Palermo, dalle partecipate ai servizi, i conti restano in bilico - QdS

Palermo, dalle partecipate ai servizi, i conti restano in bilico

Gaspare Ingargiola

Palermo, dalle partecipate ai servizi, i conti restano in bilico

mercoledì 06 Settembre 2023

L’Amministrazione Lagalla ha messo mano ai conti dando la propria direzione alle finanze dell’Ente, ma alcune criticità, in particolare legate alle partecipate, rimangono lì

PALERMO – Disallineamenti, debiti fuori bilancio, caro bollette, servizi a domanda individuale non autosufficienti. In poco più di un anno l’Amministrazione Lagalla ha smaltito tutti gli arretrati in campo contabile, ha rinegoziato l’accordo con lo Stato e varato un Piano di riequilibrio con misure sicuramente meno draconiane (ma che qualche inevitabile ricaduta sulle tasche dei palermitani l’avranno) rispetto a quello di stampo orlandiano.

Tuttavia, spulciando tra gli allegati all’ultimo Bilancio consuntivo emerge un quadro ancora poco rassicurante dei conti di Palazzo delle Aquile. È vero che il Comune “non si trova in situazione di deficitarietà strutturale”, come si legge nella delibera. Ma alcune storture sono lì da anni e sembrano impossibili da raddrizzare. A iniziare dalle partecipate, che pesano per un terzo sul totale delle spese: su 748 milioni di euro, 246 vanno alle aziende comunali Amap, Amat, Amg, Rap, Reset, Sispi e alla quota per la Srr.

La fetta più grossa va alla Rap, la società di igiene ambientale, con 128,6 milioni, di cui 123,8 per la raccolta dei rifiuti, 2,7 per il pronto intervento su strade e marciapiedi e 2 per le derattizzazioni. Al secondo posto c’è l’Amat, l’azienda di trasporto pubblico, che riceve 35,4 milioni di contributo regionale più 20,8 di fondi comunali e 2,7 per la segnaletica stradale, per un totale di 59. Sul gradino più basso del podio c’è la Reset con 30,7 milioni, cui seguono la Sispi (servizi informatici) con 10,2 milioni, l’Amg (pubblica illuminazione e distribuzione gas metano) con 8,8 e l’Amap (servizio idrico) con 5,1, di cui 3,2 per la pulizia delle caditoie e 1,9 per la loro manutenzione. La quota per la Srr è di 3,4 milioni.

Il problema, però, non sono solo le spese ma anche i disallineamenti, cioè i servizi svolti dalle partecipate per i quali tuttavia non c’è copertura finanziaria o quelli che addirittura il Comune non riconosce, dando origine a nuovi contenziosi o debiti fuori bilancio (che ammontano a quasi 15 milioni). I servizi svolti dalle partecipate nel 2022 e riconosciuti dall’Amministrazione ammontano a 92,3 milioni ma di questi soltanto 52,4 hanno copertura finanziaria mentre quasi 40 sono scoperti, anche se si tratta di un dato in miglioramento di 23,4 milioni rispetto ai disallineamenti del 2021 (quando i servizi senza copertura ammontavano a ben 63,2 milioni).

Nella relazione al Rendiconto c’è un elenco sterminato di “partite non riconciliate” o “riconciliate ma senza copertura”. Salta all’occhio il caso dell’Amat, che da più di vent’anni attende il saldo di alcuni vecchi crediti, come i 929 mila euro di “rimborso ausiliari del traffico” o i 61 mila per la Conferenza Onu a Palermo, servizi effettuati addirittura nel 2000. O ancora “l’emergenza disinnesco ordigno bellico”, un credito di quasi 4 mila euro del 2008. Anche l’Amg vanta crediti ormai ultradecennali con piazza Pretoria, come i duemila euro per un punto luce installato in via Croce Rossa nel 2008 o i seimila per l’adeguamento dell’impianto elettrico del cimitero dei Rotoli l’anno successivo. E poi ci sono le partite non riconciliate, cioè i servizi svolti dalle partecipate che il Comune non riconosce e che ammontano a 22,3 milioni (contro i 21,5 del 2021). Tra questi, il milione e mezzo preteso dall’Amap per la fornitura idrica e i quasi 8 milioni richiesti dall’Amat, gli 848mila euro contesi con l’Amg e i ben 10,6 milioni non riconciliati con la Rap, per lo più dovuti ai famosi costi extra in seguito alla chiusura della sesta vasca della discarica di Bellolampo.

Tornando al Piano di riequilibrio, un altro settore che l’Amministrazione Lagalla dovrà tenere d’occhio è certamente quello dei servizi a domanda individuale, che risultano quasi tutti in perdita. Fatta eccezione per i cimiteri, dagli impianti sportivi ai musei non c’è una sola struttura che riesca ad autofinanziarsi, tant’è che le spese (14,7 milioni) sono grossomodo il triplo delle entrate (4,5 milioni), con un tasso di copertura del 31,1% e una perdita di 10,1 milioni. Comunque un passo avanti rispetto al 2021, quando il tasso di copertura è stato del 25,6%. Scendendo nel dettaglio, i proventi da tariffe ammontano a 4,2 milioni: 542mila euro dagli impianti sportivi, 388 mila dalle mense scolastiche, 103 mila dal mercato ittico, 358 mila da quello ortofrutticolo, 244 mila dai Musei e 2,5 milioni dai servizi funebri e cimiteriali, più 374 mila euro di trasferimenti (ad esempio il contributo del Ministero dell’Istruzione per le mense).

Tra le uscite invece bisogna annoverare: 6,3 milioni per il personale (la parte del leone la fanno gli impianti sportivi con 2,2 milioni), 264 mila euro per l’acquisto di beni e materie prime, 7,8 milioni per prestazioni di servizi (in particolare la Reset e il pagamento delle bollette di acqua, luce e gas), 68 mila per i trasferimenti, 36mila per gli ammortamenti e 122mila per imposte e tasse. Quelli messi peggio sono gli impianti sportivi, che spendono dieci volte quello che guadagnano: 542 mila da biglietti e abbonamenti a fronte di 4,8 milioni di spese (tasso di copertura di appena l’11,2%). Neanche i musei brillano: 244 mila euro di incassi a fronte di 1,2 milioni di uscite (tasso del 20%). Va meglio con le mense (29,9%) e il mercato ittico (30,2%) mentre il mercato ortofrutticolo si autofinanzia quasi per la metà (47,1%) e i cimiteri per oltre la metà (51,3%), con un incasso di 2,5 milioni a fronte di quasi 5 di spese.

E a proposito di bollette: il caro energia non ha risparmiato Palazzo delle Aquile che nel 2022 ha dovuto pagare 9,8 milioni di energia elettrica (+136,29%, 5,6 milioni in più), 1,8 milioni di acqua (-4,74%) e 139 mila euro di gas (-90%).

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