Bolkestein, il Veneto sta già mandando in gara le spiagge - QdS

Bolkestein, il Veneto sta già mandando in gara le spiagge

redazione

Bolkestein, il Veneto sta già mandando in gara le spiagge

Roberto Greco  |
mercoledì 21 Febbraio 2024

A Jesolo già riassegnati alcuni tratti di costa (e non c’è stata l’invasione dei grandi gruppi stranieri). Ma è subito levata di scudi dal centrodestra. Zucconi (FdI): “Non va preso come esempio”

ROMA – Mentre il Governo italiano sta trattando con la Commissione europea per avere nuove proroghe delle concessioni ed evitare una multa per la procedura d’infrazione iniziata nel 2020, proprio per la mancata applicazione della Bolkestein, sulle spiagge venete l’applicazione della direttiva europea sembra aver trovato, finalmente, un felice approdo.

Oltre 70 i chilometri di coste venete andranno in gara

Il Veneto è la prima regione in Italia ad applicare la direttiva e, in accordo con i Comuni della costa tra cui Venezia, utilizzando la legge regionale 33/2002 sull’organizzazione turistica della Regione Veneto, è stato messo in atto il meccanismo che permette di bandire le gare in osservanza della direttiva Bolkenstein. Unica regola quella che chi si aggiudica la concessione dovrà riconoscere quanto è stato fatto dal concessionario precedente. In totale si tratta di oltre 70 i chilometri di coste venete che andranno a gara quest’anno.

Si parte da Jesolo la cui amministrazione comunale ha già provveduto a riassegnare le concessioni al miglior offerente, ossia a chi ha proposto una migliore gestione della spiaggia attraverso progetti di sviluppo da realizzare nei prossimi anni, progetti che vanno dal miglioramento dei chioschi, alla realizzazione di giochi per bambini e a una migliore accessibilità per i diversamente abili. A tutt’oggi sono due i lotti di spiaggia messi a bando. In entrambi i casi ad aggiudicarsi le concessioni sono stati gli imprenditori subentranti e non gli uscenti, anche grazie anche a investimenti che sembra si aggirino intorno ai 7 milioni di euro. Il dato positivo che emerge da questi primi bandi è che le concessioni rimangono, comunque, nelle mani di imprenditori locali, allontanando quel timore paventato di una possibile apertura a grandi gruppi internazionali. Difforme è stata la presa di posizione di altre regioni.

In Sicilia prolungata la scadenza fino al 31 dicembre 2024

La Regione siciliana, lo scorso 30 dicembre, tramite il D.A. 1784/2023, ha decretato che “il termine di durata delle concessioni demaniali marittime nel territorio della Regione la cui scadenza sia attualmente fissata alla data del 31 dicembre 2023, è differito ‘ope legis’ alla data del 31 dicembre 2024” e che “fino alla data del 31 dicembre 2024, l’occupazione dell’area demaniale da parte del concessionario uscente è comunque legittima anche in relazione a quanto disposto dall’articolo 1161 del vigente Codice della navigazione”.

Attendista, invece, la posizione della Regione Marche i cui assessori, Brandoni e Antonini, hanno affermato di essere “preoccupati per le sorti delle imprese balneari” e che ritengono “importante fare il punto della situazione e comunicare la posizione della Regione Marche rispetto alle normative che sono in continua evoluzione”.

In Emilia Romagna Maurizio Rustignoli, presidente di Coop Spiagge, in occasione della “Fiera dei balneari”, ha dichiarato che “l’ultimo rinvio ha spostato a fine 2024 la scadenza dei titoli che consentono ai bagnini di rimanere sull’arenile. E poi? L’Ue vorrebbe le aste pubbliche. I bagnini vorrebbero gare che riconoscano premialità a chi ha lavorato tanti anni. Intanto c’è confusione con il caso Jesolo a spaventare: concessioni messe a evidenza pubblica dall’amministrazione locale senza particolare attenzione alla piccola e media impresa e agli operatori storici” e si è levata anche la voce del sindaco di Ravenna, Michele de Pascale, che ha dichiarato: “È purtroppo evidente la gravissima responsabilità della politica nel non aver affrontato e risolto in questi anni le vicende delle concessioni demaniali e dell’applicazione della direttiva Bolkestein. Gli stabilimenti balneari in questi anni hanno sì, investito, ma se avessero avuto certezze sul proprio futuro avrebbero potuto farlo molto di più. A oggi non c’è ancora una norma che tuteli il valore economico delle imprese e non è chiaro nemmeno il meccanismo di riconoscimento degli investimenti. Le amministrazioni devono però avere il tempo ed essere messe nella condizione di poter costruire procedure che premino il merito, senza lasciare spazio a eventuali speculazioni che possono distruggere il modello romagnolo”.

Anche la giunta regionale della Regione Sardegna, lo scorso 16 febbraio, ha annunciato che le concessioni demaniali con finalità turistico ricreative, avranno efficacia anche per la stagione 2024. E proprio dalla Sardegna arrivano i primi segnali dei partiti che compongono l’attuale compagine governativa. “Noi riteniamo – ha detto il capogruppo di Forza Italia in Senato, Maurizio Gasparri in un incontro con i balneari durante un tour elettorale a sostegno del centrodestra per le regionali del 25 febbraio in Sardegna – che la direttiva Bolkestein che regola la concorrenza non debba essere applicata perché riguarda una scarsità di risorse. Quello che diciamo noi è questo: perché penalizzare le piccole imprese familiari che devono aver una continuità per poi far sì che chi fa le scarpe si prenda dieci concessioni perché ha i soldi o addirittura le concessioni le prendano gruppi esteri?”.

Netta e diretta anche la posizione del segretario di Presidenza alla Camera e deputato di Fratelli d’Italia, Riccardo Zucconi che ha dichiarato in una nota: “Quanto avvenuto con le concessioni balneari in Veneto sta, legittimamente, preoccupando tutto il comparto che teme avrà la stessa sorte. La legge regionale applicata nel litorale jesolano non deve essere d’esempio per le altre Regioni e per questo il Governo sta lavorando per dare presto risposte all’intero settore. Ciò che è sicuro è che occorre muoversi velocemente e tutelare tutte le piccole imprese balneari che sennò rischierebbero di rimanere fagocitate da grandi gruppi industriali, talvolta stranieri, che sono pronti ad acquisire le concessioni messe in gara”.

La scadenza delle concessioni balneari esistenti era stata prorogata di un anno, fino al 31 dicembre 2024, ma la giurisprudenza, con una sentenza del Consiglio di Stato, ha ribadito che le concessioni sono scadute a dicembre 2023. Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha preso posizione con una lettera in cui sottolineava l’inerzia sul tema delle concessioni demaniali delle spiagge anche perché gli articoli 11 e 12 della direttiva prevedono gare “aperte, pubbliche e basate su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi”, in caso di “scarsità della risorsa naturale”. Proprio su questo concetto il governo Meloni aveva provato a dimostrare che in Italia non c’è bisogno di applicare la direttiva, avviando una “mappatura” per dimostrare che la scarsità non c’è e che anzi le spiagge italiane sarebbero in larga parte libere, quindi idonee ad accogliere nuove concessioni.

L’obiettivo del Governo è chiaro: aprire sì ai bandi di gara ma solo per i tratti di costa attualmente liberi da concessioni, le spiagge libere, senza toccare quelle attualmente assegnate. In una lettera, la Commissione europea ha fatto notare le particolarità del metodo con cui era stata portata avanti la mappatura tanto che il commissario per il mercato interno, Thierry Breton, ha posto l’accento sulle stranezze della mappatura in cui sono state conteggiate aviosuperfici, porti con funzioni commerciali, aree industriali relative a impianti petroliferi, industriali e di produzione di energia, aree marine protette e parchi nazionali, aree che, si legge nella lettera inviata al Governo, “a quanto risulta alla Commissione, non sono e non saranno soggette a concessioni balneari”. A questo punto la Commissione può decidere di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’Uechiedendo il pagamento di una sanzione.

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