La crisi affonda gli artigiani, in dieci anni in Sicilia scomparsi oltre 11 mila - QdS

La crisi affonda gli artigiani, in dieci anni in Sicilia scomparsi oltre 11 mila

Michele Giuliano

La crisi affonda gli artigiani, in dieci anni in Sicilia scomparsi oltre 11 mila

sabato 08 Aprile 2023

Secondo i dati Inps elaborati dalla Cgia di Mestre il 12% dei lavoratori ha chiuso bottega. Boom degli affitti, tasse e mancato ricambio generazionale tra le cause della diminuzione

PALERMO – Oltre 11 mila artigiani siciliani hanno chiuso bottega negli ultimi 10 anni: il 12% in meno, un numero estremamente preoccupante, nonostante sia una percentuale inferiore rispetto alla media nazionale, che arriva al 15,1%.

Secondo i dati Inps elaborati dall’ufficio studi della Cgia di Mestre, l’associazione artigiani e piccole imprese, è il Mezzogiorno, tra il 2012 e il 2021, a perdere meno botteghe artigiane, con una media del -12,8%; si sale al Centro, al -15,3%, e ancora di più al Nord Est (-15,7%) e al Nord Ovest (-16,1%). In totale, nella penisola hanno interrotto la propria attività 281.925 artigiani; sono ormai poco più di un milione e mezzo quelli che ancora lavorano sul territorio nazionale. Di questi, in Sicilia ne sono rimasti 82.557.

Se si guarda al territorio per province, la prima siciliana, per variazione percentuale in negativo nei dieci anni considerati, al 31esimo posto è Caltanissetta, che da sola conta 3.842 imprenditori artigiani (-17,9%). Al 41esimo Enna, con 3.305 artigiani (-16,9%), e al 56esimo Agrigento, con 6.933 imprenditori (-15,5%). Al 62esimo Trapani, 7.909 artigiani e -14,5% rispetto al 2012. Ragusa si trova al 76esimo posto, con 6.590 artigiani (-13,3%); per Catania si scende ulteriormente, all’84esimo posto, con 18.711 imprenditori e una percentuale in negativo del 12,4%. In fondo alla classifica troviamo Siracusa, 6.515 imprenditori (-10,6%), Palermo, con 16.208 artigiani (-9,2%), e Messina, con 12.545 lavoratori (-8,1%).

Le motivazioni di questa diminuzione netta sono tante: il boom degli affitti, le tasse esose, l’insufficiente ricambio generazionale, la contrazione del volume d’affari, provocato dalla storica concorrenza della grande distribuzione e, da qualche anno, anche dal commercio elettronico. La riduzione sta colpendo in particolar modo l’artigianato tradizionale, che con la sua presenza, storia e cultura ha contrassegnato, sino a qualche decennio fa, tantissime vie delle città e dei paesi di provincia in tutta Italia. Una perdita sia economica ma anche sociale: “Queste micro attività – scrivono dalla Cgia – conservano l’identità di una comunità e sono uno straordinario presidio in grado di rafforzare la coesione sociale di un territorio. Insomma, con meno botteghe e negozi di vicinato, diminuiscono i luoghi di socializzazione a dimensione d’uomo e tutto si ingrigisce, rendendo meno vivibili e più insicure le zone urbane che subiscono queste chiusure, penalizzando soprattutto gli anziani”.

Una perdita anche culturale: sono molti i mestieri artigiani in via di estinzione, a causa soprattutto delle nuove tecnologie che hanno spinto fuori mercato tante attività manuali; ancora, la cultura dell’usa e getta ha avuto il sopravvento, penalizzando, in particolar modo, coloro che del riuso e della riparazione di oggetti e attrezzature ne avevano fatto una professione. Stanno sparendo gli autoriparatori, i calzolai, i corniciai, i fabbri. Altre professioni in estinzione sono gli orologiai, i pellettieri, i materassai, i tipografi, i vetri.

Per contro, i settori artigiani che stanno vivendo una fase di espansione importante sono quelli delle aree appartenenti al benessere e all’informatica: si continua a registrare un forte aumento degli acconciatori, degli estetisti, dei massaggiatori e dei tatuatori. Ancora, sono in decisa espansione i sistemisti, gli addetti al web marketing, i videomaker e gli esperti in social media. Purtroppo, l’aumento di queste attività è insufficiente a compensare il numero delle chiusure presenti nell’artigianato storico, con il risultato che la platea degli artigiani è in costante diminuzione.

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