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Province e politica, certi amori non finiscono: al lavoro per il ritorno di centinaia di poltrone

redazione

Province e politica, certi amori non finiscono: al lavoro per il ritorno di centinaia di poltrone

Fabrizio Giuffrida  |
sabato 19 Agosto 2023

Il tema unisce Governo e opposizione. In Sicilia spese da 400 mln l’anno pronte ad aumentare. Il ripristino delle elezioni dirette è uno dei pochi temi che mette d’accordo maggioranza e opposizione

ROMA – Potremmo scomodare Antonello Venditti per raccontare il rapporto tra politica italiana e Province, Enti intermedi che fino a un decennio fa erano considerati inutili e adesso sembrano essere ritenuti un tassello fondamentale del mosaico istituzionale del nostro Paese.

“Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano” scriveva il cantautore romano nella sua “Amici mai” e pronte a ritornare sono anche le Province e il loro idillio con la classe politica italiana. La riorganizzazione di questi Enti, a livello nazionale, è stata avviata dalla Legge Delrio (56/2014) ma è rimasta inattuata dopo la mancata approvazione della riforma costituzionale voluta dall’ex premier Matteo Renzi, che avrebbe dovuto cancellarle dall’articolo 114 della Costituzione.

La riforma degli Enti locali introdotta con la legge 56 del 2014 – si legge in un documento di approfondimento sul tema delle Province prodotto dalla Camera il 22 settembre dello scorso anno – ha ridefinito l’ordinamento delle Province e istituito le Città metropolitane. In particolare, le Province sono state definite (così come le Città metropolitane) enti di area vasta e i relativi organi, il presidente della Provincia e il Consiglio provinciale, sono divenuti organi elettivi di secondo grado; analogo impianto è seguito per il Consiglio nelle Città metropolitane, con la differenza che il sindaco metropolitano coincide con il sindaco del Comune capoluogo. La governance degli enti di area vasta si completa con l’assemblea dei sindaci, per le Province, e la Conferenza metropolitana, per le Città metropolitane, che sono composte dai sindaci dei Comuni dell’Ente”.

“Sul tema – viene evidenziato ancora nel documento della Camera – è intervenuta inoltre la sentenza (della Corte Costituzionale, nda) n. 240 del 2021 che ha espresso un monito al legislatore sul sistema di elezione degli organi delle Città metropolitane. La riforma si accompagnava al progetto di riforma costituzionale che prevedeva la soppressione delle province quali enti costituzionalmente necessari. Venuto meno il progetto di revisione costituzionale, all’esito del referendum del 4 dicembre 2016, si è aperto il dibattito sull’opportunità di un nuovo intervento legislativo”.

Su questo sta lavorando il Governo Meloni, che fin dal primo momento ha manifestato la volontà di ripristinare la vecchia organizzazione delle Province e l’elezione diretta dei presidenti. Un progetto cui anche le opposizioni sembrano, d’altronde ripristinare questi enti e l’elezione diretta significa rendere nuovamente disponibili centinaia di poltrone su tutto il territorio nazionale…

Tornando al percorso legislativo, attualmente un apposito Disegno di legge – dal titolo Nuova disciplina in materia di funzioni fondamentali, organi di governo e sistema elettorale delle Province e delle Città metropolitane e altre disposizione relative agli Enti locali” è approdato alla I Commissione (Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell’Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica amministrazione, editoria, digitalizzazione) del Senato dopo il via libera del Comitato ristretto.

All’articolo 1, comma 2 del testo in questione si legge: “In armonia con i principi di cui alla Carta europea delle Autonomie locali, firmata a Strasburgo il 15 ottobre 1985 e ratificata con legge 30 dicembre 1989, n. 439, le Province e le Città metropolitane sono enti rappresentativi delle rispettive comunità, ne curano gli interessi e ne promuovono e coordinano lo sviluppo, ciascuno in base alle rispettive competenze e specificità; i componenti degli organi consiliari delle Province e delle Città metropolitane sono eletti a suffragio libero, segreto, paritario, diretto e universale”.

Quali organi delle Province vengono elencati presidente, Giunta e Consiglio; per le Città metropolitane, invece, sindaco metropolitano; Giunta metropolitana; Consiglio metropolitano. “Il presidente della Provincia – si legge nel documento – è eletto a suffragio universale e diretto, contestualmente al Consiglio provinciale”. E ancora: “Il Consiglio provinciale è eletto a suffragio universale e diretto, contestualmente al presidente della Provincia. La Circoscrizione elettorale, coincidente con il territorio provinciale, è ripartita in collegi plurinominali ai quali, di norma, è assegnato un numero di seggi non inferiore a tre e non superiore a otto”.

Per quanto concerne invece le Città metropolitane, “il sindaco metropolitano è eletto a suffragio universale e diretto, contestualmente al consiglio metropolitano. La circoscrizione elettorale coincide con il territorio della città metropolitana”. E inoltre “il Consiglio metropolitano è eletto a suffragio universale e diretto, contestualmente al sindaco metropolitano. La circoscrizione elettorale, coincidente con il territorio della città metropolitana, è ripartita in collegi plurinominali ai quali, di norma, è assegnato un numero di seggi non inferiore a tre e non superiore a otto”.

Insomma, un ritorno al passato che a quanto pare la classe politica non vede l’ora di mettere in atto, così come hanno confermato anche le recenti parole del vice premier Matteo Salvini: “Mi chiedono di reintrodurre le Province. Da segretario della Lega sono straconvinto che servono per scuole e strade. Questa è una battaglia che come Lega spero di portare al successo. Se tornassero già nel 2024 sarebbe segnale di efficienza”.

In Sicilia presentato lo scorso marzo il Ddl del Governo Schifani

PALERMO – Ha anticipato tutti nella riorganizzazione – poi finita come sappiamo – delle Province in Liberi Consorzi e Città Metropolitane con l’ex governatore Rosario Crocetta. E adesso è già pronta a innestarsi nel progetto nazionale di ripristinare gli Enti intermedi e in particolare l’elezione diretta degli stessi.

In Sicilia il Governo presieduto da Renato Schifani si è già mosso nello scorso mese di marzo per aprire la strada al ritorno delle Province (che poi, di fatto, non sono mai scomparse visto che gli apparati costano circa 400 milioni di euro l’anno) predisponendo un apposito Disegno di legge.

Per Schifani “l’abolizione degli Enti intermedi, nove anni fa, con l’istituzione delle Città metropolitane e dei Liberi Consorzi non ha mai funzionato. Con questo testo onoriamo un impegno assunto con i siciliani in campagna elettorale e soprattutto diamo risposta a un’esigenza sentita non soltanto in Sicilia, ma in tutto il Paese, come dimostrano le iniziative legislative presentate in Parlamento e in fase avanzata di discussione. Per questo sono ottimista su un iter veloce in Ars, attraverso anche un confronto con tutte le forze politiche, rispetto al quale siamo sempre disponibili”.

“La cancellazione delle Province – ha aggiunto – fortemente voluta dal Governo dell’epoca e rivendicata dalle forze che lo sostenevano nel Parlamento regionale, partiva dal presupposto della riduzione dei costi della politica, ma ha determinato un vuoto nei processi decisionali e amministrativi che ha penalizzato in maniera evidente l’erogazione di servizi importanti per i cittadini e per la tutela del territorio, oltre a ridurre gli spazi di democrazia diretta e di espressione politica. Il numero di consiglieri e di assessori sarà inferiore rispetto a quello del passato, secondo una logica di sobrietà che guarda al contenimento dei costi e di snellezza e efficienza dei nuovi enti”.

Nel progetto presentato dall’attuale Governo regionale siciliano, le Province saranno sei più le tre Città metropolitane di Palermo, Catania e Messina. Il progetto di riforma individua gli organi di Governo e la loro composizione, introducendo la figura del consigliere supplente; stabilisce le quote rosa nelle liste, con almeno un quarto delle candidature riservato a donne; prevede la doppia preferenza di genere, come nei Comuni; introduce il collegio unico per l’elezione del presidente della Città metropolitana e della Provincia, la divisione della circoscrizione elettorale in collegi per l’elezione dei consiglieri provinciali, in modo da dare adeguata rappresentanza a tutti i territori.

Per le province con popolazione superiore al milione di abitanti sono previsti 36 consiglieri e massimo 9 assessori; per quelle tra cinquecentomila e un milione di abitanti, 30 consiglieri e fino a 7 assessori, mentre quelle con meno di 500.000 abitanti potranno eleggere 24 consiglieri e le Giunte avranno massimo sei assessori. Il Ddl stabilisce inoltre le competenze dei nuovi organismi.

“Si pensava erroneamente – ha affermato l’assessore regionale alle Autonomie locali, Andrea Messina, in occasione del nostro Forum pubblicato il 25 aprile scorso – che abolendo le Province parte le competenze sarebbero andate alla Regione e ai Comuni. Ma le Provincie in sé non sono mai state abrogate, tranne la possibilità di eleggere gli amministratori. In compenso, i cittadini non hanno più ricevuto servizi, ma le spese sono rimaste”.

“Finalmente – ha aggiunto – dopo anni di commissariamento si intravede il traguardo del ripristino delle Province. L’obiettivo del disegno di legge del Governo è quello di riorganizzare e di ricostruire tutti quei servizi e le funzioni che in questi anni sono stati abbandonati, dalla viabilità all’edilizia scolastica degli istituti superiori. L’auspicio è che si vada al voto già nel prossimo autunno o nella prossima primavera, considerato che ci sono delle condizioni che non dipendono soltanto dalla Regione”.

L’entrata in vigore della legge di riforma, infatti, dopo l’approvazione da parte dell’Assemblea regionale, è condizionata all’abrogazione della legge Delrio da parte del Parlamento nazionale.

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