Perché è difficile riportare il grande calcio a Messina

Fallimenti, proteste e dietrofront: perché è difficile riportare il grande calcio a Messina

Antonino Lo Re

Fallimenti, proteste e dietrofront: perché è difficile riportare il grande calcio a Messina

Hermes Carbone  |
mercoledì 24 Maggio 2023

Il club peloritano nuovamente in vendita. Il presidente Pietro Sciotto lo ha annunciato in conferenza stampa

L’Acr Messina è di nuovo in vendita per l’ottava volta negli ultimi 15 anni. Se non è un record, poco ci manca. Ad annunciarlo è stato l’attuale presidente in carica della società peloritana, Pietro Sciotto, nel corso di una conferenza stampa dello scorso 18 maggio, a pochi giorni dalla decisiva vittoria nel play-out contro la Gelbison che per l’ACR ha significato salvezza sul campo e diritto di partecipazione alla prossima Lega Pro.

Una categoria alla quale però bisognerà adesso iscriversi, con le lancette dell’orologio che corrono e meno di un mese di tempo per la formalizzazione degli incartamenti necessari da parte della nuova dirigenza che dovrà programmare il prossimo campionato. Quello delle montagne russe si tratta del triste destino che accompagna la principale società calcistica messinese dal primo fallimento targato Pietro Franza, quello che di fatto escluse la squadra da una Serie B guadagnata sul campo dopo i tre anni trascorsi in serie A.

Acr Messina, cos’è successo?

Motivi che di certo hanno poco a che vedere con l’aspetto meramente sportivo e che appaiono più come connessi con tutto ciò che intorno al calcio ruota nella città di Messina. O che avrebbe dovuto ruotare nel corso di questi anni costellati anche da tre fallimenti e conseguenti mancate iscrizioni che ha visto il Messina precipitare a più riprese in serie D e non spingersi mai oltre la Lega Pro.

Sei sono stati gli anni di gestione dell’attuale presidente della società peloritana. Anni complessi che hanno attraversato anche il periodo pandemico con le difficoltà economiche del caso. Anni contraddistinti anche con contestazioni da parte di una tifoseria che avrebbe voluto ambire a ben altri palcoscenici, almeno a quella serie B che lo stesso Sciotto aveva promesso all’inizio della sua presidenza, quando il Messina era appena fallito dopo la travagliata gestione dell’ex presidente Franco Proto.

Una contestazione, quella nei confronti di Pietro Sciotto, durata fino all’ultimo match di campionato che ha riportato sugli spalti del “Franco Scoglio” oltre 7.000 tifosi, un numero che non si vedeva da diverso tempo nel catino di contrada San Filippo. Ma questa impasse non può davvero essere tutta colpa sua. Ad accompagnare il nulla che c’è stato intorno a Sciotto, anche i problemi con le amministrazioni comunali. Fatta eccezione dell’ultima annata in cui il Comune di Messina ha risposto presente aiutando la società dal punto di vista logistico ristrutturando e mettendo a disposizione la foresteria del “Franco Scoglio” e ripristinando anche gli interni e il terreno da gioco del “Celeste”, divenuto nel frattempo campo di allenamento, lo scontro è stato il principale modus operandi.

Quella che stiamo raccontando, però, è una vicenda che sembra ripetersi nel tempo: noti ai più i muro contro muro di Pietro Lo Monaco con l’allora sindaco Renato Accorinti. Incomprensione e corsi e ricorsi storici, quindi: già negli ultimi anni il Messina è infatti stato messo in vendita. Di acquirenti credibili, però, neppure l’ombra. Il mandato affidato all’avvocato Santi Delia per la valutazione delle proposte non ha portato i frutti sperati: qualche manifestazione di interesse dalle solite cordate di italiani di frontiera in cerca di visibilità e società più o meno note del Nord Italia, ma zero offerte per l’acquisto.

Sciotto fu convinto a restare al timone anche da Raffaele Manfredi, divenuto poi direttore generale dell’ACR e trait d’union con tifosi, tessuto economico e politico della città. Con la valorizzazione dei giovani e contributi della lega si è dovuto fare virtù, facendo divenire la necessità una regola imprescindibile per restare a galla.

Il bando per la gestione degli stadi

In mezzo a tutto questo il famoso bando per la gestione pluriennale degli stadi (all’epoca comprendeva anche il “Celeste”), lo stesso che di fatto fece saltare i nervi all’allora presidente del Messina – Football Club e non Acr – Pietro Franza. Lo stesso che a distanza di 20 anni sembra non poter ancora vedere la luce nella città dello Stretto. Un bando, in realtà, è stato pubblicato dal Comune per la gestione degli stadi nel giugno del 2020. L’unica società che si era presentata per l’aggiudicazione – tra interrogazioni in consiglio comunale e forti perplessità della stessa amministrazione – non solo non l’ha ottenuta per mancanza di requisiti e nel frattempo è fallita.

Di bando, a oggi, si è tornati a parlare a palazzo Zanca. Anche qui in un teatrino che va avanti da oltre 20 anni. Anni nei quali il tessuto imprenditoriale locale è divenuto dove disinteressato dove agonizzante, in una città che stando ai numeri forniti da “Landgeist.com”, uno dei più importanti siti internazionali che si occupa di variazioni demografiche, è la prima in Europa per calo demografico tra il 2015 e il 2020: -4,9%. Con gli ultimi due anni post Covid che possono solo aver acuito un dato che dovrebbe far saltare sulle sedie gli amministratori locali.

La situazione appare ancora una volta in alto mare. “Il bando per gli stadi dovrà essere rimodulato rispetto alla sua ultima pubblicazione, al momento però non abbiamo pensato ancora alla sua formulazione precisa”. Ad affermarlo è Massimo Finocchiaro, assessore allo Sport del Comune di Messina, intervenuto ai nostri microfoni.

“Sono tanti i lavori che nelle nostre intenzioni interesseranno gli impianti sportivi cittadini, tra “Franco Scoglio” e “Celeste”, in questo caso grazie anche ai fondi del PNRR. In più c’è la San Filippo Sport Valley. In questo momento quindi il bando, per quanto importante, non rappresenta una priorità”, ha aggiunto l’assessore.

Basile: “Non escludo colpi di scena”

Ma torniamo alle questioni sportive. Il Messina è stato consegnato da Sciotto nelle mani del sindaco Basile, chiamato a trovare imprenditori affidabili sul territorio e a tramutare eventuali dimostrazioni di interesse in offerte concrete. Tutto, dicevamo, in meno di un mese: il 20 giugno è la data fissata dalla Lega Pro per inoltrare la documentazione necessaria per l’iscrizione al prossimo torneo.

“Ci sono delle interlocuzioni in atto che al momento rimangono chiacchiere finché il tutto non sarà formalizzato in una offerta ufficiale. Ho avuto modo di confrontarmi venerdì con il presidente Sciotto, le cui intenzioni al momento sono quelle di vendere, ma non escludo colpi di scena”. A parlare è il primo cittadino di Messina, Federico Basile, nelle cui mani è stato simbolicamente rimesso il titolo dell’Acr. “So che alcuni gruppi imprenditoriali del passato sono tornati a farsi sentire, starà a lui valutare il quantum per la vendita del club al netto di eventuali posizioni debitorie. In questa settimana dovrebbero esserci novità, anche perché giugno è dietro l’angolo e le scadenze incombono”, ha aggiunto il sindaco.

Le parole del consigliere comunale Dario Carbone

Sul tema della vendita si è esposto anche il consigliere comunale in quota Fratelli d’Italia, Dario Carbone: “Chiedo al presidente Sciotto ed al sindaco Basile di giocare questa partita a carte scoperte perché la posta in palio è troppo alta e la parola d’ordine deve essere trasparenza: trasparenza sulla cifra richiesta per la vendita della Società; trasparenza su debiti e rapporti in essere; trasparenza su potenziali acquirenti ed interessati. Negli anni abbiamo subito troppe gestioni torbide e troppi personaggi loschi si sono avvicinati al Messina. Messina ed i Messinesi meritano un progetto serio ed ambizioso ed un Presidente che abbia alle spalle una realtà economica solida e verificabile”.

Il 5 giugno prossimo saranno trascorsi 19 anni dall’ultima volta in cui il Messina è stato promosso in serie A. 19 anni di impasse, delusioni e rare gioie sportive. Ma soprattutto anni di immobilismo che si spiegano bene in uno stato dell’arte di gattopardiana memoria in cui amministrazioni e presidenti cambiano affinché tutto resti com’è. In attesa del prossimo salvatore della patria da contestare. E mandare via.

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