Il lento caffè della domenica - QdS

Il lento caffè della domenica

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Il lento caffè della domenica

Giovanni Pizzo  |
domenica 18 Giugno 2023

Puoi sfogliare con calma più di un giornale, carta che profuma d’inchiostro, con lentezza giri le pagine, guardi i titoli. Il commento di Giovanni Pizzo.

Domenica è sempre domenica. Puoi svegliarti più tardi, sei stanco dal logorio della vita moderna, dall’inseguimento del paradigma lavoro, guadagno, spendo, dalla dipendenza social, dai like e dai bytes. Puoi sfogliare con calma più di un giornale, carta che profuma d’inchiostro, con lentezza giri le pagine, guardi i titoli, le locandine dell’interesse, e poi approfondisci, leggi con una cura che la settimana ordinaria non ti può consentire.

Pensi immediatamente, seduto a quel caffè francese in pieno centro a Palermo, davanti ad una tazza di French coffee, di essere un privilegiato. Intanto riesci ancora a leggere in un mondo pieno di frastuono, di parole noise, che spuntano e sputano fuori da tablet e smartphone cinesi.

Tu puoi leggere, pensi, non tutti lo possono fare, la velocità della globalizzazione, la semplificazione dei linguaggi codice, l’ignoranza senza speranza, non consentono questo privilegio da nome della rosa di Eco.

Non se lo possono permettere né gli ucraini bombardati da Putin, e dai social di Zelensky, e nemmeno i russi moscoviti a cui la censura chekista non consente punti di vista. Non se lo possono permettere i milioni di persone ammassate nell’Africa subsahariana, che spinti da istinti di sopravvivenza cercano di sbarcare nella falsa Mecca occidentale.

E nemmeno i cinesi a cui tutto viene omogeneizzato dal vero attore del movimento del potere globale. In fondo non se lo possono permettere nemmeno i giovani americani, a cui un paio di rivoluzioni, quella di indipendenza dagli inglesi e quella di dipendenza da Elon Musk, non hanno consentito una cultura del sapere che solo i millenni danno.

Seduto in quel caffè, sfoglio pagine sospinte da una brezza scioccata, e mi imbatto in Concita De Gregorio, originaria della Sicilia, da parte di nonno, come me, ma romana apostolica. È suggestivo il suo parallelismo fra due Chiese, quella ambrosiana e quella bolognese, fra due funerali di due note famiglie, quella berlusconiana e quella prodiana. Due famiglie e due chiese, un arcivescovo di Benedetto ed un cardinale di Francesco.

Due defunti opposti, di chi cerca la sfida alla vita, e chi la rammenda, di chi sta con i vincenti della terra, e chi con gli ultimi. Due chiese che solo in un principio divino sono urbi et orbi, in quello terreno sono distinti e distanti. Due chiese divise, come diviso è il Paese, spaccato a metà, tra opposte visioni e quindi fazioni, con in mezzo un mare di agnostici, indolenti, spesso ignoranti.

Che come il pendolo di Foucault, l’ostinato Eco torna sempre come un reflusso esofageo, oscillano in un moto permanente che fa rimanere sempre, quasi, fermo il Paese. Un eterno muoviti fermo, che noi siciliani conosciamo da secoli immemorabili. È brava Concita, oggi più di ieri, siciliana e spagnola, d’altra parte e d’altro modo. Il nostro todo modo.

Così è se vi pare.

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