Una cosa sembra chiara del nuovo corso del PD. Una strategia che tenti di definire un’identità
Una cosa sembra chiara del nuovo corso del PD. Una strategia che tenti di definire un’identità. Questo sarebbe buono e giusto se ci fosse un approfondimento ideologico e culturale, un processo che guardi alla realtà sociale, e ne possa tracciare un prospettiva non dico Nevskij ma possibile, più che sostenibile. Di questo però ad oggi non c’è traccia né propositori.
Di fatto è più un atteggiamento tattico che cerca di irrobustire la massa ormai smagrita del partito nell’ottica delle prossime competizioni Europee. Il tentativo è di superare dopo due flop l’asticella del 30%, il massimo sarebbe diventare il primo partito. Il test europeo da sempre, essendo una competizione proporzionale pura, tende a fare uscire le caratteristiche identitarie nette, non sfocate da un’ansia di governo, ed il PD si appresta ad un percorso rappresentativo dell’area di sinistra.
La Meloni al governo non potrà sfoderare temi toppo populisti, a meno di non spaventare l’Europa, dovrà giocare in maniera più contenuta e moderata, e su questo punta la Schlein e chi sta dietro di lei. In questo tenterà di riprendersi i voti sfuggiti verso i 5stelle, più che tentare approcci moderati. Questo per poi presentarsi alle elezioni politiche casomai in alleanza con soggetti più centristi, in una sorta di sinistra-centro. Questa strategia sconta però due problemi. Il primo si chiama Sud. Una leader di netta impronta del nord, con temi super avanzati sui diritti, potrà essere ascoltata a Sud dove ancora c’è primum il vivere deinde il filosofare? Dove l’unico motivo per cui una parte del sistema politico è stato votato è il sistema di scambio del RDC? O altri peggiori sistemi clientelari? Inoltre il Sud è per ora presidiato da Conte, sudista molto più scafato ad intercettare bisogni di pancia meridionali. Tutto questo con in aggiunta un ceto PD sudista formato da notabilati che nemmeno il lanciafiamme di Renzi al 40% è riuscito a scalfire.
Il secondo problema del PD è l’invecchiamento della popolazione. I diritti, i temi proposti, sono nettamente più condivisibili da una popolazione giovane. Ma l’elettorato si è molto invecchiato, cosa che ha fatto la fortuna di FdI che prende voti soprattutto nella fascia di popolazione più anziane e quindi naturalmente conservatrice. Soprattutto i boomer sono smarriti, confusi, non hanno avuto il Bengodi dei genitori, e si trovano spiazzati da una transizione che li renderà sempre più analogici, per quanto vogliano fare i giovanili in palestra e su tik tok. Di fatto hanno paura, e la paura si sa non è un leit motive di sinistra.
Il tentativo per le europee è trasparente, poi certo dopo c’è Franceschini, che farà cambiare tattica dopo il voto per agganciare qualcuno o qualcosa. Ma più la spinta identitaria sarà forte meno sarà facile cambiare rotta. Nel frattempo al centro il ritiro, comunque vada, di Forza Italia e la notevole astensione apre praterie inesplorate. Manca però ad oggi la proposta, e il più attrezzato campione, Matteo Renzi, si nasconde furbamente nell’opinione riformista. Sa che non è il suo tempo, non è il momento dell’agire. Quello verrà dopo giugno 2024. Se Dio vorrà.
Così è se vi pare