Pronto soccorso di Agrigento nel caos, l'intervista a Sergio Vaccaro

Pronto soccorso di Agrigento nel caos, parla il primario dimissionario: “Situazione tragica”

Antonino Lo Re

Pronto soccorso di Agrigento nel caos, parla il primario dimissionario: “Situazione tragica”

Salvo Catalano  |
sabato 29 Luglio 2023

Il pronto soccorso di Agrigento è una bomba sul punto di esplodere. Le dichiarazioni di Sergio Vaccaro al QdS

Il primario che si dimette per giusta causa, denunciando una situazione “tragica, al collasso” dove non sono garantiti “i livelli essenziali di assistenza per i malati”. I cinque medici rimasti che scrivono una lettera all’azienda sanitaria minacciando dimissioni di massa. I Nas dei carabinieri che sequestrano documenti. Un’interrogazione parlamentare a Roma. E soprattutto pazienti costretti a subire condizioni indecenti. Il pronto soccorso di Agrigento è una bomba sul punto di esplodere: 150 pazienti al giorno, 4.500 al mese che quasi raddoppiano in estate e solo cinque medici strutturati.

Dentro l’emergenza che attanaglia gran parte degli ospedali siciliani, la situazione del San Giovanni Di Dio è tra le peggiori in assoluto. A fare esplodere pubblicamente il caso sono state le discusse dimissioni di Sergio Vaccaro, il primario originario di Favara che è rimasto alla guida del pronto soccorso dal 1 marzo 2022 al 21 luglio 2023. Un anno e mezzo in cui ha inviato 32 note alla direzione dell’Asp, guidata dal commissario Mario Zappia, per denunciare quello che non andava e chiedere soluzioni condivise.

Sergio Vaccaro

Dottore Vaccaro, alla fine ha deciso di dimettersi. Perché?
“Ho deciso di andarmene perché nonostante le numerose richieste di collaborazione con la direzione di presidio e strategica, finalizzate a dare una mano per risollevare le sorti di questo pronto soccorso, le mie richieste sono state interpretate male: il mio fine ultimo era dare dignità al malato, ma molto probabilmente sono state lette come un fatto di scontro e non di collaborazione. Sappiamo benissimo la situazione di tutti i pronto soccorso, la carenza generale di medici, ma qua lo è ancora di più. L’ospedale di Agrigento è un Dea di I livello, il più grande di questa Asp, e abbraccia anche i paesini della provincia di Palermo sul confine”.

Quanti medici dovrebbero esserci e quanti ne sono rimasti?
“La pianta organica ne prevede 21 più il primario. Sono rimasti in sei, ma una è sospesa per provvedimento disciplinare. Quindi sono cinque, di cui due esonerati dalle notti per disposizione del medico competente. Sono degli eroi. Anziché le cinque notti previste da contratto, ne fanno 9, 10, 11. L’astanteria, oggi medicina di urgenza, da 12 posti è stata ampliata a 25 posti per combattere il sovraffollamento e c’è un solo dirigente medico”.

Come si è provato ad arginare questa situazione?
“Con le disposizioni di servizio, spesso fatte il giorno prima, ma non si può continuare così, è solo una soluzione tampone”.

Come funzionano le disposizioni di servizio? Ci spieghi meglio.
“Quando sono arrivato ho provato per le vie brevi a ottenere un rapporto di collaborazione con l’azienda sanitaria. Vedendo che non c’era risultato, sono passato a scrivere numerose lettere dicendo che la situazione era un disastro. La direzione mi ha risposto sottolineando di avere fatto numerosi ordini di servizio di medici dei reparti di Chirurgia, Medicina, Nefrologia. Cioè le discipline equipollenti che possono operare nei pronto soccorso. Si fanno in via straordinaria per sopperire alla carenza di personale strutturato del pronto soccorso, dove servono due dirigenti medici nel turno 8-14, due nel turno 14-20 e due di notte”.

Si riesce a garantirli?
“Con i 5 medici strutturati del Pronto soccorso ovviamente no. Con i colleghi che vengono dagli altri reparti si riesce a tamponare, ma non sempre. Io stesso per non lasciare un medico solo, magari non abituato a lavorare in pronto soccorso, ho fatto turni di 30 ore. Un dea di I livello non può rimanere con turni scoperti, e le soluzioni non possono essere trovate giorno per giorno. Serve una programmazione quantomeno mensile. Tutto questo l’ho scritto, più volte, ma le mie lettere non hanno sortito l’effetto sperato, che non era identificare il colpevole, ma cercare collaborazione per dare dignità all’ammalato. Era un grido di allarme”.

Si aspettava che le dimissioni venissero accolte con effetto immediato?
“Io non puntavo a farmi respingere le dimissioni per rimanere. D’altronde l’azienda non solo non ha capito le mie lettere, ma anzi mi è stato detto che non ho svolto bene il mio lavoro, che avrei dovuto valutare se fossi davvero in grado di ricoprire questo ruolo. In seguito si vedrà. Al momento parla l’utenza che mi ha manifestato solidarietà chiedendomi di restare”.

I bandi di concorso per il pronto soccorso sono andati deserti. Cosa altro può fare l’Asp per combattere l’emergenza?
“Tutto quello di cui si è parlato nell’ultimo anno non è stato fatto: né l’ingresso di cooperative private come fatto da altre Asp siciliane, né gli accorpamenti dei reparti. Oltre alla gravissima mancanza di medici, mancano gli spazi, con i pazienti che stazionano diversi giorni nell’area di emergenza per la difficoltà di trovare il posto letto nei reparti di destinazione. Io credo che il lavoro del medico di pronto soccorso e quello della direzione di presidio e della direzione strategica debba essere un lavoro di squadra. Invece in un anno e mezzo, nonostante le mie ripetute lettere, sono stato convocato solo una volta, ad aprile, dal dottore Cassarà, direttore sanitario. In verità c’è stato un momento in cui il direttore generale ha convocato i primari delle discipline equipollenti, dicendo di dare una mano al pronto soccorso perché non è del dottore Vaccaro ma di tutto l’ospedale. Ci avevo sperato, ma mi devo ricredere perché non si è riusciti a garantire i turni”.

Lei ha fatto presente la situazione anche ad altre istituzioni?
“Certamente, ho scritto all’ordine dei medici, ho sollecitato per le vie verbali il sindaco di Agrigento che è anche un medico, ho scritto una lettera all’assessora regionale alla Sanità Volo ma non mi ha mai risposto”.

Adesso che farà? Con la carenza di medici che c’è, avrà sicuramente altre proposte.
“Non ho nessuna alternativa al momento, mi godo le ferie che non prendevo da tempo”.

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