Sono soprattutto aumentati i professionisti, i redditi prodotti in un anno superano il miliardo di euro: è la nuova frontiera del precariato.
Il precariato in Sicilia assume un nuovo nome, ma non perde la sua consistenza. Dal 2015 ad oggi, i lavoratori parasubordinati, secondo i dati raccolti e pubblicati dall’Inps, sono diventati quasi 74mila, con un aumento di circa 10mila unità.
In particolare, sono aumentati i professionisti, che passano da 11.484 a 20.322, il cui reddito, però, in 8 anni è rimasto sostanzialmente invariato. Il numero è cresciuto ma in maniera non così importante anche per quanto riguarda i collaboratori, che passano a 52.243 a 53.377. Questa categoria, al contrario della prima, segnala un aumento del reddito, che cresce di circa 3mila euro l’anno.
Si scrive parasubordinato, si legge precario
Nella categoria dei parasubordinati iscritti alla gestione separata rientrano coloro i quali lavorano con partita Iva, esercitando per professione abituale anche se in modo non esclusivo, un’attività di lavoro autonomo non riferibile a un ordine professionale con propria cassa previdenziale, e il versamento dei contributi è effettuato dal lavoratore stesso.
I collaboratori, invece, quando l’attività è di collaborazione coordinata e continuativa o se comunque il versamento dei contributi è effettuato dal committente entro il mese successivo a quello di corresponsione del compenso. Nella sostanza, si tratta di due categorie di lavoratori che in Sicilia denunciano redditi piuttosto bassi. Se i collaboratori siciliani guadagnano in media quasi 16mila euro, la media italiana sale a 25mila euro. Anche per i professionisti siciliani si segnala un reddito minore rispetto ai colleghi della penisola. Se in Sicilia ci si ferma a poco più di 12mila euro, nella penisola si sale a 16mila.
La categoria cresce nell’intera penisola
Il numero totale di lavoratori parasubordinati contribuenti (professionisti e collaboratori) è passato da 1.434.856 del 2015 a 1.526.309 nel 2022. La variazione non è omogenea su tutto il territorio italiano, anzi, si riscontra un incremento del 12,1% al Sud, +5,3% al Nord e +4,3% al Centro. Tali variazioni sono dovute sia alle dinamiche del mercato del lavoro sia a interventi del legislatore.
Innanzitutto, la riforma Fornero, che ha introdotto restrizioni sulle collaborazioni coordinate e continuative; successivamente, il Jobs Act il quale ha limitato le collaborazioni a quelle “a progetto”, lasciando sopravvivere le collaborazioni coordinate e continuative solo in ambito pubblico, con prevalenza nelle Università. Un effetto sugli andamenti del numero di collaboratori e professionisti, inoltre, è dovuto anche alle continue variazioni delle aliquote di contribuzione.