Centri per l’impiego “stracolmi” di personale ma assumono ancora - QdS

Centri per l’impiego “stracolmi” di personale ma assumono ancora

Michele Giuliano

Centri per l’impiego “stracolmi” di personale ma assumono ancora

martedì 15 Ottobre 2019

Regione: nel Piano del fabbisogno del prossimo triennio previsti 1.000 ingressi nei Cpi dell’Isola. Le risorse, circa 90 milioni in tre anni, sono già state assegnate dallo Stato

PALERMO – La Regione riapre le sue porte a nuove massicce assunzioni. Se da una parte viene accolto come un sospiro di sollievo l’arruolamento di oltre 200 ispettori del lavoro, uno dei tanti tallone d’Achille di una pianta organica dalle mille contraddizioni, dall’altra invece arriva notizia anche di un’infornata di assunzioni da dirottare ai centri per l’impiego siciliani. Viene da dire: “Ancora?”. Sì, proprio così, se si pensa che la Sicilia ha un record assoluto di impiegati in questi uffici. Evidentemente le abbuffate alla politica non bastano mai.

Andando per ordine sono previste oltre mille nuove assunzioni di giovani, nel prossimo triennio, per rafforzare l’organico del dipartimento regionale del Lavoro e i Centri per l’impiego in Sicilia.

Lo prevede il Piano del fabbisogno del personale per l’ampliamento dei servizi e delle misure di politica attiva del lavoro approvato dal governo presieduto da Nello Musumeci, su proposta dell’assessore al Lavoro Antonio Scavone.

In particolare, già dal 2019 è prevista la selezione di 277 dipendenti (177 istruttori e 100 funzionari); nel 2020 e nel 2021, invece, i posti messi a concorso saranno 429 (155 istruttori e 274 funzionari) per ognuno degli anni. Le risorse (circa novanta milioni di euro nei tre anni) sono già state assegnate dallo Stato. “Le nuove politiche assunzionali – evidenzia il presidente Musumeci – daranno ossigeno ai tanti giovani che vogliono e possono mettere a profitto il proprio titolo di studio”.

L’obiettivo è quello di dare vita a una rete di servizi per l’impiego efficaci e in grado di integrare le funzioni tradizionali di collocamento con le nuove politiche attive e di servizio ai cittadini e alle imprese che siano in grado di operare, sia sul versante dell’informazione di base, dell’orientamento e dell’assistenza personalizzata che su quello dei servizi che favoriscono l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Il rafforzamento dell’organico si rende necessario anche per poter dare corso alle attività istruttorie del Reddito di cittadinanza. Restano le perplessità attorno ai 64 Cpi dislocati uniformemente in tutte e 9 le province al cui interno vi è un record di personale impiegato rispetto al resto della Sicilia: parliamo di oltre 1.700 unità in servizio dal costo complessivo di circa 125 milioni di euro l’anno, non certo bruscolini.

Eppure questo personale, pagato dal pubblico e che lavora quindi per la collettività, di fatto rimane ai box. Perché se da una parte i privati non sfruttano questo servizio, e non hanno oltretutto alcun obbligo a farlo, dall’altra però neanche il pubblico da il buon esempio e basta vedere le offerte di lavoro quasi inesistenti per rendersene conto. Eppure i dirigenti dei Cpi, tra tutti recentemente Salvatrice Rizzo che guida tutta la provincia catanese, sostiene che in Sicilia c’è un’enorme mole di lavoro non paragonabile con quella del testo d’Italia, in particolare con il Nord. In tutto questo la cosa più sensata appare sicuramente la parte in cui nel Piano del fabbisogno è prevista la necessità dell’assunzione di 256 nuovi ispettori del lavoro. Su questo nulla da dire, anzi si è anche perso troppo tempo. Ad oggi ci sono sul campo appena circa 120 ispettori in tutta la Sicilia ed è macroscopico un dato su tutti: sono ben 462.625 le imprese iscritte presso le Camere di Commercio siciliane secondo i dati rielaborati dall’Osservatorio di Unioncamere Sicilia. Rapportando questo numero agli ispettori del lavoro in organico alla Regione viene fuori in pratica che mediamente ogni ispettore in un anno dovrebbe mettersi sulle spalle il controllo di ben 3.671 aziende da controllare.

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