E se Corso Martiri diventasse un giardino pluviale? - QdS

E se Corso Martiri diventasse un giardino pluviale?

Antonio Leo

E se Corso Martiri diventasse un giardino pluviale?

giovedì 01 Febbraio 2024

Il sindaco ha avanzato una richiesta da 250 milioni di euro alla Regione per espropriare le aree private delle grande ferita urbana e “passare alla storia”. Una proposta per immaginare un futuro sostenibile

CATANIA – E se il Corso dei Martiri della Libertà diventasse la “spugna” della città? La domanda è tutt’altro che provocatoria, ma ci torneremo in un secondo momento. Intanto partiamo dall’ultima clamorosa novità che da giorni tiene banco a Catania. Lo scorso sabato ha fatto discutere l’articolo di Melania Tanteri, pubblicato sulle colonne del nostro giornale, a proposito del presunto passo indietro che avrebbero fatto i privati proprietari dell’immensa ferita urbana che da oltre settant’anni anni attende il risanamento. A dare questa indiscrezione è una fonte autorevole, il sindaco della città, che ha parlato di una indisponibilità da parte di Istica a coprire finanziariamente, par sua, il maxi parcheggio da 350 posti, con parco soprastante, che dovrebbe sorgere in Piazza della Repubblica.

Il misterioso silenzio in cui è piombato il bando

Poco prima di Natale scorso lo stesso primo cittadino dava per imminente la pubblicazione della gara, ma come spesso accade per le cose siciliane il misterioso silenzio in cui è piombato questo bando si è rivelato foriero di cattive notizie. Il punctum dolens, come ha spiegato ancora Enrico Trantino, sta tutto nella convenienza economica dell’operazione: c’è la preoccupazione che “la cubatura residenziale e commerciale non siano sostenibili”. Nel progetto dell’architetto Mario Cucinella, in effetti, è prevista, solo per le residenze, una cubatura di 40 mila metri cubi, che in un mercato immobiliare non propriamente brillante come quello catanese, con una grande mole di appartamenti in vendita, rischiano di rimanere candidamente vuoti.

Per il sindaco Trantino “è meglio percorrere una strada alternativa”

Per non restare impantanati altri settant’anni – ha infine annunciato il sindaco al QdS – “è meglio percorrere una strada alternativa”. Cioè recidere il nodo gordiano che lega il destino dell’opera al bello e cattivo tempo dei privati. In una parola: “Esproprio”. È ancora lo stesso Trantino a proferirla, domenica scorsa, nel corso del congresso provinciale di Forza Italia, non sappiamo quanto come reale obiettivo o come sasso per smuovere le acque. In platea c’era l’assessore regionale all’Economia, Marco Falcone, a cui Trantino si è rivolto chiedendo una scelta coraggiosa per “passare alla storia”. Una soluzione che costerebbe, calcoli del sindaco alla mano, circa 250 milioni di euro.

Espropriare ma per fare cosa?

A voler prendere sul serio la vicenda, la domanda che sorge spontanea è: per farci che cosa? Si ipotizza l’acquisizione del masterplan di Cucinella da parte del Comune, ma avrebbe un senso? Per carità, nessuno mette in dubbio la qualità della proposta dell’archistar, risalente comunque a una decina di anni fa, ma in un’ottica di visione pubblica, scevra da speculazioni, si ha l’occasione di fare un ragionamento più ampio alla luce dei cambiamenti climatici che già stanno dando segnali evidenti nell’area del Mediterraneo. Violenti nubifragi (tutti ricordiamo la pescheria sommersa nell’autunno 2021), caldo torrido e prolungati periodi di siccità sono alcuni degli eventi estremi con cui la nostra città ha già dovuto fare i conti negli ultimi anni. Di fronte a un tale scenario, l’ipotesi dell’esproprio delle aree private di Corso dei Martiri apre l’opportunità di immaginare una grande infrastruttura verde al servizio della città, per realizzare la quale si potrebbero “esplorare” i fondi statali ed europei contro il dissesto idrogeologico.

Creare delle zone di assorbimento delle acque urbane

Della necessità di opere “mitigative” ne parlammo, nell’agosto 2022, con il professore Giuseppe Cirelli, ordinario di Idraulica agraria all’Università di Catania. “Il concetto nuovo – spiegò Cirelli nell’intervista al Quotidiano di Sicilia – che si sta affermando e che è già attualmente attivo in contesti europei, come ad esempio Amsterdam, e che si sta facendo spazio anche in Italia, come a Bologna, è quello di creare delle zone di assorbimento delle acque urbane che siano aree verdi. Immaginiamo, ad esempio un’aiuola tradizionale: essa diventa un sistema per invasare l’acqua e per accumularla in corrispondenza della pianta stessa, così da ridurre il deflusso sulla strada e, allo stesso tempo, utilizzarla per annaffiare”.

Un “giardino pluviale” che funga da bacino di accumulo temporaneo delle acque

In una città tra le più cementificate d’Italia (nel 2022 sono stati consumati altri 124 ettari di suolo, dice l’ultimo dato Ispra), l’idea nuova potrebbe essere quella di ripensare lo spazio aperto tra piazza della Repubblica e la Stazione come un “giardino pluviale” che funga da bacino di accumulo temporaneo delle acque (oltre a migliorare la qualità dell’aria). “Le altre città – aggiunse il professore dell’Unict – si stanno attrezzando con aree verdi che, non solo abbelliscono il contesto, mitigano gli effetti del calore e contribuiscono all’assorbimento di Co2, ma diventano parte integrante del sistema di gestione delle acque. Si tratta di quelle che, a livello internazionale, vengono definite ‘sponge city’, ovvero ‘città porose, spugna’”.

Attorno a questo nuovo polmone si potrebbe innestare il processo di riqualificazione del patrimonio immobiliare circostante, in particolare quello di San Berillo, ancora in gran parte degradato e fatiscente. Rigenerare e “liberare” ove possibile, anziché costruire ancora. Può sembrare una proposta visionaria, ma con i tempi che corrono appare più che altro urgente.

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