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Piano rilancio, il premier Conte adesso consulta i ministri

redazione web

Piano rilancio, il premier Conte adesso consulta i ministri

mercoledì 10 Giugno 2020

Il Pd in trincea. M5s e Leu bocciano piano Colao e gli Stati Generali partono in salita. C'è chi non esclude slittamenti degli incontri, che dovrebbero iniziare venerdì pomeriggio. E chi già invita a riportare in Parlamento la discussione

Un documento, con i capitoli che faranno da architrave al piano di Rilancio del Paese, dalle infrastrutture, alla riconversione ecologica, fino alla sburocratizzazione.

E’ la base da cui Giuseppe Conte dovrebbe partire, nel confronto con le opposizioni e le parti sociali negli stati generali dell’economia.

Il premier, che dovrebbe recepire anche alcune delle proposte della task force di Vittorio Colao, inizia a discuterne con i ministri, in incontri “bilaterali”, per approfondire i temi di loro competenza.

Poi sentirà i capigruppo di maggioranza.

Ma la strada è tutta in salita, perché le tensioni non sono sopite e i partiti di maggioranza già si dividono sul documento prodotto dalla task force guidata da Vittorio Colao (e non firmato dalla consulente di Palazzo Chigi Mariana Mazzuccato).

C’è chi non esclude slittamenti degli incontri, che dovrebbero iniziare venerdì pomeriggio. E chi, dalle fila del Pd come del M5s, già invita a riportare in Parlamento il centro della discussione.

Dopo il vertice di lunedì notte con i capi delegazione, Conte avvia il confronto con i ministri: vede Gaetano Manfredi, Fabiana Dadone, Giuseppe Provenzano, Vincenzo Amendola. Proseguirà oggi e, se servirà, anche domani convocando pure i capigruppo di maggioranza.

Il suo documento potrebbe intersecarsi con il Piano nazionale delle riforme, che il governo deve portare il Consiglio dei ministri entro giugno e che al ministero dell’Economia era pressoché pronto. Poi ci sarà tempo fino a settembre o ottobre per articolare le proposte che dovranno essere presentate all’Unione europea per accedere alle risorse del Recovery Fund, che all’Italia potrebbe portare fino a 172 miliari ma difficilmente prima del 2021. Tutto a posto? No, perché i partiti di maggioranza, Pd su tutti, non nascondono i loro timori per l’efficacia delle risposte che, al di là degli stati generali, si sapranno dare a un Paese dove la crisi fa montare l’insofferenza e calare il consenso del governo.

“Non dobbiamo essere pigri: c’è da affrontare lavoro, sicurezza e riapertura delle scuole. Non bisogna sedersi sugli allori. Bisogna essere rigorosi. Il mio appello è a essere concreti, utili e lungimiranti”, dice Nicola Zingaretti, pur ribadendo di non voler far cadere il governo.

“E’ un’occasione storica, dobbiamo aggredire i nodi”, aggiunge.

I Dem restano convinti che si debba fare al più presto ricorso ai fondi del Mes, da subito disponibili. E sciogliere uno a uno i dossier sospesi, a partire da Autostrade. E dal decreto sulle semplificazioni e sullo sblocco dei cantieri che, atteso da tempo, potrebbe non arrivare prima di fine mese.

Ma le tensioni non più celate, alimentano in Parlamento scenari futuribili di crisi.

C’è persino chi ipotizza un’intesa tra Dario Franceschini, Matteo Renzi e Luigi Di Maio per sostituire Conte a Palazzo Chigi, magari con un ministro del suo governo.

Tutti i diretti interessati negano. Ma a rendere l’atmosfera, c’è il fatto che a smorzare le tensioni nella maggioranza non bastano le parole attribuite a Conte su “un pezzo di Stato che rema contro le riforme e contro il governo”, nonostante Palazzo Chigi smentisca che siano state pronunciate o che ci sia attrito tra Conte e Gualtieri e i tecnici del ministero dell’Economia.

Qualche attrito lo ha creato, lunedì sera, la diffusione del rapporto in 121 punti della task force di Colao, prima che fosse distribuito ai ministri.

Il manager potrebbe essere invitato agli stati generali ma il Pd resta convinto che le scelte poi, al di là dei suggerimenti dei tecnici, le debba assumere la politica. Quel rapporto non porta la firma di Mazzuccato che, in un’audizione parlamentare, spiega di essere stata assorbita dal lavoro che sta portando avanti come consulente a Palazzo Chigi.

Ma la vicinanza dell’economista ai Cinque stelle, porta più d’uno a notare i punti di attrito tra alcune delle proposte del documento e le idee pentastellate, nel giorno in cui Vito Crimi consulta i rappresentanti del Movimento in vista degli stati generali.

Non piacciono al M5s temi come la voluntary disclosure o lo stop al codice degli appalti che fanno invece esultare la Lega.

Disconosce il documento anche Nicola Fratoianni di Leu. Mentre tra i Dem c’è chi farebbe proprio il testo, come Andrea Marcucci, e chi vede luci e ombre, come Graziano Delrio.

“Il governo non ha un progetto per l’Italia e per questo si affida alle task force”, afferma Mariastella Gelmini da Fi. E Giorgia Meloni, “gli Stati generali a casa nostra sono il Parlamento della Repubblica”.

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