C’è l’intesa tra Miur e Mef per i nuovi contratti a tempo indeterminato. Conteggiati anche i pensionamenti e i posti già vacanti. Ancora non ci sono numeri ufficiali sui riparti regionali, ma la quota maggiore andrà al Nord
PALERMO – C’è grande attesa per conoscere la quota delle assunzioni che riguarderà le regioni del Mezzogiorno in seguito all’intesa tra Mef e Miur sull’attuazione della norma inserita in legge di Bilancio che prevede la trasformazione di 15.100 posti dell’organico di fatto, assegnati ogni anno a supplenti, in posti dell’organico di diritto da coprire con docenti di ruolo con contratti a tempo indeterminato. Un numero corposo che, come ha spiegato il Miur in una nota, raggiungerà la vetta dei 52 mila posti con i pensionamenti (circa 21.000) e i posti già vacanti e disponibili (circa 16.000).
Un’operazione che viaggia lungo un doppio binario: da una parte soddisfare le “legittime aspettative dei precari storici e dei vincitori del concorso”, hanno scritto dal ministero, e dall’altra la possibilità di “garantire maggiore continuità didattica”. Le procedure di assunzione avverranno nel corso di questa estate con decorrenza dei contratti dal primo settembre.
Restano i dubbi per i docenti meridionali al lavoro al Nord e che vorrebbero tornare a casa. Al momento al ministero non è ancora stata diffusa la ripartizione regionale – l’ufficio stampa del Miur ci ha spiegato che bisognerà prima attendere la fine della mobilità e che al momento non ci sono cifre disponibili –, ma di certo la porzione maggiore sarà destinata al Settentrione dove c’è una maggiore quota di posti vacanti.
Intanto prosegue la collaborazione tra i due ministeri che si conferma salda e funzionale e prevede, anche per il futuro, il monitoraggio costante dell’evoluzione dell’organico così da “contenere il fenomeno del precariato e garantire continuità nello svolgimento dell’attività didattica”.
Soddisfazione espressa dalla ministra Valeria Fedeli che ha ricordato come “trasformare ciò che oggi è organico di fatto in organico di diritto significa scegliere di continuare a investire sulla qualità della formazione delle e dei docenti, mettendo al centro gli interessi di studentesse e studenti, famiglie, insegnanti”. Chiarita anche la linea del futuro: “andremo avanti con le assunzioni e continueremo ad operare trovando le condizioni per rendere l’insieme degli organici scolastici sempre più formati”.
Per il ministro Padoan è il proseguimento di un processo “complessivo di riforma che procede senza interruzioni”, anche se “una gestione avveduta e lungimirante delle finanze pubbliche è una condizione necessaria per sostenere il percorso delle riforme e ne rende possibile l’attuazione”.
Non tutti si sono allineati alle dichiarazioni dei ministri Fedeli e Padoan. Tra i più critici nei confronti del provvedimento ci sono i parlamentari del M5S che hanno scritto una nota nella quale spiegano che “con 400 milioni si potevano stabilizzare 52mila supplenze e invece sono solo 15mila”. Per gli stellati quello tra Mef e Miur è un accordo al ribasso dal momento che “non sono stati utilizzati tutti i 400 milioni stanziati in legge di Bilancio a questo scopo” e quindi “evidentemente una parte consistente di quella cifra è stata accantonata, mentre avrebbe dovuto essere integralmente utilizzata a questo scopo”. Le uniche vere assunzioni, del resto, sono rappresentate dalla porzione dei 15 mila, in quanto quelli liberati dai pensionamenti “non hanno costi aggiuntivi per lo Stato” mentre altre 16 mila cattedre “erano posti vacanti e disponibili già contabilizzati sul fondo della Buona scuola”.