Il gruppo aveva la propria base operativa in un edificio al civico 58 di via Di Giacomo, non distante dal Castello Ursino e dalla via Plebiscito.
Probabilmente più per questioni logistiche che per un maldestro tentativo di simulare un’attività lecita, considerato l’andirivieni di acquirenti a quasi ogni ora del giorno e della notte, il gruppo di spacciatori che gestiva la piazza di via Salvatore Di Giacomo, nel quartiere San Cristoforo di Catania, usava anche gli zaini dei rider. Al posto di panini e pizze, però, spostavano marijuana in quantitativi tali da soddisfare le richieste della clientela.
Nella quasi ottantina di pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dalla giudice per le indagini preliminari Carla Aurora Valenti, l’elemento che spicca di più è la capacità degli indagati, che per la gip costituivano un’associazione a delinquere, di garantire un servizio costante. Un sistema che, come spesso accade quando si tratta di piazze di spaccio, riusciva a rigenerarsi in poco tempo, anche quando alcuni dei componenti venivano arrestati. A essere coinvolti nell’indagine sono stati anche cinque minorenni.
Casa della mamma
Il gruppo aveva la propria base operativa in un edificio al civico 58 di via Di Giacomo, non distante dal Castello Ursino e dalla via Plebiscito. L’immobile è risultato di proprietà della madre (non indagata) di Salvatore Condorelli, 36enne conosciuto con il nomignolo Pauccio e finito in carcere. Condorelli è ritenuto tra le figure principali dell’associazione, ma la gip nei suoi confronti non ha riconosciuto il ruolo di leader in quanto l’avere messo a disposizione i locali per gestire lo spaccio e aver dimostrato la capacità di far ripartire l’attività in seguito all’arresto di alcuni pusher non sarebbero elementi di per sé sufficienti a individuare in lui il ruolo di capo.
A menzionare il 36enne, indicandolo come Papuccio, tuttavia, sono stati anche alcuni dei consumatori fermati dai carabinieri durante l’indagine. I fatti contestati risalgono alla seconda parte del 2023, ma dalle parole degli acquirenti si può sostenere, senza timore di smentita, che la vendita delle sostanze stupefacenti – oltre alla marijuana, sarebbe stato possibile trovare anche cocaina e crack – avveniva anche in periodi antecedenti.
Le testimonianze
Tra i consumatori identificati dagli investigatori e, davanti all’evidenza, costretti a consegnare le dosi di droga poco prima acquistate, in molti hanno saputo descrivere l’appartamento all’interno del quale avvenivano le cessioni, a cui si accedeva attraverso due porte. La prima blindata e dotata di finestrella, la seconda in ferro.
L’esigenza di sicurezza – da intendersi soprattutto come necessità di rallentare eventuali perquisizioni – era garantita anche da un articolato sistema di videosorveglianza monitorato costantemente dall’interno dell’immobile. Nonostante ciò, a marzo del 2023, i carabinieri del Nucleo operativo della Compagnia di piazza Dante sono riusciti a irrompere all’interno, sfruttando prima l’ingresso di un consumatore e poi ottenendo la fiducia dei pusher presentandosi a loro volta come interessati all’acquisto di marijuana.
Tra gli acquirenti individuati dai carabinieri c’era anche chi aveva in via Di Giacomo il proprio punto di riferimento. Come un giovane che, dopo essere stato fermato e avere consegnato le dosi acquistate, non ha esitato a confermare di avere comprato la droga nello stesso appartamento dove gli stessi militari precedentemente avevano arrestato cinque pusher e sequestrato un rottweiler.
Qualcuno, invece, si è mostrato meno collaborativo: è il caso di un 28enne che alla richiesta di descrivere le persone da cui aveva comprato la marijuana ha raccontato di averla ricevuta da alcuni ragazzi extracomunitari.
Una ricostruzione che si è scontrata con quanto registrato dalle telecamere nascoste installate dagli stessi investigatori nella zona: gli occhi elettronici avevano portato a stabilire che i quattro giovani in quel momento coinvolti nella vendita delle sostanze stupefacenti erano tutti catanesi, tra cui due dei minorenni coinvolti nell’inchiesta.
Il giro di affari
Nell’ordinanza di custodia cautelare, la gip che ha disposto 13 arresti, rinviando la decisione sulle misure cautelari nei confronti di altri indagati alla conclusione degli interrogatori preventivi, ha sottolineato come il gruppo avesse la possibilità di assicurarsi rifornimenti di droga in maniera assidua. Nei cinque mesi in cui l’immobile è stato monitorato sono state decine di migliaia i clienti che hanno varcato l’ingresso, per trattenersi pochi minuti e poi andare via. Uno spaccio di entità tale da richiedere contatti assidui con fornitori e risorse economiche. A fronte di tale impegno, gli introiti sarebbero stati dell’ordine delle migliaia di euro al giorno.