PA-CT, 2 ore, 190 km RO-MI, 3 ore, 500 km - QdS

PA-CT, 2 ore, 190 km RO-MI, 3 ore, 500 km

Carlo Alberto Tregua

PA-CT, 2 ore, 190 km RO-MI, 3 ore, 500 km

giovedì 23 Marzo 2023

Nasce un’infrastruttura vecchia

Ferrovie dello Stato S.p.A. è la capogruppo avente a valle, fra le altre, Trenitalia, che gestisce il trasporto su rotaia, e Rete ferroviaria italiana, che costruisce le infrastrutture su cui corrono i treni.
Le decisioni su che cosa e dove costruire queste ultime non le prende Fs, bensì il Governo e, per esso, il ministero controllante. Si tratta quindi di una decisione politica che dovrebbe avere il compito di costruire le infrastrutture dove mancano, per seguire il disegno di fondo: dare al Paese un’omogeneità utile a far sì che tutte le sue parti possano svilupparsi alla stessa maniera con un tasso infrastrutturale più o meno uguale.

La premessa è necessaria per accennare alla nuova infrastruttura ferroviaria, estremamente importante, che legherà Messina a Catania e Palermo. Per costruirla ci vorranno una decina di anni e una decina di miliardi.
Eureka, eureka, eureka, dovremmo esclamare. Solo che c’è un piccolo difetto di cui ora vi diamo conto.

Come è noto, le infrastrutture ferroviarie ad alta velocità sono all’incirca di tre livelli. La prima consente di far correre i treni fino a 500 km/h; la seconda fino a 350 km/h, la terza fino a 200 km/h.
La Francia, che era dotata di infrastrutture ferroviarie di secondo livello, ha cominciato da qualche anno a costruire le infrastrutture di primo livello, per consentire ai propri treni di percorrere mille chilometri in due ore o poco più. Vi è da dire che il territorio francese è tutto pianeggiante e quindi tali infrastrutture possono essere costruite facilmente, rapidamente ed economicamente.
Nel nostro Paese, invece, il territorio è estremamente vario e in tutta la dorsale da Nord a Sud vi sono gli Appennini che costituiscono un ostacolo alla costruzione di infrastrutture ferroviarie e autostradali, con costi notevolmente maggiori.
In ogni caso, nel 2000 (cioè oltre vent’anni orsono) nel nostro Paese si decise di costruire la rete ferroviaria ad alta velocità, cioè 350 km/h, da Torino a Salerno, dichiarando senza bisogno di parole che al di sotto di Salerno l’Italia non esisteva: un vulnus inqualificabile.
Poi, la rete ad alta velocità ha cominciato ad estendersi trasversalmente verso Est, cioè Venezia-Udine, e a Sud verso Bari. Inoltre è in costruzione la dorsale adriatica.

Solo in questi ultimi anni si è cominciato a parlare di costruire il completamento della rete ad alta velocità da Salerno a Reggio Calabria. Per parlarne, dobbiamo constatare amaramente che ci sono voluti venticinque anni.
Tant’è. La costruzione di questa arteria è omogenea a quella già esistente: in tutto il territorio nazionale i treni viaggeranno fino a 350 km/h di velocità.
Dov’è che cambia tutto? Non appena si superano i tre chilometri dello Stretto. Cosa accadrà? Accadrà che l’infrastruttura ferroviaria già citata (Messina-Catania-Palermo) sarà di terzo livello, cioè i treni potranno viaggiare fino a 200 km/h. Cosicché è previsto che la tratta Catania-Palermo si potrà percorrere in due ore, mentre la tratta di eguale distanza fra Milano e Bologna si percorre in un’ora e quella fra Milano e Roma di 500 km in appena tre ore.

Quando l’infrastruttura siciliana sarà completata, probabilmente verso il 2030, essa sarà obsoleta perché la velocità molto più bassa dei treni in transito comporterà una minore competitività dell’economia. È infatti noto il rapporto fra la velocità degli spostamenti di persone, beni e servizi e la velocità dell’economia stessa. Lentezza dei primi equivale a lentezza della seconda.
Non si capisce perché il Governo abbia fatto questa scelta se non continuando a considerare la Sicilia come una regione di secondo livello rispetto alle altre. E non si capisce come mai non abbia pensato di costruire una linea ad alta velocità in Sardegna, anche scarsamente dotata di superstrade a quattro corsie e senza neanche un’autostrada.

La fotografia che vi stiamo narrando dice con chiarezza la visione dei governi che si sono succeduti, che continuano a valutare il Paese a strati diversi, vanificando così l’Unione d’Italia del 1861, che rimane ancora sulla carta.
Attendiamo le decisioni del governo attuale al riguardo.

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