Welfare, più difficile essere genitori in Sicilia: sui servizi distanza siderale dal Nord - QdS

Welfare, più difficile essere genitori in Sicilia: sui servizi distanza siderale dal Nord

redazione

Welfare, più difficile essere genitori in Sicilia: sui servizi distanza siderale dal Nord

Ivana Zimbone  |
mercoledì 22 Maggio 2024

Nascite in caduta libera anche a causa dell’assenza di servizi a supporto delle famiglie. Svimez: in Sicilia minima disponibilità di mense nella scuola dell’infanzia (16%) e negli asili nido solo 8 posti ogni 100 bambini. Il paradosso? I Comuni stanno perdendo 127 milioni di fondi Pnrr

L’Ue chiede che entro il 2030 l’Italia garantisca almeno al 45% dei bambini sotto i tre anni un posto al nido, ma la Sicilia non vuole essere una regione né per bambini, né per genitori. Nonostante l’occupazione femminile non superi il 30% e il numero dei posti disponibili negli asili nido sia pari all’8,2% (contro, per esempio, il 36,1% dell’Umbria che è la regione italiana che fa meglio), manda indietro 127 milioni di euro del Pnrr destinati a crearne di nuovi, almeno stando all’ultimo report di Svimez. Dopo, alla scuola dell’infanzia, non sembra prestare la dovuta attenzione nemmeno alla salvaguardia della salute dei più piccoli: soltanto il 10,5% delle strutture è in possesso delle certificazioni di agibilità e prevenzione incendi, contro una media nazionale del 21,1%, e solo il 16,7% presenta la mensa contro una media nazionale del 46,7%. Il costo della genitorialità nei primi anni di vita dei figli resta altissimo, mentre la quasi totalità delle amministrazioni locali sembra brancolare nel buio.

I costi di asilo nido e baby sitter

Gli asili nido non riescono a soddisfare i bisogni delle famiglie siciliane: c’è posto solo per 8 bambini su 100, a dirlo è sempre l’ultimo report pubblicato da Svimez. Per i pochi fortunati la scuola resta aperta part time, fino all’ora di pranzo, mentre in rarissime eccezioni le strutture ricevono fino alle 18:30. Senza considerare, poi, le chiusure per le festività e nei mesi estivi. Il costo della retta del nido comunale è proporzionale al reddito: a Catania, per esempio, si parte da un minimo mensile di 42,15 euro per la fascia Isee più bassa, fino a un massimo di 238,90 euro per la fascia più alta.

Secondo una recente inchiesta pubblicata da Altroconsumo, ai genitori non resta che rivolgersi alle strutture private, corrispondendo rette salatissime. A Palermo il costo mensile di un nido full time sarebbe in media di 324 euro, il 31% in meno rispetto alla media nazionale e 488 euro in meno rispetto alla retta più alta che si pagherebbe a Milano. Ma per capire le ragioni di un costo così basso nel capoluogo, occorre indagare sulla stretta connessione tra pubblico e privato. Infatti, come spiegato dalla stessa amministrazione, il Comune corrisponde fino a 820 euro a bambino ai nidi convenzionati e fino a 4.000 euro per ogni sezione primavera.

A fronte di una spesa pari quasi all’affitto di una casa, il nido il più delle volte non basta: le chiusure scolastiche prolungate e gli orari di ingresso e di uscita talvolta incompatibili con gli impegni di lavoro dei genitori costringono a ricorrere a una babysitter, il cui costo medio in Italia – secondo la piattaforma Sitly che incrocia domanda e offerta online – è di 8,93 euro l’ora. Nei mesi di luglio e di agosto un genitore lavoratore full time – che lavora 8 ore e che a queste deve aggiungere almeno un’altra ora tra i vari spostamenti – è costretto a spendere oltre 80 euro al giorno soltanto per garantire l’assistenza al proprio bambino.

Dallo studio emerge la fotografia di un welfare basato sui nonni, almeno per coloro che hanno la fortuna di averli vicini, in salute e in pensione, nonostante il continuo slittamento dell’età pensionabile stia gradualmente riducendo la loro disponibilità.

Pnrr e speranze fallite: come recuperare terreno secondo Svimez

L’Italia resta ben lontana dal 45% di copertura richiesta dall’Ue per la fascia 0-3, raggiungendo un timido 28%, dalle performance di altri Paesi vicini come la Francia e la Spagna che superano il 50% e dall’Olanda che supera il 74%. Il divario tra Nord e Sud getta ulteriormente nello sconforto: meno del 25% degli alunni della scuola primaria (contro il 60% del Centro-Nord) e meno del 32% dei bambini dell’infanzia (contro il 58% del Centro-Nord) frequenta scuole dotate di mensa. Le situazioni più gravi si registrano in Sicilia e Campania con percentuali inferiori al 15% (considerati tutti i livelli di istruzione) e con una carenza sia di infrastrutture per lo sport che di certificazioni di sicurezza. Spendere tutto il Pnrr destinato all’incremento dei servizi per i più piccoli avrebbe potuto invertire la tendenza e sarebbe stato coerente dopo la tanta attenzione riservata al rispetto della cosiddetta “quota Sud”, ma così non è avvenuto.

“Il Mezzogiorno sta utilizzando in misura cospicua le risorse del Pnrr destinate alla scuola, ma rimane una forte eterogeneità interna alle regioni meridionali, che determina un meccanismo di allocazione inefficiente – spiega Serenella Caravella, ricercatrice di Svimez –. Vale a dire che le aree con maggior fabbisogno intercettano flussi di risorse relativamente inferiori a quanto si ravvisa nei territori più equipaggiati sia in termini quantitativi (posti nido, presenza di mense e palestre negli edifici scolastici) che qualitativi (qualità delle infrastrutture scolastiche). Le ragioni del ‘mismatch’ possono riguardare più elementi, tra loro non necessariamente contrastasti. Le aree con i maggiori deficit infrastrutturali si contraddistinguono da una limitata sensibilità e capacità amministrativa delle istituzioni locali che si traduce in una maggiore difficoltà/volontà di partecipazione ai bandi, con effetti concreti di inefficacia perequativa del Piano”.

Caltanissetta, Palermo, Catania e Ragusa risultano nella top ten delle province italiane con il più alto bisogno di investimenti per asili nido e – con Agrigento e Trapani – nella classifica delle province con il più alto bisogno di investimento per le mense. Se nemmeno il Pnrr sarà in grado di salvarla, cosa potrà farlo? “Il Pnrr rappresenta un’occasione unica per ridurre i divari socio-economici nel Paese, soprattutto se si considera che asili nido e mense rappresentano due capisaldi essenziali per la riduzione degli attuali divari territoriali di cittadinanza concernenti l’accessibilità ai servizi per l’infanzia e al tempo pieno a scuola – continua Caravella –. La Sicilia presenta una situazione di deficit infrastrutturale in ambito scolastico allarmante che si accompagna a un dato di occupazione femminile altrettanto critico che si attesta al 30%. Rafforzare i servizi di conciliazione a partire dalla filiera della scuola è una condizione essenziale per promuovere la partecipazione femminile nel mercato del lavoro. La regione è ancora in tempo per muoversi in una logica bottom-up che parta dall’individuazione delle aree (comuni) a maggior fabbisogno per sostenere gli investimenti necessari a colmare questi gap, a partire non solo dalle risorse del Pnrr, ma anche dalle risorse della programmazione europea e dalla politica di coesione nazionale a patto che vengano predisposti precisi cronoprogrammi attuativi vincolati a criteri di riparto territoriale a scala sub regionale”.

Quali azioni dei governi regionale e nazionale possono migliorare la capacità di spesa dei fondi destinati all’infanzia nell’Isola? “È necessaria un’azione coordinata a livello centrale che individui, sulla base di indici sia di dotazione infrastrutturale che di outcomes (come la diffusione del tempo pieno e la dispersione scolastica), le aree territoriali (e le scuole) su cui prioritariamente intervenire e che supporti e accompagni l’azione amministrativa degli enti locali, anche attraverso il ricorso e il rafforzamento di appositi programmi di assistenza tecnica e task force – aggiunge la ricercatrice –. La priorità è il finanziamento e la realizzazione di: nuovi posti per gli asili nido negli ambiti territoriali nei quali, pure dopo gli interventi da realizzarsi con il Pnrr, non si dovesse raggiungere l’obiettivo del 33% di copertura; gli interventi in quei Comuni che, pur in presenza di gravi carenze infrastrutturali, non abbiano partecipato ai bandi del Pnrr; gli interventi nei Comuni caratterizzati da indici di dispersione scolastica particolarmente elevati o di attivazione del tempo pieno sensibilmente bassi. Un percorso non semplice e immediato, ma cruciale per offrire pari opportunità e servizi alle nuove generazioni e ai genitori del Mezzogiorno”.

I rischi dell’autonomia differenziata

L’autonomia differenziata è l’annunciazione di un colpo mortale? “Non tutti gli enti locali hanno la stessa capacità di spesa per fornire questi come altri servizi essenziali, perciò lo Stato dovrebbe contribuire a finanziare la spesa degli enti più deboli, per non far dipendere i diritti dalla residenza – conclude –. Ma con l’autonomia differenziata questi meccanismi redistributivi sono a rischio. Costruiti i nuovi asili nidi e le nuove scuole finanziate dal Pnrr, ad esempio, bisognerà sostenere i costi di gestione per garantire la continuità dei servizi, serviranno risorse correnti che sarà più difficile reperire. Per la scuola poi c’è un rischio in più: se le retribuzioni degli insegnanti saranno differenziate, si metterebbe in moto una competizione tra territori che penalizzerebbe quelli più deboli”.

Palermo, parla il dirigente comunale Gagliano

“Ma noi soddisfiamo il 70% delle richieste complessive”

Rosario Gagliano, dirigente del Comune di Palermo

A Palermo l’assessore all’Istruzione e all’Edilizia scolastica Aristide Tamajo ha presentato progetti per la costruzione di nove strutture per la fascia 0-6, finanziate con il Pnrr per 7 milioni di euro. Saranno creati 290 posti per il nido, 140 per le scuole dell’infanzia e 25 per lo spazio-gioco. I lavori dovranno essere ultimati entro il 31 dicembre 2025 e si aggiungono ad altri già approvati in precedenza che riguardano pure la riqualificazione di altri edifici. Per Svimez i posti negli asili nido di Palermo sono poco più di 5 per ogni 100 bambini.

Rosario Gagliano, dirigente del Comune di Palermo per l’area Servizi Educativi e Scuola dell’infanzia 0-6 anni, presenta invece un quadro diverso. “Abbiamo circa 15.000 bambini per la fascia 0-3 anni e garantiamo più o meno 3.000 posti al nido: per la fascia 0-2 anni, che rappresenta meno del 50% dei richiedenti, abbiamo 1.000 posti negli asili comunali, 350 all’interno di strutture convenzionate e registrate nell’albo regionale e circa 600-700 in strutture private che usufruiscono contributi da parte del Comune e che, per questo, possono abbassare il costo delle loro rette – spiega –. Nelle prime due categorie rientrano tutti quei cittadini che pagano una retta proporzionale al loro reddito e alle ore di servizio richieste (fino alle 13:30, fino alle 15:30 o fino alle 17:30), variabile da 12 a 390 euro. La terza categoria include una lista di strutture che percepiscono un contributo da parte del Comune, variabile in funzione della programmazione del numero di iscritti e corrispondente circa al 40% del costo delle rette; grazie a questi contributi di gestione, possono fare un prezzo di favore ai loro clienti”. Tuttavia la scelta è rimessa alla volontà del privato.

Quanto spende il Comune per assicurare quei 350 posti in più? “Alle strutture convenzionate vanno fino a 510 euro per ogni iscritto fino alle 13:30, fino a 650 euro per ogni iscritto fino alle 15:30 e fino a 820 euro per ogni iscritto fino alle 17:30”, precisa Gagliano. Per le sezioni primavera che riguardano i bambini della fascia 2-3 anni esistono invece soltanto 1.000 posti in scuole private che percepiscono il contributo di gestione e che, pertanto, possono liberamente scegliere il loro prezzo al pubblico. Quanti posti sono dunque a disposizione dei piccoli palermitani al prezzo bloccato – e proporzionale al reddito – pubblicato sul sito del Comune? Stando a questi dati orientativi, per la fascia 0-2 anni circa il 19%, per la fascia 2-3 lo 0%; se consideriamo nel complessivamente la fascia 0-3 anni composta da 15.000 bambini, la percentuale di copertura scende al 9%.

Esistono poi gli spazi gioco, ovvero delle strutture convenzionate che offrono assistenza per cinque ore ogni pomeriggio, al costo mensile di 30 euro, perché gli altri 250 euro di differenza li paga il Comune. “Considerate le richieste complessive, per le varie opzioni, possiamo dire di soddisfarne già così oltre il 70%. Il nostro obiettivo, entro il 2027, è di raggiungere 5.000 posti per la fascia 0-3 nelle diverse soluzioni – fa sapere – e soprattutto di far capire alla cittadinanza l’importanza di iscrivere i bambini a scuola anche in età prescolare. Le ricerche ci dimostrano come questa scelta possa fare la differenza nella loro crescita, ma le richieste rimangono ancora troppo basse soprattutto per la fascia 0-2”. Di mensa sarebbero provviste il 100% delle strutture.

Catania, intervengono al QdS gli assessori comunali Andrea Guzzardi e Bruno Brucchieri

“Fondi Pnrr per mense e palestre? Scorsa amministrazione ha fatto scadere i termini”

Andrea Guzzardi, assessore alla Pubblica istruzione, edilizia scolastica, agricoltura, mare e pesca

“A differenza di altri comuni, Catania ha diviso i servizi all’infanzia in due assessorati: Istruzione e Servizi sociali. I fondi Pnrr sono destinati alla fascia 0-2 e quindi sono di competenza dell’assessorato ai Servizi sociali, inclusione sociale e famiglia – ha spiegato Andrea Guzzardi, assessore alla Pubblica istruzione, edilizia scolastica, agricoltura, mare e pesca –. Il Comune si è comunque attivato per aumentare i posti grazie arrivati dal ministero, con un finanziamento di circa 5,7 milioni di euro. Avremmo però bisogno di fondi per riqualificare le strutture che non arrivano. L’anno scorso abbiamo utilizzato tutta la dotazione fornita dalla Regione per la certificazione della vulnerabilità sismica degli istituti, ma anche quelli non potevano essere utilizzati per le modifiche strutturali”.

Per la fascia 3-6 anni, secondo quanto riferito dall’assessore, gli istituti in possesso di certificazione di agibilità e prevenzione incendi sono oltre il 50% e l’assessorato sarebbe già a lavoro per raggiungere l’80% entro il 2025. Per quanto riguarda il servizio mensa, su 40 istituti statali soltanto due sarebbero provviste della mensa interna; il servizio esterno, invece, sarebbe stato ampliato da 300 a 1400 pasti: “Delle somme del Pnrr destinante a mense e palestre il Comune di Catania non ha utilizzato nemmeno un centesimo, perché la scorsa amministrazione ha fatto scadere i termini senza presentare alcun progetto. Una catastrofe per la seconda città più grande in Sicilia. Il governo centrale ha emanato il decreto Agenda Sud, per potenziare il potenziamento delle ore pomeridiane, ma noi abbiamo bisogno di adeguare le scuole, non le attività didattiche”.

Eppure la misura è accessibile solo alle scuole individuate nel piano, per la dimostrata fragilità in termini di competenze degli alunni, e ha l’obiettivo di migliorare il loro livello di apprendimento, formare il personale scolastico e diffondere l’innovazione didattica, metodologica, organizzativa e gestionale.

Bruno Brucchieri, assessore ai Servizi sociali, all’inclusione sociale e alla famiglia

Quali fondi del Pnrr sono tornati indietro? – chiede Bruno Brucchieri, assessore ai Servizi sociali, all’inclusione sociale e alla famiglia –. Io posso dire che già nella precedente amministrazione sono state realizzate le gare per la realizzazione di due nuovi asili nido, che si trovano sul terzo e quinto municipio. Abbiamo posti per un totale di 520 bambini e abbiamo l’obiettivo di arrivare fino a 1000 posti e con orario prolungato”. Brucchieri ci dice che non conosce il numero di richiedenti, la percentuale di soddisfazione delle richieste totali né il numero di bambini della fascia 0-3 anni presenti a Catania. Ci fa sapere però che per le mense la competenza sia delle singole strutture e non all’assessorato e che “in realtà il Comune ha beneficiato dei fondi con maggiorazione per il grande risultato ottenuto l’anno scorso (…) e che in ogni caso le famiglie che non trovano posto al pubblico possano iscrivere il bambino all’asilo privato, per poi ricevere il rimborso attraverso il bonus asili nido”.

Un rimborso non accessibile a tutte le famiglie, ma solo a quelle in possesso di precisi requisiti, e che non rimborsa mai l’intera retta sostenuta dai genitori.

Messina, parla il vicesindaco Salvatore Mondello

“Messi a finanziamento cinquanta edifici scolastici”

Il vicesindaco di Messina Salvatore Mondello

“Spesso e volentieri chi produce i bandi, ovvero la sede centrale, non avendo amministrato mai nemmeno un condominio, non ha la più pallida idea di come funzionino le amministrazioni comunali e di come far atterrare i denari nelle disponibilità. Ci sono cavilli che non consentono di spendere i soldi in maniera adeguata. Per esempio, se io ho un asilo fatiscente non posso demolirlo e ricostruirlo. Già da qui si comprende bene che faccia le norme non sappia nulla né di amministrazione, né di ingegneria”, a dirlo è il vicesindaco di Messina Salvatore Mondello.

Tali criticità sembrano confermare quanto già evidenziato da Svimez, secondo cui – pur nel rispetto della “quota Sud” – gli enti territoriali delle tre regioni meridionali più popolose (Sicilia, Campania e Puglia) hanno avuto accesso a risorse pro capite per infrastrutture scolastiche inferiori alla media italiana, nonostante le marcate carenze. Al contrario, gli enti delle altre regioni meridionali – soprattutto Molise e Basilicata – hanno assorbito risorse pro capite superiori alla media nazionale. La mancata mappatura iniziale dei fabbisogni si è riflessa in un’allocazione delle risorse che ha penalizzato alcune realtà lontane dagli obiettivi fissati e ha premiato quelle più virtuose: è il caso di Ferrara che, a fronte di una copertura del 36,5% ha ricevuto 2.831 euro pro capite, contro i 589 della provincia di Caltanissetta il cui indice di copertura è del 5%.

Al netto delle difficoltà di accesso ai fondi, riguardanti per lo più le tempistiche e le modalità operative, l’amministrazione di Messina ha avviato il suo programma di riqualificazione delle scuole e di aumento di posti al nido da diversi anni: “Ci siamo mossi con largo anticipo rispetto al Pnrr e abbiamo avviato una campagna di verifica nel 2018, quando era sindaco Cateno De Luca e io ero già vicesindaco – spiega –. Abbiamo valutato la vulnerabilità sismica di tutti gli edifici scolastici, cosa che non era mai stata fatta: al momento del nostro insediamento, su 104 plessi gestiti dal Comune ce n’erano solo 6 in possesso di certificazione. Siamo partiti da lì sia perché occorre affrontare il tema della sicurezza in maniera seria, sia perché senza di questa non si può attingere a nessun tipo di finanziamento”.

A che punto si è oggi e quali sono le prospettive future? “Abbiamo partecipato a bandi regionali, nazionali ed europei, mettendo a finanziamento 50 edifici scolastici, nonché un’altra serie di fabbricati che si sono mossi con altre linee di sovvenzione. In buona sostanza siamo arrivati a una copertura di riqualificazione di circa il 90% degli edifici. Adesso stiamo completando la fase 1, che consiste nel completamento di due asili, già prossimi alla consegna, e di altri tre per la fascia 0-6, collocati in zone disagiate, che sono in fase di realizzazione”, fa sapere. Nonostante gli interventi, si resta ben lontani dallo standard europeo. “L’Ue quando richiede il 33 o il 45% dei posti al nido, conosce la realtà del Sud Italia? – chiede retoricamente il vicesindaco – Il nostro implemento è del 200% rispetto a quello che abbiamo trovato nel 2018, visto che la giunta Basile lavora in continuità con la precedente. All’epoca avevamo solo due asili comunali, per un totale di 60 posti. Nel tempo abbiamo avviato anche delle sperimentazioni diventate modello di buona pratica per il resto dell’Italia, come per esempio: il nido all’interno del palazzo municipale; il protocollo d’intesa con l’esercito italiano che ci ha consentito di creare l’asilo nido Lupetto, gestito dal Comune di Messina, che accoglie i figli dei militari e i figli dei messinesi. Ora stiamo replicando la stessa esperienza con la marina militare”.

L’attuale amministrazione ha come obiettivo l’attivazione di nuove mense e la messa in rete di scuole e palestre, così da garantire attività educative full time: “Stiamo lavorando sulle mense perché necessarie alla realizzazione del tempo prolungato e quindi delle attività pomeridiane come l’educazione musicale – conclude –. E poi sulle palestre, per le quali abbiamo parecchi canali di finanziamento, essendo alcune non appartenenti alle scuole ma ugualmente utilizzabili dalle associazioni per i corsi”.

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