Catania, il Garibaldi al fianco delle donne vittime di violenza - QdS

Catania, il Garibaldi al fianco delle donne vittime di violenza

redazione

Catania, il Garibaldi al fianco delle donne vittime di violenza

Giulia Biazzo  |
martedì 28 Novembre 2023

Ieri nell’aula Dusmet un convegno sul ruolo di ospedali e pronto soccorso. Il direttore generale De Nicola: “L’80 per cento del nostro personale formato per intercettare le difficoltà di chi non vuole denunciare”

CATANIA – Continuano i momenti di analisi sul fenomeno della violenza di genere che è oggi un’emergenza sociale. Ieri mattina si è discusso del ruolo della sanità e degli operatori sanitari nel contrasto alla violenza maschile sulle donne nell’aula Dusmet dell’ospedale Garibaldi centro, in un convegno organizzato dall’Arnas Garibaldi e patrocinato dall’Ars e dalla fondazione Onda, intitolato “La violenza sulle donne non ha confini… ma spesso ha le chiavi di casa” durante il quale è stata dedicata una panchina rossa all’infermiera Concetta Barbagallo, vittima di femminicidio nel 2007.

A moderare l’iniziativa, la dottoressa Anna Colombo, responsabile aziendale “Codice Rosa” e ad aprire i lavori del tavolo, il direttore generale dell’Arnas Garibaldi, dottor Fabrizio De Nicola: “Per noi la presenza dei giovani in questo evento è fondamentale”, dichiara riferendosi alla presenza degli studenti del liceo classico “Spedalieri”. “Noi ci siamo attrezzati formando l’80% del nostro personale sanitario che di fronte a queste situazionidi violenza deve saper capire e intercettare le difficoltà di chi non vuole denunciare – prosegue -. Con le associazioni di volontariato abbiamo attivato degli sportelli virtuali di sostegno rivolti alle donne violentate perché non si può denunciare per poi sentirsi sole: lo Stato deve dare pene severe ma anche un sostegno continuo alle vittime, visto che dopo la denuncia la vita è più complicata: la sanità c’è”.

Il programma dell’ospedale Garibaldi “Codice Rosa”

Il Garibaldi, che ha da poco aperto il nuovo pronto soccorso in via Fabrizio Filzi, attenziona le donne vittime, con il programma “Codice Rosa” di cui parla il direttore De Nicola al QdS: “Io credo che se noi puntiamo tutto su comunicazione e formazione possiamo migliorare, non fermandoci solo alle pene e agli arresti. Noi dobbiamo partire dall’educazione nelle scuole, dalla prevenzione e dalla formazione per donne e operatori sanitari al fine di saper intercettare atteggiamenti violenti e saperli denunciare: ed ecco è nostro compito guidare e supportare le donne, con lo Stato in tutte le sue funzioni. Ma anche l’uomo che va formato fin da piccolo nelle scuole. Abbiamo inaugurato a marzo il nuovo pronto soccorso in cui è già attivo il servizio Codice rosa per le donne vittime: oltre ad esserci l’ingresso principale, c’è quello riservato proprio per garantire la sicurezza e la protezione di cui le donne hanno bisogno dopo aver subito violenza, per garantire al soggetto di non farsi né vedere né riconoscere dagli altri soggetti all’esterno”.

È intervenuto anche il direttore sanitario, Giuseppe Giammanco: “Il mio sogno è che questo tavolo sia inutile, perché vorrà dire che i percorsi di formazione hanno funzionato. È quello a cui dobbiamo tendere. Non possiamo più accettare, parlo ai ragazzi soprattutto, chiedete aiuto”. Prosegue il direttore del Dipartimento materno-infantile, Giuseppe Ettore: “Io penso che bisogna educare i bambini, sin dalle elementari. Si parla di patriarcato ma la figura del padre oggi è proprio quella più fragile. Bisogna aiutare i maschi, loro sono la componente più fragile. Tante volte abbiamo ricoverato ragazze per sottrarle alle botte del compagno ma si può dare di più: denunciare significa testimoniare e collaborare. Il ruolo degli specialisti deve agire prima, essere formato e avere metodo”. Anche la dottoressa Antonella di Stefano, presidente della comunità scientifica “Donne medico”: “Bisogna mettere in rete i pronto soccorso, lavorare con i giovani, cominciare dalle scuole primarie” e a seguito dal mondo dalla formazione la preside del liceo classico “Spedalieri”: “Negli ultimi giorni a scuola abbiamo fatto un minuto di rumore per Giulia Cecchettin: la scuola deve dialogare con istituzioni e famiglie”.

Di strumenti della legge nella prima sessione, ha parlato il sostituto Procuratore presso il Tribunale ordinario della Procura di Catania: “L’ospedale è il primo momento in cui possiamo aiutare e il medico del pronto soccorso deve avere la capacità di diagnosticare il segno clinico e di interagire con la persona. Più attenta è la relazione, più per noi è possibile rendere efficace il lavoro. Dalla segnalazione possiamo delegare i servizi sociali, la polizia e intervenire nella famiglia. Però, bisogna anche aprire sostegno psicologico e psichiatrico al colpevole: se dopo la pena non c’è recupero e assistenza, si rimane a metà strada” e continua valorizzando gli strumenti legislativi messi in campo, dall’allontanamento dalla casa familiare per prevenzione fino al braccialetto elettronico definita come “misura blanda ma efficace a tutela della persona offesa in casi di reati non gravi”.

Aggiunge la dottoressa Stefania Marino della Polizia di Stato: “Nel momento in cui parliamo di inasprimento delle pene, noi abbiamo già fallito perché il reato si è già consumato. Non inasprimento, ma prevenzione. Uno strumento poco conosciuto è l’ammonimento del questore: nasce nel 2009 per gli atti persecutori e nel 2013 si estende a reati di percosse fino alla violenza domestica. Qui si può intervenire anche senza denuncia o querela e questo è fondamentale”.

Nella parte conclusiva dell’evento sono intervenuti oltre la dottoressa Carmela Puleo responsabile Uos Obi Arnas Garibaldi anche le rappresentanti delle direzioni dei pronto soccorso della città, dei servizi sociali, delle associazioni di volontariato.

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