In Sicilia nuovi cacciatori per affrontare lo spauracchio della peste suina africana - QdS

In Sicilia nuovi cacciatori per affrontare lo spauracchio della peste suina africana

Michele Giuliano

In Sicilia nuovi cacciatori per affrontare lo spauracchio della peste suina africana

giovedì 13 Luglio 2023

Attivi insieme agli operatori regionali all’interno di quanto previsto dal Piano di interventi urgenti. Depopolamento dei cinghiali per la gestione e l’eradicazione della temuta malattia

PALERMO – Sono 168 i cacciatori autorizzati ad abbattere i cinghiali che stanno aumentando in maniera incontrollata, per le province di Messina, Palermo e Trapani.

Gli elenchi comprendono 35 nomi in provincia di Messina, 88 a Palermo e 45 a Trapani. I cacciatori lavoreranno insieme agli operatori regionali all’interno del Piano regionale di interventi urgenti (Priu), alla cui attivazione collaborano il dipartimento regionale per le attività sanitarie e osservatorio epidemiologico, il dipartimento regionale dello sviluppo rurale e territoriale, il dipartimento dell’agricoltura, il dipartimento dell’ambiente e il comando del corpo forestale della Regione Siciliana, competenti in materia per le diverse attività.

In particolare, i cacciatori saranno impiegati nell’attività di depopolamento per la “gestione e l’eradicazione della peste suina Africana nei suini d’allevamento e nella specie cinghiale (Sus scrofa) anni 2022-2026”. Il Priu Sicilia, infatti, prevede, tra l’altro, che gli abbattimenti selettivi dei cinghiali potranno essere effettuati solo da soggetti in possesso di regolare porto d’armi uso caccia e dell’abilitazione alla caccia di selezione ottenuta a seguito di specifici corsi di abilitazione, con selezione finale. Il corso di formazione è stato erogato in parte in presenza in parte in streaming online, e gli esami sono stati svolti tra i il 6, il 7 e il 16 febbraio scorso.

La peste suina è un rischio effettivo per i produttori siciliani, vista la sua diffusione sul territorio italiano, al momento principalmente nelle regioni del Nord. Ed è per questo che è necessario tenere sotto controllo la popolazione selvatica, principale causa della diffusione. La malattia è arrivata prima in Russia e Bielorussia, per poi diffondersi nell’Unione europea. Alla fine del 2019, era presente in nove Stati membri dell’Ue: Belgio, Bulgaria, Slovacchia, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania. Dallo scorso anno è stata registrata anche nel Nord Italia. Il problema è che non esistono ancora né vaccini né cure, ed è solitamente letale, con gravi conseguenze socio-economiche nei Paesi in cui è diffusa. Gli esseri umani non sono sensibili alla malattia. La circolazione di animali infetti, i prodotti a base di carne di maiale contaminata e lo smaltimento illegale di carcasse sono le modalità più rilevanti di diffusione della malattia.

I segni tipici della peste suina africana sono simili a quelli della peste suina classica e per distinguere l’una dall’altra occorre una diagnosi di laboratorio. I sintomi tipici includono febbre, perdita di appetito, debolezza, aborti spontanei, emorragie interne con emorragie evidenti su orecchie e fianchi. Può verificarsi anche la morte improvvisa. I ceppi più aggressivi del virus sono generalmente letali (il decesso avviene entro 10 giorni dall’insorgenza dei primi sintomi). Gli animali infettati da ceppi meno aggressivi del virus della peste suina africana possono non mostrare i tipici segni clinici.

I suini e i cinghiali si contagiano attraverso il contatto con animali infetti, compreso il contatto tra suini che pascolano all’aperto e cinghiali selvatici, l’ingestione di carni o prodotti a base di carne di animali infetti, il contatto con qualsiasi oggetto contaminato dal virus, come abbigliamento, veicoli e altre attrezzature, e i morsi di zecche infette. Questa è una modalità di trasmissione di minore rilevanza in Europa, in quanto la specie di zecca interessata non è presente in maniera uniforme in tutto il continente.

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