Operazione "Crypto", fermato un giro d'affari illegale di armi e droga

L’operazione “Crypto” ferma maxi affari illegali di armi e droga: indagati anche in Sicilia

Filippo Calascibetta

L’operazione “Crypto” ferma maxi affari illegali di armi e droga: indagati anche in Sicilia

Redazione  |
martedì 27 Giugno 2023

L'operazione "Crypto" ha portato a numerose misure cautelari e un totale di 221 capi d'imputazione a carico degli indagati per traffico d'armi e di droga.

Anche la Sicilia è coinvolta nella maxi operazioneCrypto” portata a termine e condotta dai carabinieri di Monza in coordinamento con la Dda di Milano. Nell’Isola, le province di Palermo e Messina erano interessate da un traffico di armi e droga, operazioni di riciclaggio e antiriciclaggio che toccava l’Italia da Nord a Sud.

L’operazione che ha portato alla disposizione di trenta misure cautelari emesse dal gip di Milano su richiesta della Dda – Direzione distrettuale antimafia – (ventisei per soggetti italiani, quattro per individui con nazionalità marocchina) prende il nome di “Crypto”.

Il traffico di sostanze stupefacenti non coinvolgeva solo gran parte del territorio italiano, ma il “prodotto” arrivava dal Sud America, per lo più dall’Ecuador, e dalla Spagna. Arrivava in Italia, nascosta all’interno di container, nel porto di Gioia Tauro in Calabria, dopodiché veniva smistata e una buona parte portata a Milano.

Le province coinvolte nell’operazione “Crypto”, per mezzo delle attività e dei rapporti degli indagati, oltre quelle di Palermo e Messina, sono: Monza Brianza, Milano, Como, Pavia, Reggio Calabria, Catanzaro, Trieste e Udine. Agli indagati sono stati contestati in totale 221 capi d’imputazione.

Operazione “Crypto”: ecco come operava l’associazione criminale

La rete di attori criminali coinvolti aveva il suo quartier generale operativo proprio a Milano, dove uno degli indagati, il quale fungeva come da intermediario, si occupava di intrattenere le relazioni per chiudere gli affari di droga, rimanendo in contatto con i complici calabresi, fondamentali per l’arrivo della merce illecita.

L’operazione “Crypto” ha ricostruito tantissime compravendite di stupefacenti, si conta un totale di 3.051 chili di hashish, avente un valore di 12 milioni di euro circa, e 374 di cocaina dal valore di circa 11 milioni di euro.

Oltre al traffico di droga, è risultato anche un commercio illegale di armi da fuoco, tra le quali: mitragliette Uzi, fucili d’assalto Ak47, Colt M16, bazooka, bombe a mano Mk2 e pistole Glock e Beretta. Le armi venivano acquistate dagli indagati da un fornitore di Monza, condannato a sua volta all’ergastolo per omicidio aggravato e associazione mafiosa. Tuttavia, il soggetto in questione godeva di regolari permessi premio che gli consentivano di sviluppare gli affari per le armi.

Quando e come inizia “Crypto”

“Crypto” è iniziata nel 2020. Le indagini sono state condotte con pedinamenti e osservazioni sul campo, fondamentali perché i criminali coinvolti usavano dei cellulari criptati. Da questa abitudine degli indagati prende il nome l’intera operazione, non è un caso. Inoltre, i militari dell’arma hanno messo in atto intercettazioni ambientali e video nei posti dove sovente si recavano gli individui coinvolti.

La ‘ndrangheta ha fornito il supporto necessario, grazie a una famiglia presente e operante proprio in Lombardia, per l’ingresso e la messa sul mercato delle droghe che arrivavano a una sorta di broker, commerciante di auto usate di Cusano Milanino, che gestiva il tutto. Le piazze di spaccio in cui venivano vendute le enormi quantità di droga sono: Quarto Oggiaro (Milano), Cinisello Balsamo (Milano) e Monza.

Addirittura, durante le indagini i carabinieri hanno effettuato un pedinamento anche al di fuori dell’Italia, ovvero in Francia e Spagna, nelle città di Nizza, Marsiglia, Barcellona e Valencia.

Le attività criminali anche durante il lockdown

Nel febbraio 2021, durante il lockdown per Covid, i carabinieri hanno pedinato alcuni indagati durante un viaggio in auto in Spagna per l’acquisto delle sostanze da alcuni fornitori del luogo. Grazie a dei particolari programmi, i militari sono riusciti a decriptare le conversazioni tra gli indagati in alcune chat, nelle quali venivano diffusi a parte i messaggi anche audio, foto e video. Dall’analisi di questa mole importante di informazioni si è giunti nell’arricchire il quadro dell’attività criminale sulla quale si indagava.

I criminali erano talmente sicuri delle loro tecniche per eludere le potenziali indagini delle forze di polizia che utilizzavano un linguaggio esplicito nel parlare dei loro affari, quindi senza l’uso di mezzi termini o parole in codice. Condividevano anche le foto dei quantitativi di droga imballati e delle armi da fuoco e non solo. Nelle stesse chat si trattava anche sui prezzi.

I proventi enormi degli affari illeciti venivano riciclati attraverso l’acquisto di orologi di lusso in una nota gioielleria del centro del capoluogo lombardo, beni immobili residenziali, attività commerciali e per l’acquisto di ulteriori sostanze stupefacenti.

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