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I nuovi poveri in fila alla Caritas per un pasto, non si ferma l’emergenza economica in Sicilia

redazione

I nuovi poveri in fila alla Caritas per un pasto, non si ferma l’emergenza economica in Sicilia

mercoledì 26 Agosto 2020

Con la pandemia ben 15 italiani su 100 hanno visto ridurre il reddito del proprio nucleo familiare di oltre il 50%, altri 18 hanno assistito a una contrazione compresa tra il 25 e il 50%. Cittadini alla fame: il 60/70 per cento di chi chiede aiuto per mangiare è italiano

di Rosario Battiato e Antonio Leo

PALERMO – Il lockdown, la crisi economica che ne è seguita e all’orizzonte un autunno che si preannuncia “caldissimo”, con imprese e interi settori produttivi che potrebbe subire un colpo fatale. Nel mezzo ci sono le persone, famiglie che già facevano fatica a sbarcare il lunario e che adesso rischiano di rimanere inghiottite dalla mancanza di liquidità. Sono i “nuovi poveri”, in particolare – spiega Salvo Pappalardo, responsabile delle attività della Caritas diocesana di Catania – “lavoratori del sommerso che si sono improvvisamente ritrovati senza alcun tipo di aiuto, padri di famiglie numerose per cui non sono sufficienti i sussidi messi a disposizione, e poi ancora anche piccoli imprenditori, salariati che non riescono più a sbarcare il lunario”. Si tratta, secondo una recente indagine di Coldiretti, di individui che mai prima d’ora avevano sperimentato condizioni di vita così problematiche. E, manco a dirlo, le difficoltà maggiori si notano nel Mezzogiorno, dove ormai gli indigenti rappresentano il 20% della popolazione.

Una tendenza che si è aggravata, ma che – continua Pappalardo – “stavamo già vivendo prima dell’emergenza sanitaria, perché la crisi si cominciava a sentire già da qualche tempo anche sull’ex ceto medio, ma adesso si avverte con maggiore incidenza. Assieme a queste nuove povertà, continuiamo ad assistere i tanti che si trovano in situazione di emergenza e che già prima si rivolgevano a noi”.

A livello nazionale il coronavirus ha causato un’impennata del 40% delle richieste di aiuti alimentari con i fondi Fead distribuiti da associazioni come la Caritas e il Banco Alimentare, dove il numero degli assistiti è salito in maniera esponenziale nel giro di pochi mesi.

Dalla Caritas di Palermo fanno sapere come nel periodo immediatamente successivo al lockdown non si è fermata la crescita della domanda di aiuti, anche se ovviamente è stata più contenuta rispetto ai mesi del blocco totale. I numeri sono comunque impressionanti: da maggio ad oggi, l’ente diocesano del Capoluogo ha gestito 2.024 richieste, 1.284 istanze da parte di nuclei familiari tramite 12 centri di ascolto del Pon inclusione e assistito in totale 4.212 famiglie insieme ad altre realtà del Terzo settore, comprese le parrocchie.

A Catania, l’estate che inizia a volgere al termine verrà ricordata come una stagione di grande sofferenza per ampi strati della società. Qui la domanda di un pasto è addirittura raddoppiata nel post-lockdown, con l’Help center della Stazione centrale che è arrivata ad erogare ben 500 razioni di cibo ogni giorno.

In prospettiva, la quota di famiglie siciliane in povertà assoluta potrebbe crescere più di quella nazionale in seguito all’impatto dell’emergenza sanitaria e il cosiddetto effetto “rimbalzo” dell’economia nazionale, previsto per i prossimi anni, aggraverebbe ulteriormente le distanze già presenti tra le economie settentrionali e quelle meridionali. Lo hanno scritto rispettivamente la Banca d’Italia alla fine di giugno e il rapporto Censis-Confcooperative nelle scorse settimane, delineando un quadro presente e futuro post-lockdown a tinte nerissime per l’Isola.

LA CRISI DELLE IMPRESE

Tra il 2020 e il 2021, le cooperative collocate in Sicilia e Sardegna – macroarea “Isole” – perderanno circa 9 miliardi di euro a causa del cosiddetto “Shock Covid 19” a fronte di una differenza negativa complessiva di fatturato a livello nazionale che varrà circa 270 miliardi di euro (-219,2 nel 2020 e 52 nel 2021). Lo scrive un’elaborazione Censis su dai Cerved Industry Forecast (marzo 2020) che fa il punto sul peso specifico sul fatturato perso in relazione allo shock prodotto dal Covid19 che sarebbe stato, in condizioni normali, 2.502 miliardi di euro (2.233 secondo la stima quello post-shock) e “buona parte di questa riduzione – circa la metà – sarebbe subita dall’area del Nord Ovest (87,5 miliardi) – si legge nel report – e dal Nord Est (48,5 miliardi)” mentre il “‘rimbalzo’ atteso nel 2021 porterebbe a un non completo recupero del fatturato perduto”, infatti dai “2.233 miliardi di euro del 2020 si potrebbe passare a 2.448 miliardi che, in ogni caso, rappresenterebbero una differenza negativa rispetto alla cifra prevista in assenza di shock nel 2021 pari a 54 miliardi”. Un altro allarme era stato lanciato da Bankitalia alla fine di giugno, nel rapporto “L’economia della Sicilia”, quando aveva denunciato, per circa il 25% delle imprese isolane, il rischio di rimanere senza liquidità.

Su tutto bisognerà ovviamente ancora valutare i provvedimenti di integrazione al reddito delle diverse categorie di occupati, in tal senso si configurano prevalentemente fra l’area del lavoro dipendente e l’area del lavoro autonomo. Per contenere l’impatto dello shock, le imprese sono state aiutate attraverso tre diverse tipologie di interventi: “le misure di sostegno attraverso il sistema bancario, le agevolazioni tributarie, la sospensione dei versamenti e degli adempimenti di natura tributaria e dei termini in materia di accertamento, riscossione e processo tributario”.

2,1 MILIONI DI FAMIGLIE A RISCHIO IN ITALIA: PREOCCUPA LA SICILIA

Il 22,3% dei siciliani (9,9% in Italia) vive in famiglie in cui non vi è un reddito da lavoro. Lo ha scritto a giugno la Banca d’Italia, precisando che la “quota di famiglie in povertà assoluta, maggiore rispetto alla media italiana, rischia di aumentare ulteriormente a seguito degli impatti dell’emergenza sanitaria; sono state comunque attivate misure di contrasto alla povertà e di sostegno al reddito e ai consumi delle famiglie”.

Allargando il raggio si comprende l’effettivo rischio economico della pandemia: in tutta Italia ci sono almeno 2,1 milioni di famiglie con almeno un componente che lavora in maniera non regolare, mentre poco più di un milione di famiglie vivono esclusivamente di reddito non regolare (4,1% sul totale delle famiglie italiane). Lo sottolinea il Focus Censis Confcooperative “Covid da acrobati della povertà a nuovi poveri. Ecco il rischio di una nuova frattura sociale”. Già il dato pre-Covid aveva fotografato una situazione abbastanza grave: “nel 2019 le persone in povertà assoluta erano 4,6 milioni, di cui il 40,5% residente nelle regioni settentrionali e il 45,1% nel Mezzogiorno”.

Una situazione peggiorata con le misure di contrasto alla pandemia: nel periodo del lockdown ben 15 italiani su 100 hanno visto ridurre il reddito del proprio nucleo familiare di oltre il 50%, mentre altri 18 su 100 hanno assistito a una contrazione compresa tra il 25 e il 50%. Complessivamente almeno 33 italiani su 100, cioè un terzo del totale, ha visto il proprio reddito ridotto di almeno un quarto. A un’età più bassa la situazione è stata ancora più drammatica: 41 individui su 100 con un’età compresa tra i 18 e i 34 anni hanno visto un peggioramento del 50% per il 21,2% e fra il 25 e il 50% per il 19,5%.

FUTURO SENZA CERTEZZE

E se le attese degli italiani sono generalmente pessime (55% immagina “difficoltà economiche per tante famiglie e conseguente rabbia e odio sociale”), aspettando di vedere l’effetto delle manovre messe in campo dal governo, anche il famoso “rimbalzo” del 2021 potrebbe non essere poi così straordinariamente salvifico.

A questo proposito, spiegano Censis-Confcooperative, se il Pil è “previsto in caduta per quest’anno sull’ordine delle due cifre e se la ripresa per il 2021 non potrà superare il 5%, per quanto riguarda l’occupazione, Svimez prevede un ridimensionamento in termini assoluti che, per il 2020, sfiorerà il milione di persone”. Il “rimbalzo parziale” porterebbe, nel 2021, al recupero di circa mezzo milione di occupati, cioè la metà dei posti di lavoro persi nel corso di quest’anno. E anche in questo caso si tratterebbe di un “rimbalzo mancato” da considerarsi parziale ma che “comunque parziale, accentuerebbe le distanze territoriali, concentrando il recupero prevalentemente nelle regioni centrosettentrionali (+2,5%) rispetto al Mezzogiorno (+1,3%)”.

L’AIUTO AGLI ULTIMI

Caritas Italiana ha effettuato un monitoraggio, relativo al periodo incluso tra il 3 e il 23 giugno, considerando gli interventi effettuati in 169 Caritas Italiane. Rispetto alla situazione ordinaria, il 95,9% delle Caritas ha segnalato “un aumento dei problemi legati alla perdita del lavoro e delle fonti di reddito, mentre difficoltà nel pagamento di affitto o mutuo, disagio psicologico-relazionale, difficoltà scolastiche, solitudine, depressione, rinuncia/rinvio di cure e assistenza sanitaria sono problemi evidenziati da oltre la metà delle Caritas”.

Da marzo a maggio, le Caritas hanno accompagnato e sostenuto circa 450 mila persone, un terzo di queste, circa il 34%, sono “nuovi poveri”, cioè persone che si sono rivolte per la prima volta alla Caritas.

Parla Salvo Pappalardo, responsabile delle attività della Caritas diocesana di Catania

CATANIA – Salvo Pappalardo è il responsabile delle attività della Caritas Diocesana di Catania. Con lui abbiamo analizzato l’emergenza economica di queste ultime settimane e la prospettiva sui prossimi mesi.

Dall’Help Center della Stazione Centrale, gestito dalla Caritas Diocesana, passano quotidianamente centinaia di persone. Cosa chiedono?
“La maggior parte di loro chiede di soddisfare un bisogno primario come l’alimentazione, anche per questo attualmente prepariamo circa 500 pasti al giorno, festivi inclusi. Di solito si tratta di un piatto caldo, un secondo, bevande, frutta, e anche prodotti per la prima colazione. La distribuzione di questi prodotti, nonché la preparazione dei pasti, dipendono dalle donazioni ricevute da privati, da aziende o dai fondi Cei dell’8xmille. Ovviamente non ci limitiamo alla semplice preparazione e distribuzione del pasto, ma, nel rispetto delle norme anti-contagio, cerchiamo di dialogare con i nostri fratelli, per comprendere le loro esigenze e necessità”.

Ci sono altre richieste?
“Sono in tanti a chiedere anche prodotti per bambini, come omogeneizzati, pannolini, biscotti e pastine. Per interventi di questo genere attiviamo il nostro Centro di Ascolto che, tramite l’assistente sociale, ascolta e interviene sulla base delle reali esigenze, monitorando attentamente l’evoluzione della richiesta della singola famiglia. Per il resto siamo sempre di supporto, grazie agli strumenti a distanza, come la chat, email o il telefono, per indirizzare quanti chiedono aiuto per specifiche esigenze, dalla richiesta di un dormitorio a necessità di tipo burocratico”.

Cosa è cambiato dopo l’emergenza sanitaria?
“Intanto abbiamo dovuto riorganizzare le nostre attività per fare in modo di rispettare le misure anti-contagio, ad esempio attualmente la distribuzione dei pasti continua all’esterno della struttura. Dal punto di vista dei servizi, c’è stata una progressiva crescita della richiesta di pasti, soprattutto da parte degli italiani che attualmente costituiscono circa il 60/70% del totale di quanti si presentano da noi. Moltissimi sono volti nuovi, che non rientravano nel nostro circuito di assistenza prima dell’emergenza”.

Cosa prospetta per il futuro?
“Bisogna intanto fare un discorso di responsabilità: i nostri volontari operano nel pieno rispetto delle norme anti-contagio, perché si può e si deve aiutare, ma bisogna farlo ricordandoci che per aiutare gli altri è prioritario proteggere noi stessi e le nostre famiglie. In questo modo si potranno evitare ulteriori chiusure o altre limitazione che danneggerebbero inevitabilmente l’economia. Di certo l’impatto della crisi sanitaria sulla situazione economica si continuerà a percepire, in ogni caso, ancora per molto tempo. Noi continueremo ad esserci, grazie anche ai tantissimi catanesi volontari e non, che continuano a sostenerci direttamente e indirettamente. Per tutti coloro che avranno bisogno, all’Help Center della stazione centrale troveranno sempre una porta aperta”.

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