L’educazione al difficile linguaggio della politica - QdS

L’educazione al difficile linguaggio della politica

redazione

L’educazione al difficile linguaggio della politica

Salvo Fleres  |
mercoledì 08 Novembre 2023

Un Paese fatto di cittadini consapevoli è più difficile che venga menato per il naso

La comunicazione, pubblica o interpersonale che sia, ha sempre rappresentato un elemento centrale per qualsiasi attività umana, soprattutto per quelle fondate sulle relazioni sociali.
In questi giorni, però, ho notato che, negli interventi e nei commenti che vengono pubblicati sui vari social, che hanno sostituito la piazza, talvolta, si sovrappongono o si scambiano concetti come: politica, politici, partiti, governo, parlamento, parlamentari, ecc.

In alcuni casi, simili sovrapposizioni e simili interscambi possono essere giustificati dal contesto degli argomenti che vengono affrontati, in altri creano confusione e confermano la scarsa dimestichezza che molti hanno con il complesso modello istituzionale del nostro paese, dato che nessuno glielo ha spiegato, non almeno come si sarebbe dovuto fare.

Prima di andare avanti, l’occasione mi è propizia per ricordare, ancora una volta, l’esigenza che lo Stato, da parte sua, ma anche singoli cittadini o singole scuole dedichino maggiore attenzione allo studio di quella che, un tempo, si chiamava educazione civica e che, normalmente, veniva giustamente abbinata alla storia, per dimostrarne la connessione.

Si trattava di un accostamento di contenuti molto pertinente, poiché offriva agli studenti non soltanto le nozioni di base riguardanti il funzionamento della nostra Repubblica (elementi di: diritto costituzionale, diritto civile, diritto penale, sistema fiscale, diritto delle regioni e degli enti locali, ecc.), ma anche perché vi connetteva il percorso storico attraverso il quale vi si è pervenuti, talvolta non in maniera indolore.

Conoscere in maniera adeguata la storia del nostro Paese, e la parallela storia delle istituzioni che ne costituiscono la struttura portante, così come conoscere bene il contenuto della Costituzione, dello Statuto della Regione Siciliana, le leggi più significative che regolano la convivenza civile, i Diritti dell’Uomo, ecc. rappresenta un passaggio determinante per migliorare le relazioni tra i singoli cittadini e tra questi e lo Stato, nelle sue diverse articolazioni settoriali e territoriali.

Certo, non penso a lezioni di livello accademico, per le quali, nell’avvenire di ciascuno, ci sarà tempo e possibilità, ma ad elementi conoscitivi di base, che descrivano il contesto in cui si vive e la sua genesi storica, economica e sociale.
Elementi non di dettaglio, che tuttavia offrano ai giovani una panorama abbastanza chiaro della situazione, contribuendo a permettergli di rendersi conto di quali siano le regole di fondo attraverso le quali è governato il nostro Paese.

Per questa ragione, diversi mesi addietro, insieme ad alcuni amici di buona volontà, abbiamo costituito un’associazione che, del tutto gratuitamente e senza “scadere” nel fazioso partitismo, sta svolgendo delle informali lezioni riguardanti proprio questo genere di argomenti, utilizzando un linguaggio semplice e diretto.

La bella sorpresa è che, al contrario di quanto si possa pensare, i giovani, a cui si rivolge principalmente questa sorta di conversazioni su elementi di storia e di educazione civica, mostrano grande interesse ed altrettanto spirito di partecipazione.

In fondo conoscere il funzionamento e l’iter di formazione delle decisioni della società nella quale viviamo è importante almeno quanto conoscere la letteratura o la matematica, anche se qualcuno preferisce dimenticarlo, dato che l’ignoranza civica costituisce l’ingrediente più importante per chi abbia voglia di confondere le menti semplici presenti in tutti i popoli, sia pure in percentuali differenti.
Un Paese fatto di cittadini consapevoli è più difficile che venga menato per il naso da una classe dirigente non sempre trasparente né preparata. Ecco perché è importante che ciascuno faccia bene la propria parte nell’opera di formazione dei giovani.

Qui non si tratta di stabilire chi sia il titolare di un simile compito, certo, la scuola può fare parecchio, ma l’intervento educativo non può escludere nessuno, a cominciare dalla famiglia, dagli ambienti di lavoro, dalle parrocchie, dai centro di aggregazione. Insomma, ognuno faccia ciò che può!
Salvatore Fleres

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