Progettare subito ritorno alla normalità - QdS

Progettare subito ritorno alla normalità

Carlo Alberto Tregua

Progettare subito ritorno alla normalità

mercoledì 06 Gennaio 2021

La nascita dell’Italia unita fu chiamata Risorgimento. In effetti, come sono concordi molti storici, si è trattato dell’annessione del Sud al Regno dei Savoia e poi alle altre parti del Paese.
Quindi, non fu un vero Risorgimento, ma una sistematica azione di ladrocinio che spogliò i tesori delle banche meridionali di Napoli e Palermo e quelli di castelli, musei, pinacoteche.
Perché il richiamo storico? Perché per l’Isola è invece necessario un vero Rinascimento, non una spoliazione.
Risorgimento Sicilia è il movimento che deve nascere spontaneo dalla base per esigere dal Governo regionale e da quello nazionale una forte azione di ricostruzione che faccia recuperare in pochi anni sia la perdita del Pil a causa dell’epidemia, che quella non dimenticata del 2008 conseguente alla crisi finanziaria.
La Sicilia non è ancora ritornata alla situazione antecedente alle due crisi, con ripercussioni gravissime: spopolamento, disoccupazione, perdita di valore e di ricchezza, grave crisi del sistema imprenditoriale.


Tutto questo è legato anche a un’azione del Governo regionale che definire blanda è poco, perché la sua politica economica si è indirizzata più all’assistenza ed alla sussistenza che non a mettere in moto e far accelerare quella ruota di investimenti e di consumi che consente di creare valore e occupazione.
Fondi europei non utilizzati, risorse nazionali non ricevute e non pretese con sufficiente vigore, burocrazia allo sfascio, con oltre metà del personale a casa, facendo poco o niente: questo è stato il quadro del 2020 che fortunatamente si è chiuso, mentre da oggi deve partire una forte azione opposta alla precedente.
Bisogna cambiare registro con l’inserimento di una ferma volontà da parte del Presidente della Regione e degli assessori di realizzare un anno vigoroso di Risorgimento Sicilia, progettando e attuando piani per la ripresa economica in appoggio al sistema imprenditoriale, artigianale ed agricolo, spingendo l’acceleratore su servizi informatici ed immateriali, che sono il futuro dello sviluppo, in quanto hanno un alto valore aggiunto.

In questo quadro, non supponiamo che i siciliani da pecoroni diventino leoni, perché sarebbe difficile questa metamorfosi; tuttavia, abbiamo il dovere di sollecitare uno per uno i poco meno di cinque milioni di cittadini isolani a reclamare non più il posto, la prebenda o l’elemosina di questo o quell’uomo politico e, invece, scrivere ai giornali, alle televisioni, alle radio e ai media sociali l’esigenza che si rimetta in moto l’economia, perché solo da essa può scaturire la vera occupazione e non la distribuzione a pioggia di piccoli assegni che danno un sostegno, ma sono degradanti sul piano sociale e umano.
Se i siciliani non saranno capaci di svolgere quest’azione forte, continua e decisa, sarà difficile che l’anno appena iniziato possa essere portatore di un ribaltamento dell’acquiescenza che ha connotato quello appena chiuso con ignominia.
Non possiamo non rilevare come la paura del maledetto virus abbia immobilizzato e imbalsamato qualunque attività economica, aggiungendo danno al danno.


Il Governo nazionale, nel quale sono presenti ben quattro ministri ed un vice ministro siciliani, ha respinto ex abrupto il Piano di investimenti presentato dalla Regione di 26 miliardi a valere sui fondi europei straordinari (quello che comunemente si intende come Recovery Fund).
Dalle prime notizie sulla ripartizione dei famosi 209 miliardi, di cui una parte dovrà essere restituita, già si capisce la destinazione, prevalentemente verso il Nord Italia, lasciando le briciole al Sud.
Non si tratta della rituale lagnanza, ma della costatazione di un fatto inequivocabile.
I siciliani, alle prossime elezioni regionali di novembre 2022, nonché a quelle nazionali del 2023, si ricorderanno di questa vile discriminazione che Governo e maggioranza quadripartitica stanno facendo nei loro confronti, con la complicità di ministri, deputati e senatori siciliani, i quali, pur di godere dei loro ricchi appannaggi, tacciono come dei miserabili.
Di fronte a questo quadro, solo i cittadini dell’Isola possono combattere per chiedere il nuovo Risorgimento Sicilia.

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