Mafia in Sicilia, come cambia: i dati della relazione Dia - QdS

Mafia in Sicilia, stabile ma “attiva” mentre pensa al post-Messina Denaro

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Mafia in Sicilia, stabile ma “attiva” mentre pensa al post-Messina Denaro

Roberto Greco  |
martedì 19 Settembre 2023

Riflettori della Dia puntati su Cosa nostra e la sua potenziale evoluzione in un momento delicato per l'organizzazione.

L’andamento del fenomeno mafioso in Sicilia non ha subìto complessivi mutamenti sostanziali rispetto al semestre precedente, in cui Cosa nostra manterrebbe ancora il controllo del territorio in un contesto socio-economico tuttora fortemente cedevole alla pressione della mafia.

È necessario però evidenziare l’operatività delle sue articolazioni in quasi tutto il territorio dell’Isola con consolidate proiezioni in altre regioni italiane e anche oltreoceano tramite i rapporti intrattenuti con esponenti di famiglie radicate da tempo all’estero.

Mafia in Sicilia, Cosa nostra sempre “attiva”

Nel territorio siciliano si registra inoltre la presenza di organizzazioni mafiose sia autoctone, sia straniere, che riescono a coesistere con Cosa nostra in ragione di un’ampia varietà di rapporti e di mutevoli equilibri.

Ad Agrigento continua a registrarsi l’operatività anche della “Stidda” e di altri sodalizi para-mafiosi, come “paracchi” e “famigghiedde” mentre nelle province di Siracusa e Ragusa risultano tangibili le influenze di Cosa nostra catanese e, in misura più ridotta, anche della “stidda” gelese.

L’infiltrazione in politica ed economia

Le organizzazioni di tipo mafioso, per infiltrare il tessuto economico della Regione, ricercano un qualificato appoggio dei funzionari pubblici, dei rappresentanti delle Istituzioni locali e degli imprenditori, tentando anche di reclutare soggetti dotati di spiccate capacità organizzative ed imprenditoriali. Non sfugge agli interessi criminali neanche l’agro-pastorizia, importante settore dell’economia siciliana e oggetto di articolati tentativi finalizzati all’illecita acquisizione dei contributi comunitari concessi per lo sviluppo rurale dell’Isola.

L’ormai consolidata strategia di “sommersione” dettata dalla mafia in Sicilia prevede il minimo ricorso alla violenza per evitare allarme sociale e garantire, nel contempo, un “sereno” arricchimento economico tramite l’acquisizione di maggiori e nuove posizioni di potere. Nel periodo di analisi vengono confermati quali principali interessi criminali delle mafie siciliane, il traffico di droga, le estorsioni, l’infiltrazione nei comparti della pubblica amministrazione, nell’economia legale, nel gioco e nelle scommesse online, settore quest’ultimo che garantisce una singolare modalità di controllo del territorio, strumentale anche per il riciclaggio dei capitali illecitamente accumulati.

I “business” della mafia in Sicilia

Nel traffico degli stupefacenti si conferma la capacità di Cosa nostra di instaurare relazioni commerciali e di stringere alleanze o forme di cooperazione con altre matrici ma ose, quali ‘ndrangheta e camorra, per l’acquisto d’ingenti quantitativi su larga scala. Dalle attività investigative concluse è emerso come Cosa nostra, per l’approvvigionamento di cocaina, abbia mantenuto un privilegiato canale di negoziazione soprattutto con le cosche calabresi. Tuttavia non può escludersi che riesca, nel tempo, a riattivare i vecchi flussi con i fornitori del continente americano e riacquisire lo storico ruolo di player internazionale nell’ambito del narcotraffico.

Un altro ambito criminale preferito dalle organizzazioni mafiose è quello delle estorsioni, considerato strategico per il sostentamento dei familiari dei detenuti e mediante il quale i clan esprimono un più incisivo “controllo” del territorio. Oltre alla richiesta del tradizionale “pizzo”, tuttavia, emergono modus operandi alternativi in base ai quali le organizzazioni criminali tenderebbero a prediligere forme più subdole e meno evidenti di imposizione estorsiva: alle consegne di denaro, ad esempio, si sostituirebbero le assunzioni o le forniture di prodotti e servizi che, per gli operatori economici vessati, risulterebbero maggiormente graditi poiché “costo d’impresa”, ben tollerato, o addirittura richiesto, in cambio di protezione.

Nella regione siciliana è stata riscontrata anche la presenza di organizzazioni criminali straniere cui è stata, in diversi casi, riconosciuta la connotazione mafiosa. In particolare, ci si riferisce ai sodalizi nigeriani basati sul cultismo e identificati da varie sigle, attivi prevalentemente nella gestione del traffico di droga, della prostituzione e, in alcuni casi, della tratta di esseri umani. È da segnalare la presenza anche di soggetti tunisini dediti soprattutto al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Sul piano dell’aggressione ai patrimoni illeciti della mafia, nel semestre di riferimento sono stati emessi provvedimenti di sequestro e confisca beni per uno valore complessivo stimato intorno ai 2 milioni e mezzo di euro. Sono state emesse 55 interdittive antimafia e, a chiusura del semestre, risultano commissariati 4 consigli comunali.

L’isola è in attesa del successore di Matteo Messina Denaro

Nelle diverse provincie dell’isola la situazione complessiva della presenza mafiosa sembra essere stabilizzata con la gestione del potere nelle mani delle storiche famiglie o aggregazioni locali. L’attenzione degli investigatori è ora puntata sull’organizzazione interna di Cosa nostra.

Un’organizzazione che, al momento, è “quieta” perché probabilmente i suoi membri sono in attesa della morte di Messina Denaro. In quel momento si assisterà al meccanismo di successione formale all’interno dell’organizzazione. Si aprirà una guerra intestina non solo per prendere il suo ruolo ma, soprattutto, per l’acquisizione delle sue ricchezze.

La successione, inoltre, potrebbe portare anche a problemi di riposizionamento all’interno della struttura con conseguente modifica dei ruoli di potere attuali alla ricerca di nuovi fiancheggiatori, anche alla luce delle numerose attività investigative avviate nei confronti della folta schiera di fiancheggiatori del boss, oggi in carcere, che hanno contribuito a indebolire la fitta rete di protezione, rendendo la sua latitanza sempre più a rischio.

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