Dai Dpi alle “aule di isolamento”, una scuola catanese nell’era Covid - QdS

Dai Dpi alle “aule di isolamento”, una scuola catanese nell’era Covid

Ivana Zimbone

Dai Dpi alle “aule di isolamento”, una scuola catanese nell’era Covid

martedì 29 Settembre 2020

Confronto tra famiglie e dirigenza scolastica nell'istituto S. Casella di Pedara. I genitori chiedono mascherine lavabili. La preside: “Le monouso più sicure, ma in mancanza gli studenti verrebbero autorizzati a entrare a scuola ugualmente se muniti di mascherine lavabili con interno in tnt"

La prima campanella della scuola è suonata da qualche giorno e un genitore dell’Istituto comprensivo Salvatore Casella di Pedara propone una soluzione “green” in merito all’uso scolastico delle mascherine di protezione individuale. Il fine è quello di garantire ai bambini la certezza di disporre degli strumenti anticontagio per tutto l’anno scolastico, di insegnare ai più piccoli il rispetto dell’ambiente e di responsabilizzare i minori rispetto alla tutela della salute pubblica.

La preside dell’Istituto, Alessandra La Puzza, informa che tutti gli studenti vengono adeguatamente forniti ogni giorno di dispositivi di sicurezza individuali monouso per una protezione maggiore, ma che nel caso di insufficienza di forniture ministeriali sia possibile ricorrere alle mascherine lavabili con strato interno in Tnt.

“Giorno 17 settembre è iniziata la scuola e i nostri bimbi hanno ricevuto dall’Istituto la mascherina monouso un giorno sì e uno no. Secondo il patto di corresponsabilità firmato dai genitori e dal dirigente scolastico, mamme e papà sono obbligati a fornire la mascherina ai figli qualora la scuola non riuscisse a farlo, altrimenti non può essere consentito l’ingresso alle lezioni in presenza – spiega Lorenzo De Franceschi, papà di un piccolo studente della scuola elementare -. Tra l’altro la mascherina viene indossata dai bimbi sulla bocca e sul naso soltanto quando questi si trovano negli spazi comuni o quando devono avvicinarsi all’insegnante o ai compagni. Per tutto il resto del tempo rimane all’altezza del mento. Forse sarebbe più opportuno offrire loro la possibilità di utilizzare mascherine lavabili a tre strati (con un velo interno in Tnt), come previsto dall’Istituto superiore della sanità per le mascherine di comunità. Se si considera il numero necessario di mascherine monouso per ogni bambino nel corso dell’anno scolastico e lo si moltiplica per il numero degli studenti, ci si rende conto di quanto questa prassi possa impattare negativamente sull’ambiente. L’ipotesi dei dpi lavabili, se concretizzata, potrebbe essere un ottimo modo per insegnare ai più piccoli l’importanza di ridurre l’inquinamento e lo spreco di denaro”.

Una proposta che trova parzialmente d’accordo la preside dell’Istituto, Alessandra La Puzza: “Il Ministero sta fornendo le mascherine di protezione per gli studenti – oltre alla prima trance di banchi monoposto – e si deve prendere atto dei suoi sforzi per tutelare gli interessi e i diritti della collettività, come il diritto allo studio. Le mascherine monouso possono essere utilizzate per un solo giorno, come da indicazioni delle istituzioni, per una maggiore sicurezza. Tuttavia – nonostante il comitato tecnico-scientifico ritenga i dpi monouso più sicuri degli altri – qualora i dpi della scuola dovessero risultare insufficienti e qualora i genitori non riuscissero a reperire per tempo mascherine monouso, gli studenti verrebbero autorizzati a entrare a scuola ugualmente se muniti di mascherine lavabili con interno in tnt (con filtro regolarmente e frequentemente sostituito)”, spiega il dirigente.

Ma c’è un’ulteriore possibile difficoltà per i genitori lavoratori. Infatti, qualora uno studente accusasse sintomi influenzali, verrebbe immediatamente posto in isolamento. È compito di mamme e papà – o di un loro delegato – prelevare il figlio dall’ “aula Covid” entro 30 minuti.

“Assieme al gel igienizzante, alle mascherine di protezione, ai macchinari all’ozono che la scuola sta acquistando – con fondi ministeriali – per una maggiore sanificazione dei locali, si è rivelato necessario predisporre un’aula di isolamento per eventuali sospetti Covid – aggiunge La Puzza -. Si tratta di mini aule – una volta dette ‘bidellerie’ – riservate al massimo a uno studente che devono essere liberate nel più breve tempo possibile, per evitare ulteriori contagi e per garantirne la fruibilità ad altri studenti sospetti. Tra l’altro il coronavirus, oltre all’alta contagiosità, può presentare sintomi anche gravi ai quali la scuola non può far fronte, non essendo un pronto soccorso. Ne consegue che i genitori devono tempestivamente prelevare i propri figli entro 30 minuti, un tempo ragionevole in cui possono pure delegare altre figure (nonni, zii, baby-sitter, etc). Trascorso questo tempo, l’insegnante referente si occuperà di garantire assistenza allo studente presso l’ospedale più vicino”.

“Il nostro Istituto, che ha ripreso regolarmente le lezioni in presenza come previsto per la scuola primaria, conta circa 1.300 alunni distribuiti in tre plessi. Con una ditta attrezzata per questo, si è occupata del piano di sicurezza (uscite, ingressi, etc), nonostante alcune difficoltà che permangono rispetto all’adeguamento di due plessi. È impensabile, oggi, poter somministrare un antipiretico ai propri bambini e mandarli ugualmente a scuola, come talvolta è avvenuto in passato. Coloro che accusano sintomi influenzali come la febbre, devono rimanere a casa per il bene di tutti. Sono convinta che soltanto con la massima collaborazione tra scuola e famiglia – da qui il patto di corresponsabilità educativa – si possa fare in modo che vada tutto bene”, conclude La Puzza.

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