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Bonus edilizia, il piano con cui il medico messinese raggirava i pazienti. Truffa per 37 milioni

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Bonus edilizia, il piano con cui il medico messinese raggirava i pazienti. Truffa per 37 milioni

Simone Olivelli  |
domenica 31 Marzo 2024

Bonus Edilizia e truffe. Antonino Barbera, medico di base, è stato arrestato e accusato di essere al vertice di un'associazione a delinquere.

“Associazione Vittime Malpractice Bonus Edilizi denuncerà ogni tentativo di intimidazione o minaccia. Qualunque sia la fonte”. E poi ancora: “Contro ogni forma di vessazione istituzionale. Vergogna”. Sono alcuni dei messaggi che Antonino Barbera, medico di base arrestato con l’accusa di essere al vertice di un’associazione a delinquere capace di truffare lo Stato per 37 milioni di euro, pubblicava su Facebook a settembre 2022. Post che rimbalzavano, tra il proprio profilo e quelli di alcune presunte associazioni a lui riconducibili, nei giorni in cui, negli uffici della guardia di finanza di Messina, entravano alcune delle vittime dei raggiri che l’uomo avrebbe compiuto. Persone che avrebbero visto in Barbera una persona di cui fidarsi, al punto da affidargli le credenziali per accedere al proprio cassetto fiscale sul portale dell’Agenzia delle Entrate e, più in generale, dargli carta bianca per portare al termine le pratiche da lui suggerite. D’altronde, la proposta era di quelle difficilmente rifiutabili: ricevere somme di denaro per ristrutturare le proprie abitazioni.

Le regole capovolte

“Barbera non ha mostrato alcuna esitazione ad approfittare della fiducia che i suoi pazienti nutrivano nei suoi riguardi”. Sono le parole con cui la giudice per le indagini preliminari Ornella Pastore bolla le azioni portate avanti a partire dal 2021 dal medico messinese. L’uomo – con il contributo del cugino commercialista Roberto Pisa, della moglie, del figlio, della sorella e della nuora – avrebbe sfruttato la complessità della normativa in materia di bonus legati all’edilizia, per convincere una quarantina di persone a metterlo nelle condizioni di creare falsi crediti d’imposta da utilizzare per monetizzarli, tramite la cessione a terzi, o compensare debiti con l’Erario nell’interesse di una schiera d’imprese della stessa famiglia.

“Nel 2020, in occasione di una visita sanitaria per me e mia moglie – ha raccontato un uomo convocato dai finanzieri – il dottor Barbera era interessato a sapere se eravamo proprietari di beni immobili perché potevamo ottenere anche un aiuto finanziario per le patologie che avevamo. A tal proposito, quindi, a seguito del rapporto di fiducia che da anni ci lega, abbiamo dato copia dei nostri documenti di identità, incaricato nostra nipote e non ci siamo mai interessati su cosa facesse il dottore per conto nostro”. Nelle trecento pagine di ordinanza, storie di questo tipo se ne trovano tante: stando alle indagini, Barbera ai propri pazienti avrebbe fatto credere che la legge prevedeva la possibilità di ottenere le somme di denaro ancor prima di iniziare i lavori, mentre il decreto Rilancio del 2020 e le successive integrazioni hanno disposto che i crediti d’imposta sarebbero potuti essere generati soltanto a opere eseguite. “In tutti i casi esaminati – scrive la gip – è emerso che i lavori non sono mai stati avviati. In sostanza, sebbene le spese per i lavori relativi ai bonus non siano mai state sostenute, risultano operate le cessioni dei crediti d’imposta senza che i titolari di tali crediti ne fossero mai venuti a conoscenza”.

L’inizio dell’indagine

L’inchiesta sulle attività portate avanti dal 72enne è scattata l’11 febbraio 2022, quando un uomo si è presentato negli uffici delle Fiamme Gialle per raccontare i contenuti di una telefonata ricevuta qualche giorno prima dall’Agenzia delle Entrate. L’operatore gli aveva chiesto conferma dei lavori edili che l’uomo risultava avere fatto: il dato, infatti, lo si ricavava dalla presenza nel proprio cassetto fiscale di un credito d’imposta di un milione e 300mila euro. L’uomo, tuttavia, non aveva mai incaricato alcuna impresa edile. Dagli accertamenti è emerso che il credito era stato ceduto alla Pancosul, una delle società di proprietà della famiglia Barbera. Da quel momento gli investigatori hanno raccolto passato a setaccio le attività di Barbera, raccogliendo indizi su indizi, al punto che nell’ordinanza di custodia cautelare il primo centinaio di pagine è occupato dai singoli capi d’imputazione.

Le invettive contro gli investigatori

Nonostante le vittime siano state messe al corrente dei raggiri subiti e abbiano sporto denuncia nei confronti degli autori, c’è chi tra loro, dopo essere uscito dagli uffici della finanza, ha contattato Barbera. Un po’ per chiedere spiegazioni, un po’ per cercare conforto in merito a ciò che stava accadendo. In tutti i casi, il medico avrebbe reagito affermando di avere la ragione dalla propria parte: “Poste Italiane (la società che a detta di Barbera avrebbe dovuto erogare le somme con cui realizzare i lavori) anziché darti i soldi, ti ha mandato la guardia di finanza”, è la risposta che il medico dà a un uomo che poco prima era stato sentito dagli investigatori. Barbera sosteneva anche di essere pronto al contrattacco, con tanto di iniziativa legale nei confronti di chi stava mettendo in discussione l’operato dei richiedenti: “Continuando a ingannarle, riferiva che la guardia di finanza si stava sbagliando, che le pratiche erano regolari e che addirittura, a fronte di questo comportamento degli inquirenti, avrebbe avviato una class action per promuovere azioni di categoria nei loro confronti”, scrive la giudice.

Tra i presunti sodali del 72enne, ci sarebbe però stato chi iniziava a temere conseguenze giudiziarie: “Speriamo che non si aggravi la mia posizione. Mannaggia a mio cugino”, dice il commercialista romano Roberto Pisa in una telefonata intercettata. Barbera, dal canto suo, avrebbe sbandierato le proprie certezze anche in famiglia. Il 21 settembre 2022, parlando proprio con il commercialista che in precedenza lo aveva informato di essere rimasto turbato dalla scoperta dell’indagine, lo informa di un’iniziativa: “Tieni presente che io per lo shock che hai subito sto già predisponendo una denuncia alla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, Catanzaro, Catania, Palermo e Caltanissetta”. Per la giudice, tali toni sono la prova della spregiudicatezza di Barbera, per il quale, nonostante il superamento dei 70 anni, è stata disposta la misura cautelare in carcere: “Appare a dir poco sconcertante la sfrontatezza”, si legge nell’ordinanza.

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