Inflazione in calo, mutui in forte risalita. A fine anno compravendite giù del 10,7% - QdS

Inflazione in calo, mutui in forte risalita. A fine anno compravendite giù del 10,7%

redazione

Inflazione in calo, mutui in forte risalita. A fine anno compravendite giù del 10,7%

Michele Giuliano, Patrizia Penna e Adriano Zuccaro  |
martedì 11 Luglio 2023

Notariato: “Ma dal territorio risposte diversificate. Il 2023 è partito bene a Palermo, Bari, Torino e Bologna”

Domani alle ore 15, nella sala Caduti di Nassiriya a Palazzo Madama, il Partito democratico presenterà il Ddl “Rinegoziazione mutui ipotecari”. È questa la prima “risposta” della politica al problema della fiammata dei mutui che sta mettendo a dura prova le famiglie italiane, costrette a far fronte a rate più salate per effetto del rialzo dei tassi di interesse.

sStretta monetaria voluta dalla Banca centrale

La stretta monetaria voluta dalla Banca centrale seppure appaia l’unica via da percorrere per raffreddare l’inflazione, sta obiettivamente creando effetti collaterali che secondo alcuni appaiono addirittura peggiori della malattia che la stessa Bce sta provando a curare. Qualche segnale incoraggiante, intanto, è arrivato: dal +7,6% di maggio, l’inflazione in Italia ha registrato a giugno un +6,4% su base annua. Ma sappiamo tutti che per sgonfiarsi, all’inflazione servirà l’intero 2024.
Secondo quanto riportato dalla Fabi (Federazione Autonoma Bancari Italiani), a fine aprile in Sicilia c’erano quasi 1,3 miliardi di crediti deteriorati. Di questi, 549 milioni, cioè il 42,6% del totale, si riferiscono a rate di mutui non pagate.

Numeri allarmanti che finiranno con il produrre effetti negativi sul mercato immobiliare. Bisognerà adesso capire di quale entità saranno tali effetti.
Sulla base di uno studio statistico a cura del Consiglio Nazionale del Notariato, per il 2023 ci si aspetta un calo del mercato immobiliare del 10,7% rispetto al 2022. La riduzione è generalizzata su prime e seconde case, sia da acquisto tra privati sia da impresa ma i dati nello specifico evidenziano importanti differenze.
Il Notariato ha presentato una prima ricognizione effettuata in 9 grandi città italiane in merito alle seguenti tipologie di atti: mutui, surroghe, compravendite di fabbricati abitativi.
Le città prese in esame sono: Roma, Milano, Napoli, Bari, Bologna, Torino, Palermo, Verona, Firenze.
Dal campione emerge un crollo generalizzato dei mutui, mentre il “calo” delle compravendite di fabbricati abitativi è molto diversificato sul territorio: sebbene a livello nazionale il calo sia del 2,7%, province come Bari, Bologna, Torino e Palermo mostrano valori in controtendenza attestandosi a variazioni positive rispetto al primo bimestre 2022.

A Palermo nei primi due mesi del 2023 si è registrato un aumento complessivo del 2,11% delle compravendite di abitazioni rispetto allo stesso periodo del 2022. A risentirne maggiormente sono state le compravendite di seconde case da imprese che registrano una diminuzione del -31,25% nel primo bimestre 2023 rispetto al primo bimestre 2022, seguite da quelle di prima casa da impresa (-20%) e da quelle di prima casa fra privati (-3,99%). Da segnalare in controtendenza il trend delle compravendite di seconde case da privati che aumenta del 14,64% nei primi due mesi 2023 rispetto ai primi due mesi del 2022. I mutui per l’acquisto della casa nei primi due mesi del 2023 sono diminuiti del -26,54% rispetto allo stesso periodo del 2022. Anche le surroghe sono calate del 33% nel primo bimestre 2023.

Nel 2022 calo delle compravendite immobiliari del 5,69%

I numeri del 2022 ci dicono che il mercato delle compravendite di abitazioni ha registrato un calo del 5,69%. In particolare, nel 2022 sono state rilevate 589.486 compravendite rispetto alle 628.137 rilevate nel 2021. Si trovano al Nord i maggiori volumi di transazioni, con la Lombardia in testa (19,31%), seguita da Piemonte (9,12%) e Veneto (9,09%). La Sicilia si ferma al 6,31%. L’aumento maggiore in termini percentuali rispetto al 2021 si è registrato in Calabria (+ 9,41%) e in Basilicata (+8,33%). è la Puglia invece il fanalino di coda delle transazioni (-8,07%).

Gli under 36 trainano il mercato immobiliare

La fascia d’età tra i 18-35 anni è quella da cui nel 2022 è stato effettuato il maggiore acquisto di fabbricati (28,57% del totale), registrando anche una leggera crescita rispetto al 2021. Nel corso del 2022 l’acquisto di abitazioni è stato fatto usufruendo delle agevolazioni prima casa nel 53.12% dei casi (nel 2021 la quota era pari al 56,05%). Così come negli anni precedenti, la maggior parte delle compravendite viene effettuata tra privati (86,58% del totale), mentre l’acquisto da imprese rappresenta solo il 13,41%.

Il Notariato scrive che l’anno 2022 ha prodotto importanti numeri assoluti quanto a operazioni effettuate, addirittura superiori a quelli rilevati negli anni immediatamente precedenti gli eventi pandemici, registrandosi però una lieve flessione rispetto al 2021, e sottolinea che ciò è “naturale conseguenza dei riflessi sull’economia mondiale della crisi russo-ucraina dal mese di febbraio”.

Altro nucleo fondamentale riguarda il tema mutui

Il 2022 vede, soprattutto nell’ultima parte dell’anno un rallentamento dei mutui destinato sicuramente a protrarsi anche per tutto il 2023. Nonostante, infatti, i numeri dell’anno si siano dimostrati ancora superiore a quelli registrati pre-pandemia (con più di 435.000 mutui registrati nel 2022, a fronte di circa 396.000 nel 2019) abbiamo assistito ad una prima battuta d’arresto rispetto al 2021, anno in cui erano stati registrati oltre 448.000. Il calo annuo (di circa il 5%) trova la propria genesi soprattutto nell’ultima parte dell’anno, periodo nel quale si sono verificati i primi forti aumenti dei tassi di interesse tanto a livello Europeo, quanto a livello Globale. Infatti, i dati del 2022 mostrano un calo medio del secondo semestre del 13% rispetto al primo semestre, segno che la prima parte dell’anno aveva fatto registrare perfino una crescita rispetto all’anno precedente, che poi si è persa.

Per un mutuo a tasso fisso di 200mila € rata mensile a 1.340 € per vent’anni

Da una parte i soldi nei conti correnti non fruttano praticamente nulla, dall’altra pagare la rata del mutuo sta diventando di mese in mese sempre più oneroso. Una morsa che sta stritolando le famiglie siciliane, in un territorio in cui l’occupazione è debole e molti dei nuclei familiari sono monoreddito. Una condizione che nasce dal rialzamento dei tassi d’interesse da parte della Bce, la Banca centrale europea. Una mossa comunque necessaria per dare un freno all’inflazione, ma che ha messo molte famiglie, che avevano contratto negli anni scorsi mutui bancari a tasso variabile, in enorme difficoltà. Ne ha parlato con grande preoccupazione Carmelo Raffa, coordinatore Fabi Sicilia, la Federazione autonoma bancari italiani.

Fabi ha effettuato uno studio sul settore, dal quale si evince che a breve il tasso Bce lieviterà al 4,25%, aumenteranno ulteriormente le difficoltà per le famiglie e per le imprese.

Un esempio pratico: un’automobile a rate del costo di 25.000 euro, con un finanziamento decennale a un tasso del 13,65%, verrebbe a costare 9.800 euro in più. Per chi si trova adesso ad avere la necessità di accendere un nuovo mutuo, si troverebbe uno scenario futuro proibitivo: le rate di quelli a tasso fisso raddoppiano, mentre per quelli a tasso variabile il rimborso mensile salirebbe del 60-70%. Per un mutuo ventennale a tasso fisso di 200 mila euro, con un tasso medio applicato dalle banche che, secondo le stime, è superiore al 6%, la rata mensile sarebbe di 1.340 euro, mentre per un mutuo di 100 mila euro la rata sarebbe di 627 euro. Per i vecchi mutui, nessuna differenza per le rate a tasso fisso, mentre per quelli a tasso variabile aumenti fino al 75%.

Una differenza che incide in maniera sostanziale in un bilancio familiare: “I governanti europei – dice Raffa – decidono aumenti su aumenti e le loro decisioni in materia colpiscono duramente le persone e le imprese più deboli. In Sicilia e nel meridione l’occupazione è debole e la maggior parte delle famiglie vive con un monoreddito”.

Nel contempo, conclude il coordinatore Fabi Sicilia, “si nota l’erosione dei risparmi bancari perché le banche continuano a lucrare sui tassi d’interesse praticati ai correntisti, che pertanto nei fatti subiscono una perdita secca in termini di svalutazione sulle somme depositate. Si auspica che le banche, a cominciare dai colossi, si decidano a riconoscere ai clienti ciò che è giusto superando metodi fortemente iniqui e penalizzanti”.

Mettere un freno all’andamento attuale sembra però piuttosto difficile, e non ci sono altre strade percorribili in una prospettiva a breve o medio termine. Per molti anni i tassi di interesse, guidati dai tassi Bce in Europa e dai tassi della Federal Reserve in Usa, sono stati bassissimi. In contemporanea, anche l’inflazione è stata bassa e l’economia è cresciuta, proprio perché i tassi molto bassi hanno permesso gli investimenti produttivi delle imprese. Ad oggi, sia tassi che inflazione sono balzati verso l’alto, e le cause sono molte, a partire dalla ripresa post-pandemia, a cui si è aggiunta la difficoltà di reperimento dei prodotti e il rialzo dei costi energetici. Per mantenere la stabilità economica e cercare di attenuare questa corsa al rialzo, le Banche Centrali hanno dovuto ricorrere al rialzo dei tassi d’interesse, che permettono di mettere un freno all’inflazione. Christine Lagarde, presidente della Bce, comunicando l’intenzione di alzare nuovamente i tassi, ha chiarito come il 49% dell’inflazione dipende dalle aziende. Il meccanismo è semplice: alzando i tassi d’interesse aumenta il costo del denaro. Si scoraggia quindi l’accesso al credito e si incoraggia il risparmio. Le aziende saranno quindi portate ad aumentare i prezzi a un ritmo più lento, o ad abbassarli per stimolare la domanda. (mg)

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