Fisco, cinque arresti ad Augusta per una maxi frode - QdS

Fisco, cinque arresti ad Augusta per una maxi frode

redazione

Fisco, cinque arresti ad Augusta per una maxi frode

mercoledì 13 Novembre 2019

Sequestrati inoltre dalla Finanza fondi per quarantatré milioni di euro. Tutti i dodici indagati accusati di reati fiscali. La truffa gestita da due coniugi imprenditori. I prestanome arruolati nella mensa dei poveri

Sono dodici le persone indagate per le quali il Gip – nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Procura di Siracusa e di un’operazione condotta dalla Guardia di Finanza di Augusta – ha emesso provvedimenti cautelari e ha disposto sequestri, diretti o per equivalente, per 43 milioni 912 mila di euro, totale delle evasioni.

Gli indagati fanno parte di una rete di società responsabile di frodi fiscali nel polo industriale della città portuale del Siracusano e le indagini sono scattate nel 2017 da una verifica fiscale.

La maxi frode fiscale, secondo gli investigatori, sarebbe stata commessa da una consorzio di società che lavorano nel Polo industriale, attraverso l’acquisizione di appalti con forti ribassi, possibili grazie al mancato versamente di contributi, omesse dichiarazioni e false fatturazioni.

Tutti gli indagati accusati di reati fiscali

Tutti gli indagati sono accusati a vario titolo di reati fiscali con l’omessa dichiarazione, dichiarazione infedele, omesso versamento Iva, occultamento o distruzione di documenti contabili, omesso versamento di ritenute dovute o certificate, emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta, sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.

Ai cinque arrestati (due in carcere e tre ai domiciliari) sono contestati anche la falsità materiale commessa dal privato, (truffa), associazione a delinquere, sostituzione di persona e reati fallimentari.

Due coniugi imprenditori gestivano la truffa

In carcere sono finiti due coniugi imprenditori Isabella Armenia e Stefano Bele, considerati i promotori dell’organizzazione, e ai domiciliari Marilina Campis, Paola Garofalo e Michele Fisicaro.

Un obbligo di dimora per Daniele Parrino e un divieto di espatrio per Massimo Camizzi, considerato il factotum.

Provvedimenti interdittivi a vario titolo sono stati emessi nei confronti del commercialista Luigino Longo (divieto temporaneo dell’esercizio della professione); Angelo Tringa, Giovanni Platania, Roberto Giardina, Gesualdo Buono (divieto temporaneo di assumere cariche in persone giuridiche).

Secondo la Guardia di finanza le frodi hanno anche portato, su richiesta della Procura di Siracusa, al fallimento di alcune società: Nms Srl, Gap Srl, Cipis Srl, Clai Siracusana Srl, Mbf Srl.

La coppia di imprenditori aveva costituito un Consorzio di imprese che si aggiudicava appalti a prezzo ribassato per la manutenzione di impianti delle grandi aziende Lukoil, Versalis della zona industriale.

Il prezzo di aggiudicazione era competitivo perché il Consorzio non pagava imposte e contributi previdenziali.

Il lavoro veniva fatto svolgere dalle consorziate di turno e quando una società aveva raggiunto debiti tributari di considerevole importo veniva sostituita con un’altra impresa che utilizzava gli stessi operai e gli stessi mezzi.

Smantellato un sistema d’inquinamento del mercato

“E’ una risposta forte alla comunità – ha detto la procuratore di Siracusa, Sabrina Gambino -, abbiamo bloccato patrimoni costruiti in maniera illecita smantellando un sistema di inquinamento del mercato attraverso il ricorso alla violazione sistematica delle regole in materia di normativa economica finanziaria e gestione sana delle imprese”.

“Abbiamo assistito – ha aggiunto – all’alterazione di tutte le regole anche nei confronti dei lavoratori, in spregio ai diritti fondamentali. Anzi saranno proprio i dipendenti delle aziende che cercheremo di garantire in questa seconda fase”.

La Procuratore, chi doveva controllare non è stato attento

La procuratore ha evidenziato che le imprese avevano una consistente esposizione di debiti con l’Erario eppure forse chi doveva controllare non è stato attento.

“Siamo arrivati – ha aggiunto il comandante provinciale della Guardia di finanza, Luca De Simone – alla conclusione di una storia criminale a sfondo economico finanziario. Protagonisti due imprenditori che hanno organizzato una rete societaria che attraverso meccanismi complessi faceva sparire il debito fiscale e il debito previdenziale e consentiva l’arricchimento personale dei due imprenditori. La struttura era ben organizzata e ognuno aveva ruoli ben specifici: uno staff amministrativo, prestanome, faccendieri che tenevano comportamenti che hanno provocato l’alterazione del mercato”.

Prestanome arruolati nella mensa dei poveri

Scalpore ha suscitato nella conferenza stampa la notizia che a essere arruolate, attraverso un faccendiere, come prestanome erano persone indigenti che frequentavano la mensa della Caritas. Con cifre da cinquanta a duecento euro, ai poveri venivano intestate quote societarie o cariche di società, alcune delle quali risultano avere movimentato volumi d’affari di milioni di euro.

Gli ordini “criptati” attraverso canali social

Tramite canali “social” venivano dettate disposizioni in modo criptico, nel timore di essere “ascoltati” (whatsapp, skype). Era stata costituita a Malta una società di diritto locale allo scopo di emettere, dall’estero, fatture per operazioni inesistenti nei confronti di una delle società fallite che svuotava le proprie casse, per circa 3 milioni di euro, a esclusivo vantaggio della coppia.

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