Inflazione, il Governo guadagna 600 miliardi - QdS

Inflazione, il Governo guadagna 600 miliardi

Carlo Alberto Tregua

Inflazione, il Governo guadagna 600 miliardi

sabato 21 Ottobre 2023

Vendere gli immobili pubblici

Il governo Meloni e il suo ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, sono stretti nella morsa che ha messo in atto l’Unione europea ripristinando senza alcun tentennamento il cosiddetto Patto di stabilità a partire dal prossimo anno.

Sono infatti terminati quegli eventi straordinari, come Covid e altri, che hanno consentito di allargare a dismisura i cordoni della borsa della spesa pubblica e che hanno fatto decollare il debito pubblico italiano, che corre velocemente verso i tremila miliardi.

Presidente del Consiglio e ministro dell’Economia hanno impostato il disegno di legge sul bilancio 2024 in maniera prudente, destinando l’indebitamento alle fasce più deboli ed eliminando agevolazioni inappropriate, come Quota pensioni 103 e altre.
La legge di bilancio ora deve essere valutata e approvata dal Parlamento, ricevere il benestare dalla Commissione Europea e quindi – se tutto va bene – entrare in vigore col prossimo primo gennaio, approvata in anticipo.

In questo scenario, quasi nessun comunicatore di media, a prescindere che sia giornalista o meno, ha spiegato all’opinione pubblica – martoriata da tante negatività – il grandissimo vantaggio che l’inflazione degli anni 2020/2021/2022 ha portato alle casse dello Stato. Di che si tratta? Cerchiamo di spiegarvelo in due parole.

Si tratta della decurtazione in termini reali del debito che lo Stato italiano ha nei confronti dei possessori dei Buoni Poliennali del Tesoro e di altri simili. È vero che sul piano nominale deve restituire la stessa quantità di denaro alla scadenza di tali Titoli, ma è anche vero che il valore di tale denaro è stato tagliato in una misura oscillante fra il venti e il venticinque per cento, che è la somma dell’inflazione dell’anno 2020 (undici per cento), 2021 (cinque per cento), 2022 (cinque per cento) e 2023 (tre o quattro per cento).

Se calcolate tale percentuale sui circa tremila miliardi di debito che ha lo Stato italiano, avrete rapidamente la cifra sommaria di circa seicento miliardi, che è appunto il vantaggio che sta avendo. Tale vantaggio, che non si vede concretamente, dovrebbe essere trasformato in un vantaggio effettivo, ma così non è.

In questo quadro, bisogna fare presente che vi è una controindicazione e cioè che lo Stato italiano dovrà pagare interessi sui Buoni del Tesoro/inflazione maggiorati appunto di quest’ultima. Ma non c’è alcuna proporzione perché tali interessi maggiorati assommeranno a qualche decina di miliardi, sempre svalutati, contro i circa seicento cui prima si accennava.

Sembra il gioco del tre oro e tre oro, ma non lo è, ecco perché stiamo cercando di chiarire tale scenario, che è rimasto nascosto non si sa bene perché.
Ripetiamo, se lo Stato si comportasse in modo responsabile e deciso, cercherebbe di trarre vantaggio da questo minor valore effettivo del suo debito, per trasformarlo in crescita sociale ed economica, quest’ultima misurata, come è noto, con il Prodotto interno lordo (Pil).

Così non accade e quindi i circa seicento miliardi oggetto del presente commento non produrranno alcun beneficio ai conti dello Stato, mentre produrrebbero vantaggi a qualunque debitore in queste condizioni.

Il debito pubblico italiano, che è il secondo fra i ventisette Paesi dell’Unione europea, dopo quelle greco, continua a oscillare intorno a 140 per cento del Pil e impedisce di fare quelle manovre di crescita indispensabili per aumentarlo. La cosa è molto grave perché comunque la crescita di tale debito dovrebbe essere fermata in modo da liberare risorse attraverso l’avanzo primario da destinare alla crescita.

Come è noto, l’avanzo primario è la differenza fra le entrate e le uscite nel Bilancio dello Stato, senza conteggiare gli interessi sul debito pubblico, i quali onerano fra gli ottanta e i novanta miliardi all’anno. Per conseguenza, un governo efficiente dovrebbe puntare a un drastico taglio di tali interessi attraverso un drastico taglio del debito pubblico.
Come? L’abbiamo scritto più volte, per esempio attraverso la vendita del patrimonio immobiliare, che era stimato in quattrocento miliardi, ma che con l’inflazione oggi forse vale nominalmente cinquecento miliardi. Difficile da farsi? Certo, ma si può fare.

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