Ucciso nove anni fa, tre arresti della Squadra mobile a Raffadali - QdS

Ucciso nove anni fa, tre arresti della Squadra mobile a Raffadali

redazione web

Ucciso nove anni fa, tre arresti della Squadra mobile a Raffadali

sabato 12 Settembre 2020

A commissionare l'omicidio dell'imprenditore Paolo Mangione sarebbe stato, secondo un collaboratore di giustizia, il suo stesso figlio. E questo perché molestava donne sposate, tra cui la nuora. Tanto che la moglie l'aveva gettato fuori di casa. Il colpo di grazia ai testicoli "perché fosse a tutti chiaro il movente"

L’imprenditore Paolo Mangione, assassinato con colpi di pistola il due dicembre del 2011 in una strada di campagna fra Raffadali e Cianciana (Agrigento), sarebbe stato ucciso perché molestava donne sposate e a a commissionare l’omicidio dell’uomo – secondo quanto ipotizzato dalla Squadra Mobile della Questura di Agrigento – sarebbe stato il suo stesso figlio, Francesco, titolare del “Metabirrificio”, ristorante di Raffadali.

L’esecuzione era avvenuta dopo che la moglie dell’imprenditore, e madre del presunto assassino, aveva cacciato di casa il marito perché quest’ultimo aveva tentato un approccio intimo con una nuora, moglie di un altro figlio.

Nove anni dopo i fatti, grazie alla collaborazione di uno dei presunti organizzatori dell’agguato, sono scattati tre arresti.

L’ordinanza di custodia cautelare, firmata dal gip di Palermo Antonella Consiglio su richiesta del pm della Dda Claudio Camilleri, è stata eseguita dai poliziotti della squadra Mobile della Questura di Agrigento, coordinata dal vice questore aggiunto Giovanni Minardi.

In carcere sono finiti Antonino Mangione, quarant’anni, di Raffadali, che due anni fa aveva collaborato con i poliziotti dando impulso alle indagini, Roberto Lampasona, 43 anni, di Santa Elisabetta (Agrigento) e Angelo D’Antona, 35 anni, di Raffadali.

Quest’ultimo è stato rintracciato ieri pomeriggio in Germania.

“Mi chiese – ha ricostruito la vicenda Antonino Mangione, riferendosi a Francesco Mangione, che non è suo parente – se potevo organizzare un omicidio senza dirmi, in un primo momento, chi fosse la vittima. Mi disse solo che il colpo di grazia avrebbe dovuto essere ai testicoli perché fosse a tutti chiaro il movente e che ci sarebbe stato un compenso di diecimila euro”.

Antonino Mangione, più volte arrestato per mafia e droga e sempre prosciolto, aveva deciso di collaborare con gli inquirenti e, oltre a riempire pagine di verbali nell’ambito dell’indagine “Kerkent”, ha svelato di avere organizzato l’omicidio di Pasquale Mangione su incarico del figlio dello stesso imprenditore.

Antonino Mangione decise di parlarne con Lampasona (entrambi sono stati coinvolti in numerose vicende comuni di mafia e droga) e D’Antona. Il primo, secondo la versione di Antonino Mangione, avrebbe chiesto il permesso a Francesco Fragapane seguendo le regole mafiose. Permesso che arrivò anche perché la vittima non faceva parte di Cosa Nostra.

Proprio il boss di Santa Elisabetta, Francesco Fragapane, di recente condannato a vent’anni di carcere nell’ambito dell’inchiesta “Montagna”, e Francesco Mangione, risultano essere indagati a piede libero.

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