L'operazione negli Usa contro Cosa nostra, chi faceva da "ponte"

L’operazione negli Usa contro Cosa nostra, chi faceva da “ponte” dalla Sicilia e le estorsioni a New York

Filippo Calascibetta

L’operazione negli Usa contro Cosa nostra, chi faceva da “ponte” dalla Sicilia e le estorsioni a New York

Redazione  |
mercoledì 08 Novembre 2023

Sarebbe Francesco Rappa, storico capomafia della famiglia di Borgetto il "ponte" fra Cosa nostra palermitana e Cosa nostra americana

È arrivato dalla Sicilia, in particolare dal clan di Borgetto, la soluzione a un problema che i Gambino, storica famiglia mafiosa americana, avevano con un imprenditore di New York. È uno dei dettagli che emerge dall’indagine sui rapporti fra Cosa nostra palermitana e quella oltreoceano, coordinata dalla Dda di Palermo e condotta da Squadra Mobile, Sco e Fbi, e che ha portato al fermo di 17 persone tra Palermo e New York.

Un “problema” legato al pagamento del pizzo e di cui i Gambino avrebbero interessato un anziano capomafia di Borgetto che avrebbe inviato a New York un suo affiliato “per risolvere la questione”. “Questo – sottolinea in conferenza stampa Valentina Crispi, direttore Sisco Palermo – mostra il peso che la famiglia di Partinico ha anche in America”.

Il ruolo centrale del clan di Borgetto: ecco chi è il boss

Sarebbe Francesco Rappa, 81 anni, storico capomafia della famiglia di Borgetto il trait d’union fra Cosa nostra palermitana e Cosa nostra americana. Il suo nome è fra i sette fermati nell’ambito dell’inchiesta della Dda condotta dalla Squadra Mobile, Sco e Fbi, tra il capoluogo siciliano e New York.

Altre 10 misure restrittive sono state eseguite dall’Fbi a New York nei confronti di altrettanti soggetti indagati per associazione a delinquere, estorsione, incendio doloso, cospirazione e turbativa d’asta. Rappa, reggente della famiglia mafiosa di Borgetto, del mandamento di Partinico, sarebbe il garante dei collegamenti con Cosa nostra americana, fra cui la famiglia Gambino di New York. Il figlio Gabriele, 55 anni, risiede negli Stati Uniti.

Gli altri sei fermati sono: Giacomo Palazzolo, 77 anni, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Borgetto; Giovan Battista Badalamenti, 69 anni, membro della famiglia di Torretta, avrebbe garantito i collegamenti con Cosa nostra americana grazie anche alla sua residenza negli Stati Uniti; Salvatore Prestigiacomo, 50 anni, nipote di Giovan Battista Badalamenti; Isacco Urso, 40 anni; Maria Caruso, 39 anni, moglie di Urso; Salvatore Prestigiacomo, 54 anni.

Le principali attività criminali messe in atto a New York

L’attività investigativa del Federal Bureau of Investigation, che ha dato origine al blitz Polizia di Stato-Fbi che ha colpito le famiglie mafiose a Palermo e New York, in particolare hanno documentato una variegata serie di condotte estorsive attuate nel settore dei cantieri edili della Grande Mela dagli odierni destinatari delle misure restrittive disposte in Usa, giovandosi anche della manovalanza delle gang metropolitane locali.

È in questo contesto che alcuni degli indagati di origine italiana hanno peraltro evocato pregressi episodi di estorsione in danno di ristoratori di origini siciliane insediati a New York, richiamando, a tal proposito, l’azione di impulso e di intermediazione assicurata in Sicilia dai maggiorenti mafiosi locali, in grado di esercitare pressioni nei confronti dei familiari delle stesse vittime tuttora residenti nell’area del mandamento di Partinico.

Il collegamento tra la Cosa nostra americana (Lca) e l’omonima siciliana si è quindi sostanziato anche della trasposizione negli Usa del metodo estorsivo suggerito da un anziano boss partinicese, laddove gli indagati americani si convincevano dell’opportunità di accontentarsi di somme più esigue e di abbandonare le azioni cruente demandate alle menzionate gang, allo scopo di fidelizzare gli estorti nella vantaggiosa prospettiva di un più ‘morbido’ e duraturo assoggettamento.

Nell’area territoriale di riferimento, gli odierni indagati hanno dimostrato di mantenere un’accentuata capacità di controllo del territorio, disvelando anche una serie di dinamiche connesse alla gestione di un fiorente traffico di stupefacenti ed alla conduzione di reati predatori ‘autorizzati’ dal reggente locale.

Immagine d’archivio

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