Giorgio Zuffanti, ambizione e coraggio necessari per realizzare progetti importanti - QdS

Giorgio Zuffanti, ambizione e coraggio necessari per realizzare progetti importanti

Dario Raffaele

Giorgio Zuffanti, ambizione e coraggio necessari per realizzare progetti importanti

sabato 01 Febbraio 2020

Giorgio Zuffanti, architetto associato presso lo studio Gensler di New York. Usa, Paese di opportunità, ma serve entusiasmo e un po’ d’inconsapevolezza

Giorgio Zuffanti ha studiato Architettura a Siracusa, si è formato professionalmente in Cina, ma è stata soprattutto l’esperienza professionale negli USA che gli ha dato la consapevolezza delle proprie potenzialità. Subito dopo la laurea ha iniziato a lavorare per lo studio Area-17 di Shanghai e li si è ritrovato a lavorare in uno studio che si occupava principalmente di retail. In poco tempo è diventata una sorta di specializzazione lavorando per prestigiosi brands internazionali. Grazie a questa esperienza ha avuto la possibilità di viaggiare tanto e soprattutto di sviluppare una rete di contatti molto importanti che gli sono serviti per arrivare a lavorare per lo studio Gensler di New York. Una carriera impegnativa costruita attraverso le tanti notti in ufficio spese per seguire importanti progetti che gli hanno permesso di diventare Associato presso uno degli studi di Architettura più prestigiosi al mondo.

Gli interni dello Studio Gensler di New York

Gli interni dello Studio Gensler di New York

Di cosa ti occupi in particolare? Puoi spiegarci il tuo lavoro?
“Sono architetto-designer e mi occupo della progettazione di spazi commerciali-retail. Partendo dall’idea progettuale iniziale fino alla progettazione di negozi nuovi e nel rifacimento di spazi già esistenti. Un’idea di progettualità che deve rispondere e interpretare bisogni dell’aziende con il desiderio di creare nuove esperienze per i clienti. Una volta definito il progetto con il mio team, prendo contatto con i fornitori, seguo tutti gli aspetti economici nel rispetto del budget stabilito e del lavoro in cantiere. Il retail designer potrebbe essere definito come un esperto di architettura emotiva, capace di anticipare le esigenze di una azienda, dove il cliente è protagonista. è un lavoro molto stressante, ma anche divertente, dove tutto deve essere perfetto. Grazie al mio background internazionale ed alla mia rete di contatti mi occupo molto della relazione con il cliente e la gestione del progetto”.

Quando hai deciso di lasciare la Sicilia? È stata una decisione difficile? La tua famiglia ti ha incoraggiato?
“Vivere all’estero era un’esperienza che mi ero sempre prefissato di fare, dopo la laurea con un po’ di inconsapevolezza ma con grande entusiasmo sono partito per Shanghai. Era la mia terza esperienza in Cina ed era arrivato il momento di lasciare la Sicilia. è stata una decisione difficile, perché sentivo di dover dimostrare molto sul lavoro e soprattutto a me stesso di aver fatto la scelta giusta. Sono riuscito a trovare il mio spazio ed una mia dimensione in un Paese affascinante che mi ha dato veramente tanto. La mia famiglia e la mia compagna (oggi moglie) mi hanno supportato tantissimo e mi hanno incoraggiato sempre in ogni mia scelta”.

Quali sono le difficoltà che hai incontrato all’estero? Quali differenze hai riscontrato con la nostra Isola?
“Negli Stati Uniti ed in Cina si lavora moltissimo e c’è una grande differenziazione nelle competenze di un architetto e designer a differenza dall’Italia dove un architetto si occupa di tutto.
Gli Stati Uniti sono il Paese delle opportunità, ma ho dovuto studiare e lavorare intensamente per adattarmi alle loro metodologie a causa delle differenze nelle tipologie costruttive e nel sistema di misurazione. Sono riuscito ad investire sul mio lavoro e a costruire una famiglia con mia moglie Edvige e a New York è nata la nostra meravigliosa figlia Rebecca”.

Cosa manca in Sicilia per trattenere i suoi migliori cervelli?
“Non ho lavorato molto in Sicilia, mi sembra di capire che sia dura per i giovani architetti ed artisti. La nostra Sicilia è piena di storia e bellezza e dovrebbe sfruttare a pieno le proprie risorse e studiare modelli vincenti in giro per il mondo per poter iniziare a pensare in maniera diversa con l’ambizione e il coraggio di realizzare progetti importanti. Mi manca immensamente respirare la nostra storia ed il nostro patrimonio culturale”.

Ti senti di dare un suggerimento a un giovane che è sul punto di fare la tua stessa scelta?
“Ai giovani che ci vogliono provare consiglio un’università riconosciuta a livello internazionale o esperienze internazionali come workshop, un’inglese fluente e tanto coraggio. Il mercato lavorativo sta cambiando, soprattutto nel mio settore. Io consiglio sempre a tutti di partire, esplorare, mettersi alla prova con diverse culture, perché soprattutto per un architetto credo sia un’esperienza obbligatoria. Per crescere professionalmente serve una visione globale e multiculturale”.

Quali sono i tuoi obiettivi futuri?
“Difficile pensare al futuro, i tanti impegni del presente e tutti i progetti che devo realizzare sono cosi intensi che non mi danno tregua. Credo di aver creato una posizione molto favorevole nel mio studio, ho tante persone che credono nel mio lavoro e nelle mie capacità. Lo studio ha tantissimi uffici nel mondo, quindi non escludo altre tappe ed altre sfide nel mio lungo viaggio. Sicuramente ogni scelta futura sarà dettata dalla consapevolezza di dare le migliori opportunità a mia figlia”.

Pensi un giorno di riavvicinarti a casa?
“Al momento la mia vita è qui, a New York. Non riuscirei ad immaginare di tornare in Italia perché mi sono formato professionalmente all’estero e credo che mi sarebbe impossibile lavorare come sto facendo ora. Per fortuna la mia famiglia mi dà la forza per continuare ad andare sempre avanti”.

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