Messina, Portella Arena non smette di fare paura - QdS

Messina, Portella Arena non smette di fare paura

Lina Bruno

Messina, Portella Arena non smette di fare paura

giovedì 05 Marzo 2020

L’area dell’ex discarica è fortemente inquinata da decenni di stoccaggio di rifiuti e percolato. Nessuna mitigazione ambientale è stata avviata dal 1998, data dello stop al conferimento

MESSINA – Una contaminazione, certificata adesso da un’ordinanza molto restrittiva emanata dal sindaco Cateno De Luca, ma che era ben nota da tempo. L’area dell’ex discarica di Portella Arena è fortemente inquinata da decenni di stoccaggio di rifiuti, dal percolato che ancora viene prodotto dall’acqua che si insinua tra i rifiuti e trascina con sé tutti i veleni.

È inquinato il terreno e sono inquinate le falde acquifere. Un danno incontrollato per la salute, irreparabile per l’ambiente a cui si sta cercando di mettere un argine con la messa in sicurezza e, dopo il completamento del monitoraggio e del Piano di caratterizzazione, con le bonifiche. Ma servono ingenti risorse che devono essere, per buona parte, recuperate.

L’assessore dell’Energia e dei Servizi di pubblica utilità Alberto Pierobon, durante un sopralluogo effettuato venerdì, ha promesso, nei limiti della disponibilità, l’intervento della Regione, ma ha anche proposto il coinvolgimento dell’Ispra con un intervento dell’Istituto anche per reperire finanziamenti. Ci sono le relazioni che parlano di “contaminazione di acque sotterranee e di terreni, conseguente al rilascio di inquinanti presenti nei rifiuti” e che testimoniano la condizione di criticità ambientale delle aree circostanti all’ex discarica di Portella Arena, da circa 20 anni in gestione post operativa.

Nessuna mitigazione ambientale è stata effettuata dal 1998, quando si è smesso di conferire rifiuti, almeno ufficialmente, perché in quella discarica, anche dopo la chiusura, si è continuato a buttare di tutto. L’ordinanza vieta qualsiasi attività che non sia legata agli attuali interventi di messa in sicurezza. Quindi niente “attingimento acque di ruscellamento e superficiali, prelievo di acque sotterranee, pascolo e le ulteriori attività silvopastorali, produzione e raccolta di prodotti agroalimentari, compresi i foraggi, caccia, raccolta funghi, piante edibili e lumache”.

Un anno fa, è stata necessaria un’altra ordinanza del sindaco De Luca perché si creasse un sito di stoccaggio per il percolato che continua a scorrere, alimentato paradossalmente in questi anni anche da acqua di sorgente. A monte del sito scelto nel 1972 per il conferimento dei rifiuti della Città dello Stretto e di altre decine di comuni della Provincia, infatti, c’è un bottino di presa e una raccolta d’acqua di sorgente censita già dal 1937, con una portata che va dai trenta ai cinquanta metri cubi al giorno. Acqua pulita, convogliata in una tubazione abusiva, che si trasforma in veleno dopo avere attraversato quei cinquanta metri di ammasso di rifiuti, depositati senza nessuna impermeabilizzazione del terreno sottostante.

Lo hanno scoperto i tecnici del Comune in uno dei sopralluoghi propedeutici agli interventi in corso, la cui prima fase si dovrebbe concludere entro aprile, e che riguardano il consolidamento del terreno e la messa in sicurezza della base della discarica. Il percolato prodotto è raccolto in serbatoi e trasportato da MessinaServizi in un impianto di smaltimento, ma sono allo studio soluzioni alternative.

È in corso di redazione anche un piano preliminare di caratterizzazione per meglio conoscere quei circa undici ettari, con un bacino imbrifero di 38 ettari e mezzo che raccoglie le acque che vanno a confluire in discarica. La parte sommitale negli anni 2000 fu interessata da lavori di messa in sicurezza d’emergenza fatti da Prefettura e Genio civile, che però non hanno superato il collaudo, quindi si dovranno effettuare ulteriori interventi per di ridurre il più possibile l’apporto di inquinanti in falda, al di fuori della discarica. Da una prima valutazione inserita nello studio di fattibilità è stata prevista una spesa di 3 milioni 980 mila euro, ma ci potrebbero essere delle variazioni alla luce delle risultanze del piano di caratterizzazione.

Il passo successivo sarà la messa in sicurezza permanente per la quale sono necessari ingenti investimenti, difficili da quantificare perché il Piano di monitoraggio non è ancora ultimato.

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