Luca Parmitano: “Nessun confine, soltanto orizzonti. E il coraggio di superare ogni tipo di ostacolo” - QdS

Luca Parmitano: “Nessun confine, soltanto orizzonti. E il coraggio di superare ogni tipo di ostacolo”

redazione

Luca Parmitano: “Nessun confine, soltanto orizzonti. E il coraggio di superare ogni tipo di ostacolo”

Gino Morabito  |
sabato 16 Settembre 2023

Le missioni nello spazio, la Terra vista da lontano e quella voglia inesauribile di continuare a esplorare e scoprire

CATANIA – Una carriera straordinaria, trascorsa a guardare il mondo da un luogo privilegiato, lo spazio. Una dimensione che spesso fornisce la possibilità di ammirare la bellezza nella sua interezza, lontana dai problemi che spesso la macchiano o da inutili divisioni che a volte la nascondono.

Luca Parmitano e le sue missioni come astronauta dell’Esa (European space agency) hanno lasciato a bocca aperta gli adulti e ispirato i sogni dei bambini, quelli che dopo averlo visto in tv hanno iniziato a dire ai genitori che, da grandi, sarebbero voluti diventare astronauti. Viaggiatori delle stelle.

Nel febbraio 2011, ha partecipato alla sua prima missione, assegnato come ingegnere dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) alla Stazione spaziale internazionale. Durante Volare, questo il nome della Missione, ha trascorso 166 giorni nello spazio portando avanti oltre 20 esperimenti e prendendo parte a due attività extra veicolari e all’attracco di quattro navette. Poi è stato assegnato alla Stazione spaziale internazionale, assumendo anche il ruolo di Comandante della Stazione spaziale per la Spedizione 61. Infine, la missione Beyond, con il supporto a oltre cinquanta esperimenti europei e duecento esperimenti internazionali nello spazio. Un totale di 366 giorni non cumulativi in orbita.

Una carriera, dunque, che si è affermata grazie a Volare, che rimanda inevitabilmente alla mente “Nel blu dipinto di blu” di Domenico Modugno, quasi un inno popolare per il nostro Paese. “Modugno – dice Parmitano – era un sognatore come Lennon e i sognatori sono quelli che vedono prima e più lontano degli altri. Noi possiamo solo imparare da questi pionieri che riescono a guardare ben oltre il visibile. Quella missione è stata battezzata Volare, un nome che racchiude molti punti di riferimento della mia vita e che, proprio mentre ammiravo la Terra sconfinata sotto i miei occhi, si è arricchito di un ulteriore significato, legato a una figura che mi è particolarmente cara: l’aviatrice americana Amelia Earhart, la prima donna a compiere in volo la traversata atlantica. Diceva sempre che ‘volare significa nessun confine, solo orizzonti’”.

In che modo può essere descritto il mondo visto da lassù?
“Si ha il senso di fragilità del pianeta Terra, con la sua atmosfera sottilissima, e dell’incredibile bellezza di questo gioiello sospeso nel velluto nero dello spazio”.

Un sogno, quello di diventare astronauta, diventato realtà…
“Il sogno è quello che mettiamo nel cassetto sapendo che si tratta di qualcosa inarrivabile. Ogni tanto, poi, riapriamo quel cassetto e ci assicuriamo che il nostro sogno sia ancora lì, che non abbia perso la sua luce. Tutto ciò che è al di sotto del sogno può diventare un progetto realizzabile. Esiste un percorso, per quanto difficile e improbabile, che ci permette di raggiungere il nostro obiettivo”.

Sembra, per certi aspetti, che gli astronauti abbiano riconquistato l’immagine degli esploratori. Cosa ne pensi?
“Per la verità, anche sulla Stazione spaziale, noi riteniamo di essere sempre degli esploratori. Nonostante siamo solo a 400 chilometri d’altezza vicino alla Terra, ci troviamo in condizioni estreme per la fisiologia umana e abbiamo a che fare con tecnologie d’avanguardia, al fine di poter compiere ricerche impossibili sul nostro pianeta”.

Operazioni mirate anche alla formazione per i futuri sbarchi lunari?
“Sulla Iss continuiamo a svolgere il lavoro fatto negli ultimi anni, in particolare dal 2012, quando sulla base orbitale l’equipaggio è passato da tre a sei unità. Gli obiettivi rimangono sempre quelli tradizionali della ricerca scientifica e della sperimentazione tecnologica in numerosi campi, soprattutto utili per la vita sulla Terra”.

La visione dello spazio sta cambiando rispetto alle nostre idee del passato?
“L’attenzione necessaria che si dedica alle attività cosmiche, per permettere all’Umanità di avere un approccio di lunga durata nell’esplorazione spaziale, è sinergica agli sforzi sempre più rilevanti per conservare l’habitat terrestre e arrivare a un utilizzo ponderato delle risorse a disposizione, aumentando la consapevolezza dei rischi per l’ambiente dove viviamo”.

Quindi la conoscenza ricavata dalle missioni spaziali può essere preziosa, per trovare risposte ai problemi terrestri?
“Ma ci sono anche aspetti sviluppati sulla Terra applicabili in orbita. Sempre di più, insomma, deve essere un circolo virtuoso nei diversi settori: dalla biomedicina, alla psicologia, alla scienza dei materiali. Dobbiamo alimentare una contaminazione delle conoscenze superando le divisioni che oggi ancora permangono nelle diverse discipline. Il senso della sfida è sempre il medesimo: avere un ostacolo davanti e pensare di non riuscire a superarlo. Il coraggio è provarci comunque”.

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