Il futuro di Conte la negazione del futuro - QdS

Il futuro di Conte la negazione del futuro

Carlo Alberto Tregua

Il futuro di Conte la negazione del futuro

martedì 01 Settembre 2020

Tutti, o quasi, i decreti adottati dal Consiglio dei ministri, portano la sigla SI. Qualcuno l’ha tradotta con “Salvo intese”, ma qualche altro, più malizioso, con “Senza impegno” e infine altri con “Salvo imprevisti”. Insomma una formuletta magica che consente ampie e sostanziali modifiche in sede di conversione dei decreti legge, che restano privi di effetto sino a quando non spiri il sessantesimo giorno dall’approvazione.
Nei testi vi è una abbondanza del futuro: faremo, agiremo, opereremo, realizzeremo e così via. Lessico peraltro usato dal presidente del Consiglio il quale quasi mai evidenzia ciò che è stato realizzato, compiuto e definito.
Vi è una ragione tecnica anche di questo stato di cose e cioè che alla data del 6 luglio per il governo Conte Uno devono ancora essere emessi 186 provvedimenti attuativi, e per il Conte Due altri 358 decreti attuativi. Cosicché il governo Conte ha le mani legate perché con 544 atti che i diversi ministeri devono emettere, di fatto, tutte le leggi sono inchiodate, cioè non operative.

Quando si continua a parlare dei cospicui finanziamenti messi a disposizione dall’Europa (209 più 37 del Mes oltre a circa 27 del Sure) si parla del nulla, perché senza i provvedimenti attuativi delle leggi nulla diventa operativo.
La conseguenza di questo realistico quadro è che il Paese è inchiodato ed il Sud è immobilizzato. Ancora non si vedono le nefaste conseguenze di questo stato di cose, anche se si comincia a intravedere la inconcludenza e la incompetenza di ministri e burocrati di fronte all’affannosa corsa per aprire le scuole il prossimo 14 settembre (cosa buona e giusta) per poi richiuderle un’altra volta per Referendum ed elezioni (atto stupido).
Dobbiamo riconoscere a Giuseppe Conte, professore-giurista, una certa abilità che ci ricorda quella di Andreotti, il divo Giulio, nel mantenersi a galla seppure in condizione di precario equilibrio, proprio perché non ha alle spalle un partito e qualche volta i suoi stessi quattro alleati non lo sostengono, con prolungati silenzi.
Vogliamo ricordare uno dei celebri detti del più volte presidente del Consiglio: “è meglio tirare a campare che tirare le cuoia”.
Ci piace anche ricordare un altro celebre detto del suddetto, quando gli dissero che Craxi era una volpe: “Anche le volpi finiscono in pellicceria”.
Ora non possiamo lontanamente paragonare Conte ad Andreotti e ad altre menti politiche dell’epoca pur con tutti i difetti che avevano anche loro. Conte rientra in quella fascia della classe dirigente politica del tutto mediocre perché non riesce a capire che l’interesse generale dovrebbe far loro accantonare l’interesse di parte.
Tutti costoro non capiscono che un Paese cresce se si combatte ad oltranza l’ignoranza, se si stimola la crescita dei saperi e delle competenze dei giovani e dei cittadini, se si progetta a medio e lungo termine, per cui i governi successivi non demoliscono mai quello che hanno messo in cantiere i governi precedenti, come accade oggi.
Da gente mediocre non ci si può aspettare grandi cose. In questo ragionamento sono inseriti ovviamente gli esponenti dell’opposizione, con l’inutile Salvini che continua a perdere colpi e imbarcare tanti “cambia casacche”, approfittando di questo Parlamento di trasformisti in cui vi sono deputati e senatori che hanno cambiato bandiera svariate volte già in questa legislatura.

E poi, va sottolineato l’aumento esponenziale della cultura del favore e con essa l’espansione della corruzione a macchia d’olio all’interno della Pubblica amministrazione. Questi governanti e i loro oppositori non si rendono conto che la corruzione è una bomba a orologeria micidiale sulla quale sono saltati interi Paesi di tutto il mondo, dall’America latina all’Africa, al Medio oriente.
Si dirà che nel nostro Paese vi è una Democrazia solida. Tuttavia, anche questa può crollare se viene erosa la base di quel minimo di onestà che deve esserci nella classe dirigente politica e non, perché un Paese possa progredire.
Ma, soprattutto al Sud, vige la mentalità di chi cerca il favore, di chi fa in modo che il mediocre vada avanti e il meritevole venga messo all’ultimo posto e che non venga premiato chi fa il proprio dovere bensì l’amico degli amici.
Tutto ciò preconizza un triste futuro per il Paese.

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