Riforma catasto, difficile realizzarla “a costo zero” - QdS

Riforma catasto, difficile realizzarla “a costo zero”

Salvatore Forastieri

Riforma catasto, difficile realizzarla “a costo zero”

martedì 28 Settembre 2021

L’obiettivo è migliorare la qualità del sistema di valutazione degli immobili ma si teme aumento della pressione fiscale. Il rischio è l’innalzamento delle rendite

ROMA – Della riforma fiscale ne abbiamo parlato diverse volte dalle pagine di questo Quotidiano.
Sappiamo che rappresenta un punto fondamentale non solo per la ripresa della nostra economia, ma anche per la realizzazione del famoso Pnrr.
Come già detto, però, portare a termine un’operazione del genere, a costo zero per l’Erario e, contemporaneamente, senza aumentare le tasse, è veramente cosa molto difficile.

Il primo obiettivo, come è noto, è quello di abolire l’Irap. Tutti sono d’accordo ad abolirla, ma nessuno ha veramente le idee chiare su come evitare un calo di gettito di circa 15 miliardi di Euro all’anno.

Lo scorso 30 giugno il Parlamento, nel suggerire l’abolizione dell’Irap, ha invitato il Governo a riassorbire il relativo gettito nei tributi esistenti. Molti, invece, suggeriscono di far diventare l’Irap un’addizionale all’Ires.
Il fatto è che, anche per l’esistenza di numerosi problemi legati alla base imponibile, trovare la soluzione giusta è quasi impossibile.

Intanto, in attesa della soluzione per l’Irap ed aspettando la riforma fiscale più in generale, ossia quella che dovrà coinvolgere l’intero sistema tributario italiano, la riscossione ed il contenzioso, si profila all’orizzonte un’altra gravissima questione, quella riguardante la riforma del catasto.
Di questa riforma, per la verità, dopo la revisione fatta alla fine degli anni ‘80, se ne è parlato fino ad una decina di anni fa, ma i problemi che comportava e che continua a comportare l’hanno fatta dimenticare, nascondendola sotto il tappeto.

Anche in questo caso, infatti, l’obiettivo sarebbe quello di migliorare la qualità del sistema di valutazione degli immobili, tenendo conto di numerosi fattori, principalmente le reali dimensioni dell’immobile attualmente ancorate al numero dei vani, la loro specifica tipologia, lo stato di conservazione, nonchè la possibile riqualificazione della zona nella quale è ubicato che fa alzare il suo valore legato all’ubicazione in una parte della città che, magari, tanti anni fa, era degradata.

Ma la parola d’ordine è sempre la stessa: anche questa riforma non deve costituire un surrettizio aumento della pressione fiscale.
Ed in realtà, se parliamo della pressione fiscale sugli immobili, è ben evidente che la stessa è già troppo alta.

C’è l’Irpef, c’è l’Imu, ci sono le imposte sui trasferimenti (principalmente l’imposta di registro e l’imposta, ipotecaria), che già pesano moltissimo sul “mattone” (circa il 2,4% del Pil), diventando una sorta di palla al piede di una ripresa economica che, nell’edilizia, vede certamente un punto fondamentale ed un volano per la crescita del nostro Paese, specialmente in questo periodo di crisi da Covid-19.

La grossa paura, che serpeggia tra tutti gli addetti ai lavori ed anche nella maggior parte del partiti politici, è quella che la revisione del catasto, seppure dichiaratamente finalizzata a dare maggiore credibilità e certezza al sistema, conduca inevitabilmente ad un innalzamento delle rendite e, conseguentemente, all’aumento della base imponibile di tutti i tributi che sulle rendite catastali applicano il prelievo.

Ed allora, per attuare una riforma del genere, la semplice revisione del valore degli immobili, tenendo conto di parametri più attuali, non basta. Occorre anche rivedere la tassazione, le aliquote, insomma rivedere l’intero sistema della tassazione degli immobili non disgiuntamente dal più generale sistema di tassazione dei redditi, del patrimonio e dei trasferimenti, rivedendo cioè, così come ipotizzato, sia le imposte dirette che quelle indirette, oltre che, evidentemente, semplificando e rendendo la normativa chiara e facilmente applicabile da tutti.

Recentemente, nel corso del Festival nazionale dell’economia civile, tenutosi a Firenze dal 24 a 26 settembre scorso, è stata sottolineata la necessità di avere una tassazione etica e sostenibile e, perché ciò avvenga, è necessario che il prelievo fiscale sia comprensibile, semplice e fondato sul consenso.

Secondo gli illustri relatori (tra cui Franco Gallo, Giacinto della Cananea, Franco Massi, Ernesto Ruffini, Giuseppe Zaferana e Fabrizia La Pecorella), occorre anche puntare al rafforzamento della certezza del diritto e del legittimo affidamento, al miglioramento della Giustizia Tributaria, alla possibilità del cittadino di conoscere la destinazione del denaro versato nelle casse dell’Erario, alla consapevolezza di trovarsi di fronte ad un fisco (l’Agenzia delle Entrate, in particolare) che aiuti il contribuente piuttosto che “investirlo” nell’espletamento dei poteri che la legge affida agli uffici. Speriamo che ciò accada e che accada al più presto.

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