Allarme povertà assoluta, raddoppia la quota di indigenti - QdS

Allarme povertà assoluta, raddoppia la quota di indigenti

Serena Giovanna Grasso

Allarme povertà assoluta, raddoppia la quota di indigenti

giovedì 07 Agosto 2014

Rapporto Caritas 2014: in difficoltà gravi anche le famiglie con un solo figlio. Non basta avere un lavoro. Un male che ha colpito tutta Italia, ma più il Sud dove i poverissimi sono l’11%

PALERMO – Povertà, quel male che attanaglia un numero sempre maggiore di italiani. Quel cancro di cui sempre più spesso sentiamo parlare al punto da venir quasi strumentalizzato, o meglio essere menzionato mediante le sue cifre più grosse, in modo allarmistico, come per voler dire “non ne usciremo mai più”. Attenzione, non si vuole certamente sminuire la portata del fenomeno. Al contrario, si vuole descrivere la realtà esattamente per quella che è. Ad aiutarci in tale missione interviene il rapporto 2014 della Caritas “Il bilancio della crisi – le politiche contro la povertà in Italia”.
 Iniziamo col fare una rapida presentazione delle quattro tipologie di povertà esistenti. Vi è innanzitutto la povertà estrema, lo stato di chi è impossibilitato a sostenere le spese necessarie alla propria sussistenza materiale che colpisce una quota compresa tra lo 0,2% e lo 0,5%. La povertà assoluta, su cui concentreremo maggiormente la nostra attenzione, è la condizione vissuta da chi non può accedere al paniere di beni e servizi ritenuti essenziali per la conduzione di uno stato di vita minimamente accettabile, questa a sua volta colpisce l’8% della popolazione. Abbiamo poi la povertà relativa, la situazione di disponibilità di risorse nettamente inferiore rispetto alla maggior parte di individui.
 
Ed infine, il disagio economico lo stato di chi è incapace di sostenere le spese impreviste o rischia di cadere in povertà. Purtroppo, queste due ultime fasce sono quelle che conoscono una maggiore diffusione nella popolazione e proprio per questo vengono citate molto più spesso tra i numeri della povertà.
Decisamente netta è la differenza  tra un tipo di povertà ed un altro. Non si può certamente assimilare la povertà assoluta a quella relativa: mentre la seconda dipende da quanto gli altri abbiano e quindi si definisce quanto dista la condizione del singolo rispetto a quella dei più, la prima è del tutto indipendente poiché consiste sempre più nell’assenza di quelle risorse minime che garantiscono l’accesso al paniere dei servizi.
A cinque anni di distanza dal 2007, l’anno immediatamente precedente rispetto alla crisi, nel 2012 la percentuale di persone che versa in uno stato di povertà assoluta è praticamente raddoppiata passando dal 4,1% all’8%. Tutte le circoscrizioni territoriali si sono allineate alla tendenza nazionale del raddoppio. Ma il risultato peggiore è stato naturalmente conseguito dal Mezzogiorno, area che già nel 2007 partiva con valori alti, raggiunti dal Nord solo nel 2013: nella fattispecie, osserviamo l’andamento più che negativo condotto dal Meridione passato dal 6% del 2007 all’11,3% del 2013; il Nord che è passato dal 3,3% al 6,4% ed infine il Centro, area che ha riportato le ferite più modeste, essendo passata dal 2,8% al 5,7%.
Come se ciò non fosse già abbastanza, aggiungiamo che il raddoppio dei poveri assoluti rappresenti solo una faccia della medaglia. L’altra faccia è il cambiamento del profilo delle persone coinvolte. Adottando un’analisi per età, rileviamo come la fascia più esposta sia quella fino ai 34 anni, sia in termini assoluti sia come incremento percentuale rispetto al 2007 attestandosi all’8,1%. D’altra parte, è il pensionato a rilevare il minor peggioramento in termini assoluti e di variazione percentuale, nonostante nel 2007 fosse proprio questa figura a rilevare la situazione meno rosea. Sicuramente al giorno d’oggi la popolazione sopra i 65 anni non gode di condizioni economiche ottimali, ma può contare sulla pensione mensile, mentre la mancanza di lavoro tende a danneggiare sempre più le altre fasce d’età.
Mentre nel 2007 era tendenzialmente bassa l’incidenza di povertà assoluta nelle famiglie con uno o due figli, ma reale era il pericolo di cadervi con l’arrivo del terzo figlio, nel 2012 anche la presenza di un solo figlio rappresenta un passo in avanti verso la povertà: infatti, nel 2012 l’incidenza di famiglie povere con un figlio minore è stata pari al 7,1% (era del 3,1% nel 2007), del 10% con due figli minori (3,8% nel 2007) e del ben 17,1% con tre figli minori (era del 10,5% nel 2007).
In definitiva, possiamo concludere evidenziando i punti salienti della povertà assoluta nel 2012 rapportata alla situazione del 2007. Oggi alla questione meridionale si aggiunge quella settentrionale, un problema oltre che degli anziani diviene anche dei giovani, riguarda non più chi ha almeno tre figli ma anche chi ne ha due, tocca anche chi ha un lavoro. 

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