Prestiti, Sicilia tra le regioni con maggiori sofferenze bancarie - QdS

Prestiti, Sicilia tra le regioni con maggiori sofferenze bancarie

Massimo Mobilia

Prestiti, Sicilia tra le regioni con maggiori sofferenze bancarie

venerdì 29 Marzo 2013

La conferma arriva dagli ultimi dati forniti da Banca d’Italia e Abi relativi allo scorso mese di gennaio. Terzo posto con il 10,9%, dietro alle maglie nere Basilicata e Molise (15,5%)

PALERMO – Le famiglie siciliane si confermano tra le più indebitate d’Italia con le banche. La conferma arriva dagli ultimi dati forniti dalla Banca d’Italia e analizzati dall’Abi relativi allo scorso mese di gennaio nel rapporto tra le cosiddette “sofferenze bancarie” e il numero di presiti dei residenti per regione. La Sicilia è al terzo posto in Italia tra le regioni più “sofferenti” con una percentuale del 10,9%, dietro a Basilicata e Molise, prime con il 15,5%, e alla Calabria con l’11,3%. Una classifica che ai primi posti viene monopolizzata dal Mezzogiorno e che assegna una media nazionale del 6,4% ovvero quattro punti percentuali in meno rispetto al rapporto registrato nell’Isola. Prestiti bancari più in salute invece si trovano in Trentino Alto Adige e Lazio con appena il 4% di sofferenze e in Val d’Aosta con il 4,9%.
Ma cosa si intende per “sofferenze bancarie”? Negli ambienti finanziari si tratta di un rapporto creditizio in stato di insolvenza. In altre parole di una situazione in cui la banca che ha concesso un prestito esprime una richiesta formale di restituzione, entro i tempi previsti dalla legge, di tutti i crediti concessi al cliente. I tempi previsti solitamente vengono individuati in 15 giorni e se entro questo termine le somme di denaro non verranno restituite la banca avvierà l’azione di recupero giudiziale del credito attraverso decreto ingiuntivo. Si passerà poi alla classica ipoteca giudiziale sugli immobili del cliente, includendo coloro che hanno prestato eventuale fideiussione. Insomma una situazione in cui chiunque stia pagando un mutuo non vorrebbe mai trovarsi. Eppure, causa l’evidente crisi economica che ci circonda, sono sempre di più coloro i quali sono andati ad impantanarsi in tale difficile condizione.
L’Abi parla di un vero e proprio record di sofferenze a gennaio 2013, che hanno toccato quota 63,9 miliardi di euro al netto e 126,1 miliardi al lordo, ovvero 19 miliardi in più rispetto allo stesso periodo del 2012. La media nazionale del 6,4% – dicevamo – è anch’essa in crescita di un punto percentuale rispetto all’anno scorso. In questo modo continua inevitabilmente a peggiorare la qualità del credito, soprattutto riguardo alle piccole imprese visto che da giugno del 2008 a gennaio 2013 il rapporto sofferenze lorde/impieghi del settore privato è più che raddoppiato, passando dal 3% al 7,4%. Analogamente, in aumento e sempre elevato è stato il livello del rapporto per le famiglie produttrici, passato dal 7% a quasi il 12%.
Crisi e difficoltà che si erano comunque già manifestate nel corso del 2012. Lo scorso anno le sofferenze più marcate si erano fatte sentire nel terzo trimestre, superando il 2% in rapporto ai prestiti, mentre la quota dei finanziamenti alle imprese in “temporanea difficoltà” aveva toccato il 7,9% nel mese di ottobre sul totale dei finanziamenti al settore.
 
Anche dall’analisi del rapporto sofferenze lorde/impieghi nei diversi settori dell’economia emerge come nel corso degli ultimi trimestri si sia registrato un graduale e costante peggioramento della qualità del credito, che non ha salvato nessuno dei principali settori produttivi, strettamente connesso con il deterioramento del quadro economico reale. In particolare, il rapporto in esame per l’industria manifatturiera, estrazione di minerali e servizi industriali a gennaio 2013 si è attestato all’8,7% (era al 5,7% nel dicembre 2010); il commercio all’ingrosso ed al dettaglio ed attività dei servizi di alloggio e ristorazione hanno toccato l’11,3% (7,1% a dicembre 2010); le costruzioni al 13,5% (6,7% a dicembre 2010); l’agricoltura, silvicoltura e pesca al 9,5% (6,7% a dicembre 2010).
 


Credito. Flessione a famiglie e imprese
 
Se gennaio si è rilevato un mese difficile per le sofferenze bancarie, febbraio ha confermato il taglio dei finanziamenti a famiglie e imprese operato dalle banche con un calo del 2,8%. Lo ha reso noto l’Abi diffondendo lo scorso 20 marzo, al Comitato esecutivo di Milano, il Rapporto mensile sugli andamenti dei mercati finanziari e creditizi. Si conferma dunque in lieve flessione la dinamica dei finanziamenti, stabile rispetto al mese precedente: la variazione annua dicevamo è stata pari ad un calo del 2,8% a febbraio, che è lo stesso identico valore registrato a gennaio.
“Un andamento – ha spiegato l’Associazione bancaria italiana – in linea con l’evoluzione delle principali grandezze macroeconomiche, come Pil e investimenti”.
Comparto particolarmente analizzato è sempre quello immobiliare, dove è stato segnalato un rialzo dei tassi d’interesse sull’acquisto delle abitazioni, passati dal 3,7% al 3,73% nella media tra tassi fissi e variabili. Fortuna che almeno a febbraio i tassi di interesse sui prestiti sono rimasti in assestamento e sempre su livelli molto contenuti: il valore sul totale dei prestiti è risultato pari al 3,76% (3 centesimi al di sotto del mese precedente e -42 punti base rispetto a febbraio 2012). Il tasso sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese, inoltre, è sceso al 3,5% (dal 3,62% in qui era), mentre il tasso sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni si è portato al 3,73% (dal 3,7% del mese precedente).
Insomma un mercato in continua evoluzione dove resta comunque molto difficile districarsi per le famiglie.
 


Raccolta depositi ed obbligazioni a febbraio del 2012 +2,6%
 
L’Associazione bancaria italiana (Abi) ha rendicontato pure il rapporto tra tassi attivi e passivi che è rimasto sostanzialmente stabile dall’inizio del nuovo anno, in particolare attestandosi a 172 punti base a febbraio, meno di quanto rilevato a gennaio e 37 punti al di sotto del valore che era stato registrato nello stesso periodo del 2012. Uno “spread”, ovvero una differenza dei tassi d’interesse sui prestiti che al momento rimane quindi impercettibile, considerando anche che prima dell’inizio della crisi economica questo differenziale superava i 300 punti base.
Al ribasso invece, secondo l’Abi, la dinamica delle obbligazioni bancarie – cioè dei titoli di debito emessi – che sono scese del 6%, mentre la dinamica su base annua della raccolta complessiva (depositi più obbligazioni) è rimasta positiva con un aumento del 2,6% a febbraio, dopo un guadagno del 2,5% a gennaio. Contando depositi e obbligazioni insieme, il tasso medio sulla raccolta bancaria ricavata dalla clientela si è collocato a febbraio al 2,04%. Anche in questo caso uguale al mese di gennaio. I tassi sono rimasti stabili anche se considerati singolarmente: a 1,15% quello sui depositi e al 3,4% quello sulle obbligazioni. 

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