazionali”.

di Chiara Borzì e Patrizia Penna

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