Gli affari di Elio Greco a Vittoria, l'economia e il traffico di gasolio

Tra affari e progetti di omicidio, le mani di Elio Greco e della mafia sul traffico di gasolio a Vittoria

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Tra affari e progetti di omicidio, le mani di Elio Greco e della mafia sul traffico di gasolio a Vittoria

Simone Olivelli  |
lunedì 17 Giugno 2024

Elio Greco è una delle figure centrali dell'inchiesta Fenice, che ha portato a ben 16 arresti la scorsa settimana. Ecco i "business" scoperti dagli inquirenti, in particolare il traffico di gasolio

“Vedi che tu, amicizia con le persone, non me ne devi fare perdere. Te lo sto dicendo ora… vedi che non mi fai bruciare con le tue porcate”. È il pomeriggio del 18 aprile 2019. A Vittoria un’auto percorre via Pozzo Bollente, poi svolta su via Dell’Euro e infine si immette sulla statale 115 in direzione di Gela. Dura tutto pochi minuti. Alla guida c’è Elio Greco, l’uomo che ha costruito le proprie fortune nel settore degli imballaggi, il cuore dell’indotto del mercato ortofrutticolo di Vittoria.

Una ricchezza che, per i magistrati della Dda di Catania, è stata possibile grazie alle tante entrature che Greco vanta nella criminalità organizzata. Tanto in Cosa nostra quanto nella Stidda, così a Vittoria come a Gela.

Gli affari di Elio Greco a Vittoria

Dal momento in cui Greco, oggi 64enne, scende dall’auto a quello in cui prende una pistola passano pochi istanti. Appena il tempo per inveire contro Raffaele Giudice, imprenditore del settore dei trasporti che avrebbe avuto in Greco un prezioso intermediario per approvvigionarsi di carburanti di contrabbando. È il culmine di una storia che si dipana tra la Sicilia – da Mazara del Vallo a Catania – e la Campania, e che riporta al centro dell’attenzione gli interessi dei clan nella distribuzione dei prodotti petroliferi.

Le due rotte del contrabbando

Tra i 16 finiti in carcere nell’inchiesta Fenice, coordinata dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dal sostituto Gabriele Fragalà, Elio Greco è la figura più importante. Cresciuto all’ombra delle famiglie mafiose Carbonaro e Dominante e facendosi le ossa con rapine e assalti ai portavalori, Greco per gli inquirenti rappresenta uno dei volti imprenditoriali della mafia che opera su Vittoria. A dimostrarlo sarebbero non solo gli affari consolidati nel settore del packaging, ma anche l’essersi costruito una rete di relazioni che avrebbero garantito a Raffaele Giudice, 62enne titolare di una ditta di trasporti, di muoversi nel settore dei carburanti godendo di condizioni di favore.

“Le indagini hanno fatto emergere un quadro indiziario che dimostra come il sodalizio guidato da Greco abbia esteso i suoi interessi anche nel settore energetico, sfruttando le proprie connessioni per facilitare operazioni illecite”, ha scritto nell’ordinanza di custodia cautelare il gip Stefano Montoneri.

Al centro degli affari ci sarebbe stata la possibilità di immettere nel mercato forniture di gasolio sottratte ai radar dell’Erario, abusando delle norme che regolano le attività all’interno dei depositi petroliferi tramite la contraffazione dei documenti e il possesso di un timbro contraffatto dell’Agenzia delle dogane, ma anche l’opportunità di alterare il prodotto finale risparmiando nei costi.

L’importanza del territorio catanese per la mafia di Vittoria

“A Catania sono tutti sperti (furbi, ndr). Prendono il prodotto, lo escono dalla raffineria, lo portano nei rifornimenti e anziché scaricarne 18mila litri, ne scarichi sette-ottomila buoni e poi mischi olio”, si legge in un’intercettazione tra Giudice e Greco.

La provincia etnea sarebbe stato uno snodo cruciale per gli affari vittoriesi. Qui, infatti, aveva sede l’impresa fornitrice delle partite di carburante destinate a Giudice. A sua volta la ditta avrebbe fatto riferimento alla Siciloil, proprietaria di un deposito carburanti a Mazara del Vallo e già citata in passato in altre inchieste antimafia perché ritenuta vicina a Sergio Leonardi, imprenditore del settore carburanti considerato contiguo alla famiglia mafiosa Mazzei.

Ma Catania sarebbe stata fondamentale anche per la presenza di Salvatore Rinaldi, esponente dei Santapaola-Ercolano conosciuto come Turi Millimachini. Rinaldi e Greco avrebbero fatto da cerniera per l’arrivo in Sicilia di forniture di gasolio dalla Campania. A beneficiarne, ancora una volta e in cambio di una percentuale dei ricavi, sarebbe stato ancora una volta Giudice.

Ritardi nei pagamenti e progetti omicidiari

Nonostante l’appoggio assicurato da Greco, per Raffaele Giudice non sarebbe stato facile mantenere la barra dritta. Nel corso delle indagini, le microspie installate dai finanzieri del Gico registrano a più riprese i richiami di Greco affinché Giudice saldasse entro i tempi pattuiti le forniture di carburante. Appelli infarciti di rimandi alla necessità di non creare inutili imbarazzi, alla luce della disponibilità a fare da garante. “A me non interessa se tu hai i soldi, Raffaele. Ti sei preso un impegno e te li devi andare a procurare i soldi”, avverte Greco.

Di rinvio in rinvio la situazione però non sarebbe mutata. Stando a quanto riportato da Greco, i fornitori campani avrebbero valutato la possibilità di punire Giudice nel peggiore dei modi: uccidendolo. “Mi sono venuti a cercare i napoletani per ammazzarlo. Sono venuti da me con un compare mio di Catania: ‘Ci serve una casa’ – ricostruisce Greco parlando in famiglia – Dico: ‘Si può sapere chi è? Se è una persona che conosco, che la possiamo sistemare senza fare scrusciu (clamore, ndr)”. La persona finita nel mirino era proprio Giudice, debitore – secondo Greco – per almeno 170mila euro.

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Greco, da paciere a giustiziere

Il ruolo di diplomatico, ritagliatosi da Greco in occasione delle pressioni provenienti dalla Campania, si infrange con la violenza più cruda il 18 aprile. Dopo essere arrivato a bordo di una Smart all’ingresso della ditta di trasporti di Giudice, Greco affronta l’uomo accusato di avere messo in crisi la propria reputazione. Volano parole grosse, poi i due si spintonano. Le microspie registrano uno sparo e poi subito dopo Greco inveire: “Non li fare certi gesti con me, Raffaele. Ti tolgo la vita davanti alle persone”.

Giudice, finito in carcere con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, viene portato in ospedale, non è grave. Nei mesi successivi proverà a interloquire direttamente con il catanese Rinaldi. Greco, invece, finisce in carcere, da dove qualche tempo dopo esce per passare ai domiciliari. Ed è tra le mura di casa che, ricevendo estranei, a fine 2021 l’uomo ricostruisce l’accaduto: “Bollivo dentro, ho preso la macchina e sono partito. L’ho preso a schiaffi, la faccia gliel’ho fatta diventare tanta. Non c’era bisogno di quello che ho fatto (lo sparo, ndr). Mi è venuta, lo sai, una botta di pazzia e niente… è successo”.

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