Messina, un Policlinico con ampie possibilità di miglioramento - QdS

Messina, un Policlinico con ampie possibilità di miglioramento

Lina Bruno

Messina, un Policlinico con ampie possibilità di miglioramento

martedì 25 Aprile 2023

Le criticità, ma soprattutto i margini di crescita dall’Aou Martino nelle parole del commissario straordinario Giampiero Bonaccorsi: “Potenzialità enormi e difficoltà che devono essere risolte”

MESSINA – Arrabbiato per criticità cui non può dare risposte e in particolare per le liste d’attesa lunghissime: “Non posso essere chiamato a fare tutto quello che non fanno gli altri, devo potere assumere più persone”. Non gli vanno giù le promesse non mantenute (“non ho avuto consegnati i 16 posti di terapia intensiva Covid e non ho avuto ancora consegnato il Pronto soccorso del mio ospedale, che doveva servire per il Covid”) ma è fiducioso per le tante potenzialità inespresse che ha trovato nel nosocomio di viale Gazzi, dove è arrivato nel 2020, in piena pandemia. A tre anni dal suo insediamento all’Aou Gaetano Martino, il commissario straordinario Giampiero Bonaccorsi, traccia con il QdS un bilancio della sua esperienza a Messina. Dal rapporto con sindacati e Università all’ascolto del personale, fino alle mediazioni con l’assessorato alla Salute per superare anomalie, tra queste quella che impediva la stabilizzazione di infermieri e Oss.

“Scontavamo – spiega – il mancato allineamento tra dotazione organica e il tetto di spesa. In sostanza, pur avendo i posti in organico non potevo assumere a tempo indeterminato. Dopo le proteste si è arrivati alla correzione dell’errore di cui nessuno evidentemente si era accorto e abbiamo stabilizzato 138 persone che saranno l’ossatura futura di questo ospedale”.

Che tipo di situazione ha trovato a Messina?
“Buona perché ci sono tanti margini di miglioramento. Sono tuttora stupito dopo tre anni delle realtà positive e sconosciute che ci sono qui. Su questo ‘buono’ non conosciuto va fondato il futuro di questa azienda, che ha potenzialità enormi e difficoltà di base che devono essere risolte. Il confronto con l’Università, che è costante, è qualcosa che deve servire da volano e non come un peso. Il rettore Salvatore Cuzzocrea ha un carattere forte come il mio e c’è un sano dialogo, a volte dialettico, ma troviamo sempre un punto d’incontro. Non sarei riuscito a fare tante cose senza il suo appoggio”.

Qual è punto di forza nel rapporto con UniMe?
“Gli aspetti scientifici della ricerca sono straordinari. I centri di riferimento per le malattie rare per esempio, ne abbiamo come azienda una trentina ed è una cosa importante. Le malattie rare sono una di quelle realtà che per gli alti costi sono spesso marginali e invece vanno tenute in considerazione. Qui abbiamo la ricerca e siamo all’avanguardia a livello mondiale. Riusciamo a seguire percorsi che diversamente non si potrebbero portare avanti”.

Le risorse che vengono dall’Università compensano quelle mancate dalla Sanità?
“Il rettore in questo ci ha aiutato: hanno fatto delle sale operatorie, stanno comprando una risonanza magnetica e una tac che non avrei potuto avere con le mie risorse. Sono molto più attento agli aspetti umani dell’assistenza. Le attrezzature sono importanti, i luoghi pure e la preparazione è fondamentale, ma c’è quel quarto elemento che deve essere prioritario e cioè la tutela e l’attenzione verso il paziente. Se i miei lavorano male perché sono in una situazione disagiata questa attenzione viene meno. Abbiamo molto contenzioso che nasce da attriti personali. In alcune situazioni i miei non hanno avuto la possibilità di fare serenamente il loro lavoro e il mio compito è anche assicurare loro serenità. Se non riesco a dare risposte è difficile, non soltanto gestire ma guardare negli occhi i miei che giorno e notte sono lì”.

Cosa va cambiato?
“L’offerta sanitaria. Si parla dell’ospedale di Barcellona, di Lipari e altre realtà, si deve fare chiarezza su cosa quelle strutture devono fare. Perché se fanno tutto devono avere risorse per fare tutto, ma se devono essere limitate nell’offerta bisogna dirlo. C’è un grande dibattito sui punti nascita. Siamo tutti favorevoli a mantenere i punti nascita aperti, ma ci sono le risorse per tenere personale specializzato e attrezzature all’avanguardia? Tutti possono nascere a casa se non ci sono problemi, ma se c’è un problema è opportuno nascere in un posto dove ci sono professionisti, dove c’è una rianimazione, tutto un contorno che non ci può essere in un punto nascita con cinquanta parti l’anno. Non si potrà mai garantire quella sicurezza che assicura un ospedale. Sono scelte impopolari, ma vanno dette chiaramente. Dall’assessorato regionale ci viene detto di ridurre del 25% la spesa. Pago meno? Non compro i dispositivi? Da 3 milioni di euro di costi energetici siamo passati a 10 milioni. Che si dica cosa deve fare l’ospedale e cosa il territorio, ma non di risparmiare”.

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