La crisi delle imprese in Sicilia, trend negativo nel 2024: dati

Il “deserto” commerciale in Sicilia, spariscono imprese e partite IVA: i numeri della crisi

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Il “deserto” commerciale in Sicilia, spariscono imprese e partite IVA: i numeri della crisi

Mauro Seminara  |
mercoledì 15 Maggio 2024

La Sicilia tra spopolamento dei residenti per denatalità e migrazione fotografato dall’Istat e la chiusura delle imprese certificata da Unioncamere. Confimprese: 2.873 aziende in meno nel triennio.

Mentre la Sicilia si spopola e il fenomeno migratorio interno vede la provincia di Palermo costituire il 25% della popolazione siciliana, come fotografato dall’Istat, anche le dinamiche relative alle imprese in Sicilia registrano un trend negativo cui pare resistere solo il capoluogo con un temporaneo stallo.

Secondo Unioncamere, a dicembre 2019 le imprese in attività in Italia erano 5.137.678 e nell’ultimo quinquennio il numero massimo di aziende si è registrato nel 2021 con 5.164.831, per poi regredire sino ai 5.097.617 del 31 dicembre 2023. Al 30 Aprile 2024 il numero di imprese in Italia è pari a 5.089.816.

La crisi delle imprese in Sicilia, trend negativo

Decine di migliaia di partite Iva che scompaiono dal territorio nazionale, anno dopo anno, in un periodo di cambiamenti e stress commerciale costituito da innumerevoli fattori. Tra questi l’e-commerce, la pandemia, la guerra in Ucraina con conseguente impennata dei costi per l’energia. La Sicilia della denatalità, anziana e in generale dello spopolamento non è da meno e il procedere del trend negativo non incoraggerà la natalità o la permanenza sul territorio.

La Sicilia si difende sul settore edile

Dal 31 dicembre 2019 a oggi, attraversando quindi anche la pandemia, le imprese di tutti i settori in Sicilia sono cresciute di 11.809 unità. Anzi, la maggiore crescita è avvenuta proprio durante la pandemia. Al 31 dicembre 2021 le imprese attive in Sicilia erano infatti 383.473. Ben 13.390 in più rispetto al 2019. Gran parte di questo merito va alle aziende del settore costruzioni che sono passate dalle 41.801 del 31 dicembre 2019 alle attuali 46.735. Effetto Superbonus 110%. Dal 2021 in poi si registra una sostanziale tenuta: attualmente le aziende in attività sono 381.892. Per quanto riguarda il commercio, nel quinquennio il valore massimo si è raggiunto nel 2021 con un picco di 117.643 imprese. Il dato fotografato da Unioncamere al 30 aprile 2024 è pari a 115.634, con un dato inferiore al 2021 di 1.581 imprese. Nell’ultimo quadrimestre pertanto 1.067 aziende in meno.

Palermo resiste alla crisi delle imprese in Sicilia

Se il trend nazionale è allarmante, “non meno drammatica è la situazione in Sicilia – afferma Giovanni Felice, Coordinatore di Confimprese Sicilia – dove negli ultimi tre anni sono venute a mancare 1.581 aziende e preoccupa molto il fatto che 1.067 di queste hanno chiuso i battenti nei primi quattro mesi del 2024”. In controtendenza la provincia di Palermo dove il saldo attuale, rispetto al dicembre 2019, è positivo anche se solo per 16 unità. L’effetto Superbonus 110% però si è esaurito con gli interventi dell’attuale governo nazionale e questo si cristallizza con un dato: al 31 dicembre 2023 il saldo positivo era molto più consistente, in positivo per 1.324 unità.

“Anche in Sicilia e a Palermo il commercio soffre più degli altri settori”, afferma Giovanni Felice. “Infatti sono 2.873 in meno le aziende commerciali a livello regionale – spiega Felice – con un saldo negativo di ben 864 nel 2024”. Secondo il vicepresidente vicario di Confimprese Italia “non si discosta di molto la situazione in provincia di Palermo, dove il saldo 2024 è negativo per 240 aziende e negli ultimi tre anni il saldo negativo è pari a 564 unità”.

Incentivi dall’Ars, i problemi

“Questo quadro drammatico siciliano – secondo Giovanni Felice – non è agevolato dagli ultimi interventi normativi votati all’Ars (come l’ampliamento del livello delle superfici di vendita per gli esercizi di vicinato) e dalle politiche messe in campo dall’Assessorato competente, in quanto mirate a favorire le imprese più strutturate e la grande distribuzione”. Infine, secondo il vicepresidente di Confimprese Italia, “anche in tema di incentivazione e sostegno, il piccolo commercio sia in sede fissa che su aree pubbliche, è penalizzato per non dire che è completamente escluso dalle prospettive di rilancio”.

Su scala nazionale, per il presidente di Confimprese Italia, Guido D’Amico, “è evidente che l’onda lunga degli effetti della pandemia continua a farsi sentire anche alla luce del fatto che le ‘cambiali’ spostate in avanti, adesso si stanno mettendo all’incasso e si tocca con mano le difficoltà che le aziende incontrano per rimettersi in cammino”. D’Amico sostiene che “se non si vuole smantellare il tessuto economico e sociale nazionale, occorrono interventi concreti e attuabili a sostegno delle imprese in attività prima della pandemia”.

La ricetta di Confimprese

Se dall’ufficio di Confimprese Italia D’Amico propone un “Giubileo Fiscale e debitorio”, già al tempo richiesto dall’ufficio di Palermo; il vicepresidente vicario Giovanni Felice sostiene la necessità di “una cura più dettagliata” per “un settore che in meno di 5 anni ha visto sparire 94.837 aziende di cui 11.442 nel primo quadrimestre del 2024”. Nella stragrande maggioranza, secondo Giovanni Felice, si tratta di micro imprese, “in gran parte esercizi di vicinato, che rappresentano il servizio di prossimità, che è un servizio necessario in una nazione sempre più anziana”. Oltre al quadro proposto da Felice, in linea con quello redatto dall’Istat, il vicepresidente di Confimprese Italia sottolinea – anche in questo caso in linea con il trend proposto dall’Istituto Nazionale di Statistica – che “il commercio è un elemento di coesione sociale e culturale, poiché mantiene in vita i centri storici ed è un argine alla desertificazione, non solo commerciale, ma anche abitativa”.

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