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Vichy/Salò

Pino Grimaldi

Vichy/Salò

sabato 27 Aprile 2019

Due città sedi di governi del secolo scorso: nel male e nel bene appaiono gemelli politici in due Nazioni (Francia ed Italia)combattutesi per 14 giorni, con inizio e fine analoga.
Inizia il generale Pétain nominato da Lebrun – presidente della terza repubblica nata dopo l’armistizio di Sedan – capo del governo di quello che verrà chiamato “Stato Francese” con giurisdizione su tutta la Francia che si affaccia sul Mediterraneo, con la parte atlantica sotto la dominazione tedesca. Petain accetta per mantenere lo “stato” Nazione, lavora dopo avere firmato l’armistizio con i tedeschi il 22 giugno 1940, fino alla occupazione degli alleati consegnandosi alla frontiera svizzera il 25 giugno 1945.
Processato,condannato a morte avrà commutata la pena – dal suo già sottoposto De Gaulle – in ergastolo e finirà i suoi giorni, naturalmente, nel 1951.
Segue Mussolini, arrestato il 25 Luglio 1943, all’uscita dal colloquio col il re che lo dimissiona affidando il governo a Badoglio, (nominato maresciallo d’Italia e duca di Addis Abeba da Mussolini), liberato dai tedeschi quattro giorni dopo l’armistizio di Cassibile (8 settembre) portato a Monaco, richiesto di formare un governo nella metà d’Italia in mano tedesca a dimostrazione che la triplice Roma Berlino Tokio è ancora viva e continua la guerra.
Ma ha vita effimera: chiude il giorno dopo che Mussolini su ordine del Clnai è stato trucidato a Dongo dal Colonnello Valerio, con la resa firmata a Caserta il 29 aprile 1945 dal Comando Germanico anche a nome delle forze armate (comandate dal generale Graziani) della “Repubblica Sociale Italiana”, nome che lo stato si era dato.
Pétain riuscì ad avere un parlamento; Mussolini solo ad annunciare a Verona – vedi manifesto omonimo – la struttura sociale dello stato sull’onda del suo passato socialista, ma di fatto fu satellite della Germania.
Di essi, uomini e governi, si può dire tutto il male possibile. Ma rimane imprescindibile che evitarono che le truppe tedesche che avevano ordini precisi di distruggere tutto, sopratutto industrie e comunicazioni, nelle loro ritirate furono condizionate e non fecero ferro e fuoco delle lande che via via per l’avanzare degli alleati, abbandonavano.
Né Pétain, né, soprattutto, Mussolini mai credettero nella vittoria tedesca, ma ambedue cercarono di salvare il salvabile evitando lutti e distruzioni che avrebbero compromesso a lungo le due nazioni.
E’ stato detto in occasione del 74° del 25 Aprile che la storia non si riscrive e che quella giornata fece si che il popolo “creasse” la nazione. Di fatto la storia viene sempre revisionata e si può correre il rischio che qualche procura indaghi financo… sul ratto delle Sabine! E la nazione venne “ri-creata” con l’insurrezione: esisteva dal 1861 e solo l’8 settembre l’aveva divisa in due. Ciò nulla toglie a quanti su fatti avvenuti (cronaca) la pensano diversamente.
La storia comincia quando si smette di discuterne. E’ avvenuto in Francia, Germania, Giappone. Avverrà anche in Italia.
Hoc est in votis .

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